PONZIO PILATO TRA STORIA E LEGGENDA

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1 PONZIO PILATO TRA STORIA E LEGGENDA Chi era veramente Ponzio Pilato? Non è certo facile tratteggiare un ritratto di questo personaggio così poco ricordato dalle fonti documentarie, ma che tanto profondamente è entrato nella Storia e nella Leggenda, tanto da sembrarci del tutto familiare. Molti sono stati coloro che ne hanno esaminato la figura 1, eppure vi è stato chi, nei secoli, togliendo ogni valore documentario ai Vangeli e anche ad autori antichi quali Filone di Alessandria, Giuseppe Flavio o Tacito, ne ha voluto mettere in dubbio perfino l esistenza storica. Ma nel 1961, mentre si procedeva ad uno scavo nel teatro di Cesarea Marittima 2 (la residenza ufficiale del praefectus Judeae), è stata rinvenuta una importantissima epigrafe, riutilizzata come gradino in lavori di IV secolo e in parte scalpellata 3. Essa, pur incompleta, è l unica finora nota riportante il nome di Ponzio Pilato 4 ; questo il suo testo: [---]S TIBERIEUM [PO]NTIUS PILATUS [PRAEF]ECTUS JUDA[EA]E Al di là delle possibili e discusse ricostruzioni del testo originale 5, da questa epigrafe si evince senza ombra di dubbio la realtà storica del personaggio Pilato, la qualifica di praefectus della Giudea e la sua devozione all imperatore Tiberio. Non possiamo invece proporre nulla di sicuro riguardo al termine Tiberieum: si trattava di un edificio civile legato alla figura dell imperatore o piuttosto di uno a carattere sacro 6? E dove si poteva trovare quest edificio? Forse a Cesarea stessa, come sembra molto probabile data l'urbanistica romana di questa città, abitata da una popolazione in massima parte pagana? Ma tale ricerca, pur molto interessante perché mostra l evidente devozione di Pilato verso l imperatore, esula dall argomento oggetto del nostro scritto. Ricordato questo prezioso documento che attesta chiaramente l esistenza storica di Ponzio Pilato e il suo titolo di praefectus Judaeae, ci sorprende il fatto che Tacito, solitamente ben informato, gli abbia attribuito invece quello di procurator. Infatti, nel famoso brano 7 in cui lo storico ricorda l incendio di Roma e la responsabilità che Nerone attribuisce ai Cristiani, viene ricordata l origine della nuova religione e che Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat. Gratuitamente alcuni pensano ad una tarda interpolazione cristiana del testo; più ragionevolmente si tratta di un uso anacronistico del termine, diffuso dopo la metà del I 1 Tra gli studi più recenti ricordiamo quelli di O. Gurgo, Pilato, 1987 e soprattutto quello molto documentato di J. P. Lémonon, Ponce Pilate, Altrettanto interessante è G. Otranto, Ponzio Pilato nella Chiesa antica tra storia, arte e leggenda. Il Codex purpureus Rossanensis, in «Rivista di Storia e letteratura religiosa», XLV, n.3, 2009, pp L attuale Qaisariyah, 40 km. a sud di Haifa. AA.VV., Scavi di Cesarea Marittima, 1966, p Année Épigraphique 1963, n.104; AA.VV., Scavi, p.92. L epigrafe (cm.80x68x20), in duro calcare locale, è conservata ora nel Museo di Israele a Gerusalemme (inv. IAA ). Un analisi molto approfondita e recente dell epigrafe è in L. Boffo, Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia, 1994, pp In realtà già Flaminio Vacca, nelle Memorie di varia antichità, trovate in diversi luoghi della città di Roma, 1704, p.10, n.12, ricorda che cavandosi innanzi ai SS. Quattro Coronati in certi canneti, si scopersero quantità d' Epitaffi, tra i quali sentii dire, che ve n'era uno di Ponzio Pilato : ma non abbiamo alcuna traccia di questo primo, presunto ritrovamento, che sarebbe avvenuto nel corso del XVI secolo. 5 J.P. Lémonon, op. cit., pp Probabilmente non un tempio: Tiberio infatti rifiutò ufficialmente onori divini, anche se spesso li tollerò. v. S. Mazzarino, L impero romano, 1973, I, p.144 e pp ; L. Boffo, op.cit., pp Tac, Ann. XV, 44; J.P. Lémonon, op. cit., p

2 secolo 8. O forse Pilato poteva fregiarsi di ambedue i titoli? Cerchiamo di trovare una risposta e cominciamo proprio dall analisi dei due termini. Praefectus era il titolo ufficiale del governatore romano, responsabile direttamente del proprio operato davanti all imperatore, supremo funzionario militare e civile della provincia; procurator, invece, era colui che amministrava i beni e fondi dell imperatore in terre lontane da Roma, senza rivestire alcuna carica politica. In tutte le piccole provincie era però norma che ambedue le cariche fossero ricoperte dallo stesso funzionario: esse infatti vengono indifferentemente ricordate nei testi insieme a quella di praeses (o, in greco, di heghemòn o epìtropos), riunendo quindi funzioni militari, giuridiche e finanziarie 9. E infatti in Giudea il praefectus ricopriva pure la carica di amministratore delle proprietà confiscate all etnarca Archelao, figlio di Erode il Grande, esiliato in Gallia nell anno 6 d.c. da Augusto. E nello stesso anno, annessa a Roma la Tetrarchia di Archelao (Samaria, Giudea e Idumea), era stata creata la provincia imperiale di Giudea 10, affidata ad un governatore di rango equestre, autonomo, ma sotto la tutela del più potente legatus Augusti pro praetore di Siria, di diretta nomina imperiale. Nulla sappiamo della storia di Pilato prima del suo incarico in Giudea; certa però è la sua appartenenza al ceto equestre, composto allora in massima parte da membri della borghesia italica e da pochi notabili delle provincie di più antica romanizzazione. Sul luogo di origine di Ponzio Pilato molte sono le leggende e nessuna la certezza: ma sappiamo che fino all impero di Claudio quasi tutti i governatori erano italici e solo pochi provenivano dalla Sicilia o dalla Gallia Narbonese 11. Diversi sono i componenti della gens Pontia ricordati nei testi: tra quelli più vicini a lui abbiamo testimonianza in età augustea di un L. Ponzio Strabone da Luni in Etruria, duoviro, tribunus militum, comandante di un ala di cavalleria 12. Presenti alla corte di Tiberio erano invece il futuro console C. Ponzio Nigrino 13 e Ponzio Fregellano 14, che forse possono averlo aiutato nella sua carriera. Non conosciamo il praenomen di Pilato, ma il suo cognomen sembra prendere origine dal pilum (giavellotto) o dal grado di centurione primipilare, quello più alto al quale potesse aspirare un fante che, congedato, avesse poi diritto al titolo di eques; non sappiamo se questo cognomen sia stato acquisito direttamente da lui o da un suo antenato e se lui sia stato il primo della famiglia ad avere la dignità equestre 15. Il fatto che nei Vangeli Pilato mostri di saper parlare più lingue (naturalmente il latino, ma anche il greco e forse l aramaico), ha fatto pensare che egli abbia potuto ricoprire le cariche militari equestri in una delle legioni di stanza in Siria 16 e lì acquisire notizie su usi e costumi di quelle popolazioni che un giorno avrebbe governato in nome di Roma. E forse grazie all aiuto del potentissimo Seiano, prefetto del pretorio dell imperatore Tiberio, Ponzio Pilato venne finalmente nominato nell anno 26 governatore di Giudea. Già al potere infatti lo ricorda l evangelista Luca 8 J.P. Lémonon, op. cit., p. 49; infatti solo con Claudio, probabilmente dal 46, il governatore di rango equestre di una provincia imperiale avrà il titolo ufficiale di procurator. Ma già Giuseppe Flavio e Filone usano in greco il termine epìtropos, suo equivalente. 9 J.P. Lémonon, op. cit., p. 51; M. Dubuisson, Le procurateur de Judeé, in «Revue belge de philologie et d histoire», Tome 77, fasc.1, 1999, pp ; S. Demougin, Prosopographie de chevaliers romains Julio-Claudiens (43 av. J.C.- 70 ap. J.C.), 1992, p.247. Oltre alla scarsa cura per la terminologia tecnico-giuridica, ricordiamo in questo luogo l uso altrettanto vago dei gradi militari, soprattutto nelle fonti greche. 10 Non la Giudea in senso strettamente geografico, ma come unità amministrativa dell Impero: in essa vivevano Giudei, Samaritani, Idumei e pagani (concentrati soprattutto nelle due città di Cesarea e Sebaste). v. Fl. Jos. Bell.Jud., 2, H.G. Pflaum, Abrégé des procurateurs equestres, Un origine italica del Nostro può quindi essere considerata quasi sicura. D'altra parte il cognomen Pontius sembra essere di origine sannita. 12 C.I.L. XI, Il console dell anno 37, quello della morte di Tiberio: Suet. Tib., Tac. Ann., VI,48 15 In realtà sono rarissimi i casi in cui un centurione abbia raggiunto le procuratele direttamente dal primipilato. Y. Le Bohec, L esercito romano. Le armi imperiali da Augusto alla fine del terzo secolo, 2012, p.59. Sull origine del cognomen Pilatus. 16 Erano presenti nella provincia la III Gallica, la VI Ferrata, la X Fretensis e dal 18 d.c. anche la XII Fulminata. 2

3 nell anno 27-28, quando inizia la missione di Giovanni 17 ; sarebbe rimasto in quella regione per dieci anni, ben oltre la caduta in disgrazia di Seiano, ucciso nel 31. E ciò ci suggerisce il fatto che i rapporti di Pilato con quest ultimo non fossero così stretti: in caso contrario, egli sarebbe stato probabilmente richiamato subito a Roma da Tiberio e destituito. Quest ultimo anzi è stato accusato di aver mantenuto al potere troppo a lungo i propri funzionari, anche quando fosse evidente la loro incapacità a governare: questo è sembrato il caso di Ponzio Pilato 18, ma già Tacito 19, mentre conferma questo prolungarsi dei mandati, dall altra segnala l ottima amministrazione delle provincie sotto questo imperatore 20. I precedenti prefetti di Giudea, nominati da Augusto, avevano tutti governato per pochi anni: così Coponio (6-9), Ambibulo (9-12) e Annio Rufo (12-15); da Tiberio, invece, era stato nominato solo Valerio Grato, che aveva ricoperto l incarico per ben undici anni, dal 15 al 26, fino all arrivo di Pilato. Giunto finalmente a Cesarea Marittima, importante porto e capitale amministrativa della regione, il nuovo governatore aveva trovato una situazione molto critica: al suo comando erano cinque coorti di truppe ausiliarie (composte dagli abitanti pagani della provincia) 21 forti di circa seicento uomini ciascuna, con un ala di cavalleria, comandate da un tribuno di rango equestre. Quattro erano di stanza a Cesarea ed una a Gerusalemme nella Torre Antonia: un numero di soldati però appena sufficiente a mantenere l'ordine pubblico in una provincia da solo vent anni amministrata direttamente da Roma, in cui il popolo mal sopportava una presenza straniera 22. In caso di necessità, Pilato poteva chiedere comunque l intervento delle legioni di stanza in Siria: le provincie procuratorie, infatti, non ne avevano e in casi gravi era sempre il legato propretorio più vicino ad intervenire con le sue truppe 23. Pilato giunse in Giudea probabilmente con la speranza di poterla amministrare con equanimità e rigore, fidando nell esperienza ormai secolare di Roma, ma questa piccola regione si rivelò un grave problema per lui. Presto si accorse che il popolo ebraico non avrebbe fatto nulla per facilitare il suo compito e per meglio intendersi con lui: il nazionalismo religioso e il radicale attaccamento alla Torah sarebbero state le cause della ferma opposizione alla romanizzazione della Provincia. Forse, assieme alla moglie Claudia Procula, aveva pensato di restare a Cesarea solo pochi anni e tornare presto a Roma, ricco di onori e di denaro, pronto a concorrere a cariche sempre più alte: ma la realtà sarebbe stata ben diversa 24. Degli anni che Pilato trascorse in Giudea ci parlano Flavio Giuseppe e Filone di Alessandria, ambedue di lingua greca e religione ebraica: il primo, dopo aver combattuto contro i Romani, 17 Lc J. France, Administration et fiscalité douanières sous le regne d Auguste: la date de la création de la Quadragesima Galliarum, in «Mélanges de l Ecole Française de Rome», Antiquité, 1993, 105-2, p Tac. Ann., IV, 6 20 Anche G. Alföldi in La politique provinciale de Tibère in «Latomus» 1965, 24, p.826 dice che mai come questo momento il controllo e la repressione degli abusi da parte dei magistrati furono meglio organizzati. Sui motivi che possono aver portato Tiberio ad evitare nuove nomine, v. Tac. Ann., I,80 e Fl.Jos. Ant.Jud. XVIII, AA.VV., Scavi, loc. cit.; Y. Le Bohec,, op. cit., p Allora infatti l esercito svolgeva anche i compiti di polizia e a riprova di un capillare controllo del territorio è attestata la presenza di decurioni nei villaggi e di centurioni nelle città, come appare a Cafarnao. In questa località è infatti ricordata dai testi evangelici (Lc.7,1-10 e Mt.8,5-13) la presenza di un centurione, comandante della guarnigione, che aveva curato la costruzione della locale sinagoga e appariva molto stimato dalla comunità ebraica. E. Innocenti e G. Vattuone, Vangelo e coscienza, 2009, pp ; Y. Le Bohec, op. cit., p J.P. Lémonon, op.cit. p.100, n La presenza in Giudea della moglie di Pilato, anche se testimoniata solo da Mt. 27,19, appare del tutto plausibile. In età repubblicana le mogli dei magistrati non potevano seguire i propri mariti nelle provincie, ma in epoca tiberiana questa proibizione era stata tolta. Cfr. Tac. Ann. 3, Il nome di questa moglie è tramandato nelle Chiese grecoortodosse e in quella copto-abissina (vds. anche nota 67 seg.): non si conosce però l'origine e l'antichità di tale tradizione. Se la notizia fosse vera, dimostrebbe una parentela acquisita di Pilato con la famiglia imperiale Giulio- Claudia: infatti a quel tempo alle donne di una familia importante veniva imposto come praenomen, ossia come nome proprio, quello gentilizio; da qui l'opportunità di aggettivare il praenomen per distinguerle (nel caso della nostra Claudia, procula dal latino proculus, lungo?). 3

4 diventò un partigiano dei Flavi e narrò la prima guerra giudaica (66-70) nel Bellum Judaicum e una storia del popolo ebraico nelle Antiquitates Judaicae; il secondo, invece, ne ricorda l operato nella Legatio ad Gaium, un opera scritta dopo essere stato inviato nel 40 a Roma come componente di un ambasceria presso l imperatore Caligola. Mentre Filone ci tratteggia un ritratto fortemente negativo di Pilato, uomo corrotto, licenzioso e crudele 25, Flavio Giuseppe non ne giudica l operato, ma ne descrive solo le azioni, pur non esprimendo comunque un giudizio favorevole su di lui 26. Esamineremo ora i pochi fatti che conosciamo relativamente alla figura di Pilato e dei quali purtroppo non conosciamo l esatta cronologia: gli episodi ricordati in Lc 13,1-3 e Mc. 15,7 sono probabilmente da ricollegarsi a normali azioni di polizia. L episodio che vede un primo contrasto tra Pilato e gli Ebrei è quello che avviene probabilmente poco dopo il suo insediamento, quando egli ordina alle proprie truppe di entrare di notte a Gerusalemme con le insegne recanti l effigie dell imperatore 27. I Giudei leggono in questo gesto un intento di profanazione della città santa e per cinque giorni e cinque notti protestano pacificamente a Cesarea Marittima, chiedendo il ritiro delle insegne stesse. Ponzio Pilato li fa radunare il sesto giorno nello stadio della città, minacciandoli di morte, ma davanti all'atteggiamento fermo degli Ebrei, il governatore è costretto a dare l ordine di ritirare le insegne contestate. Da parte giudaica l episodio è visto come un grande successo nei confronti di Roma ed indubbiamente Pilato dovette ritornare sulle sue decisioni; ma Tiberio non lo rimprovera affatto per il suo operato e tanto meno lo richiama a Roma. Pilato può aver peccato di leggerezza, non comprendendo quale provocazione potesse significare il suo gesto per i Giudei, ma forse aveva voluto soltanto ribadire al momento del suo insediamento il potere di Roma sulla provincia 28. Mentre i suoi predecessori si erano però mossi con più diplomazia, evitando l ingresso delle insegne nella città santa, Pilato così facendo si attirò subito l odio di ogni ebreo, a qualunque classe sociale appartenesse. Altrettanto prudentemente questi si erano comportati in campo numismatico, coniando monete bronzee riportanti immagini legate al mondo vegetale, quali pannocchie d orzo e datteri. Invece Pilato, tra il 29 e il 31, curò l emissione di tre serie bronzee caratterizzate dalla presenza di simboli religiosi pagani (quali il simpulum o il lituus) 29. Si trattò di un nuovo gesto di sfida verso la cultura ebraica? Probabilmente egli agì ancora con leggerezza, senza una chiara volontà di provocazione: nella regione circolavano infatti senza problemi monete d oro e d argento recanti l immagine dell imperatore, come ricorda il famoso episodio evangelico 30. Un altro episodio che pure non possiamo fissare cronologicamente, ma che pregiudica ulteriormente i rapporti tra il governatore e la comunità ebraica, è quello che riguarda l impiego di parte dei fondi del Tesoro del Tempio per la costruzione di un nuovo acquedotto, opera meritoria con cui Pilato probabilmente pensava di guadagnarsi la stima degli Ebrei 31. L episodio è invece ricordato da Giuseppe Flavio come un ulteriore esempio dei misfatti di Pilato, che viene contestato dalla folla a Gerusalemme e che riesce a sedare la rivolta solo grazie all'intervento di soldati travestiti, che colpiscono i manifestanti causando vittime e feriti. Al di là della cruda repressione, nei testi non è però ricordata alcuna profanazione del tesoro da parte di non-ebrei, cosa che sarebbe stata senza 25 Philo Alex Leg. Ad Gaium Fl.Jos Ant.Jud. XVIII passim e Bell. Jud. II passim 27 Fl.Jos Ant.Jud. XVIII, e Fl.Jos Bell. Jud. II, Potere che d altronde non era mai stato messo in discussione nemmeno sotto i suoi predecessori: ricordiamo ad esempio Valerio Grato, che aveva deposto l uno dopo l altro ben cinque sommi sacerdoti, senza scatenare alcun moto di ribellione. Fl.Jos Ant. Jud. XVIII, Boffo invece pensa che Pilato abbia tenuto in nessun conto i sentimenti religiosi degli Ebrei, e anzi mostrato intrasigenza e scarsa opportunità politica nei loro riguardi: L. Boffo, op.cit., p J.P. Lémonon, op.cit. pp Mt.22, Fl.Jos Ant.Jud. XVIII, e Fl.Jos Bell. Jud. II, Analogo episodio è ricordato nell epistolario di Plinio il Giovane, in cui è presente una lettera e la conseguente risposta da parte dell imperatore Traiano relativa alla costruzione di un acquedotto a Nicomedia di Bitinia; l opera è presentata come lavoro di pubblica utilità, che avrebbe portato gloria a Roma e all imperatore. V. Pl. Jun. Ep. X, 37 e 38. 4

5 dubbio messa in grande evidenza. In realtà, l utilizzo di parte del Tesoro non solo per scopi caritatevoli, ma anche per finanziare opere pubbliche utili alla città di Gerusalemme, è testimoniato anche in altri episodi precedenti 32. E probabile quindi che anche in questa occasione parte degli stessi sacerdoti (e lo stesso Sommo Sacerdote) fossero favorevoli al progetto, e che la contestazione abbia riguardato non il solo Pilato, ma la stessa classe sacerdotale ebraica, evidentemente ritenuta dal popolo troppo asservita ai dominatori stranieri: tra il governatore e il sommo sacerdote Caifa i rapporti erano evidentemente più stretti di quanto le fonti permettano di rivelare. E d altronde, neppure questa volta, vi è alcun intervento di Tiberio che censuri l opera del suo praefectus. E giungiamo ora ad un episodio che provocherà, per la prima volta, un intervento imperiale: esso è da porsi probabilmente dopo la morte di Seiano (31 d.c.), di cui conosciamo la ferma politica antigiudaica, e quindi in un momento cronologicamente posteriore alla condanna di Gesù, ma preferisco anticiparne la trattazione. Il fatto è ricordato all'interno della Legatio ad Caium 33, in una lettera che il tetrarca Erode Agrippa I avrebbe spedito all'imperatore Caligola, per convincerlo a non porre una sua statua all'interno del tempio di Gerusalemme. Questa lettera avrebbe accompagnato l'ambasceria degli Ebrei di Alessandria dell'anno 40 presso l'imperatore stesso, al fine di proteggere la più grande comunità della Diaspora e allo stesso tempo di far recedere Caligola dal suo folle ed empio proposito. Non sappiamo in realtà quanto Filone abbia modificato il testo di questa lettera, nella quale Agrippa cerca di dimostrare quanto i precedenti imperatori abbiano rispettato la comunità ebraica e i suoi costumi (sorvolando sull'imbarazzante atteggiamento antiebraico di Seiano e l'accondiscendenza mostrata verso di esso da Tiberio, e anche sulla precedente cacciata degli Ebrei da Roma nell'anno ); ma mostra ugualmente come, ancora alcuni anni dopo la partenza di Ponzio Pilato dalla Giudea, permanesse nella provincia un ricordo condiviso del suo malgoverno. Secondo il racconto di Filone, Pilato, in occasione di una grande festa, ordina di appendere al Palazzo di Erode a Gerusalemme, sua residenza, degli scudi dorati, probabilmente con la titolatura imperiale completa (e forse con il ricordo di Augusto divinizzato), ma senza le immagini che già avevano suscitato una così forte reazione. Gli Ebrei, dopo aver scongiurato Pilato di revocare l'ordine, non avendo avuto da lui alcuna soddisfazione, mandano un ambasceria all imperatore, il quale avrebbe aspramente rimproverato il governatore per il suo operato ordinandogli di rimuovere gli scudi e di collocarli nell'augusteum 35 di Cesarea. Secondo alcuni storici l'episodio, narrato solo da Filone e ignorato da Giuseppe Flavio, non sarebbe altro che quello delle insegne, già ricordato precedentemente; ma a parte le differenze nello svolgimento dei fatti e dei luoghi in cui avvengono, questa volta viene direttamente informato Tiberio, mentre nell'altro episodio lo stesso procuratore avrebbe cambiato parere. Non è questo il luogo per discutere i motivi che possono aver portato Pilato a sfidare un altra volta gli Ebrei, ma è da mettere il risalto questa volta l intervento diretto dell imperatore, che ne censura la decisione. Ne ignoriamo i reali motivi, ma il comportamento di Pilato non deve essere stato del tutto irreprensibile, se Tiberio arriva a questo. Probabilmente Filone vuole descrivere il comportamento dell imperatore sotto una luce favorevole agli Ebrei, ma senza dubbio gli scudi dorati dovevano contenere una simbologia legata a contenuti religiosi tali da indignare gli abitanti di Gerusalemme. Se non avessero avuto tale carattere, difficilmente comprenderemmo tutto lo svolgersi degli avvenimenti e lo stesso intervento dell imperatore. Infine ecco l ultimo episodio in cui è ricordato l operato di Pilato, databile all anno 36: si tratta del massacro di Tirathana, che vede come vittime i Samaritani 36. Convinti da un sedicente profeta, 32 J.P. Lémonon, op. cit., p.154. E non dimentichiamo il prelievo delle trenta monete d argento dal Tesoro per pagare il tradimento di Giuda (Mt.26,15; Mc.14,11; Lc.22,5) e quelle consegnate ai soldati di guardia perché dopo la resurrezione di Gesù dicessero che i discepoli ne avevano trafugato il corpo (Mt.28,11-13). 33 Philo Alex., Leg. ad Gaium, Tac. Ann. 2,85 e Suet. Tib Si tratta forse del Tiberieum ricordatoforse nell epigrafe riportante il nome di Ponzio Pilato? 36 Fl.Jos Ant.Jud. XVIII,

6 racconta Giuseppe Flavio, molti di essi si erano riuniti in armi sulla montagna sacra del Garizim dove sarebbero stati mostrati loro gli antichi vasi nascosti sul monte da Mosè. Pilato non può nella sua funzione di governatore permettere un tale raduno in armi e quindi, deciso ad anticipare le mosse dei Samaritani, ordina ad un distaccamento di cavalleria e ai soldati di occupare la cima della montagna e disperderne i rivoltosi, che vengono uccisi o fatti schiavi. Subito dopo, Pilato dà prova di ulteriore energia e fa mettere a morte i capi della rivolta, che potevano rappresentare un grosso rischio per l autorità romana. A seguito di questo episodio i Samaritani, fedeli a Roma e malvisti dagli Ebrei, mandano una legazione a Vitellio, governatore di Siria, e accusano Pilato di aver commesso una strage dei loro, riparati a Tirathana non in odio a Roma, ma per sfuggire alla crudeltà di lui. L accusa mossa a Pilato appare molto debole perché, seppure le truppe romane possano aver dato prova di eccessiva crudeltà, il governatore non poteva assolutamente tollerare un raduno armato di tal genere, oltretutto dal forte connotato escatologico-messianico e dal carattere antipagano. Pilato quindi si è comportato come ci si sarebbe dovuti attendere da lui e altrettanto duramente si comporterà un suo successore, il procuratore Felice (53-55?). Quando un falso profeta egiziano guiderà un gruppo di rivoltosi sul Monte degli Ulivi, promettendo che le mura di Gerusalemme sarebbero miracolosamente cadute davanti a loro, Felice interviene anticipandone le mosse e uccide o cattura centinaia di uomini 37. A seguito dell ambasceria samaritana, Vitellio ordina a Pilato di lasciare Cesarea e ritornare a Roma per giustificare il suo operato davanti a Tiberio; al suo posto viene nominato come nuovo governatore pro-tempore Marcello, amico di Vitellio stesso 38. Ma quali i motivi che possano aver portato ad una tale decisione 39? Forse il governatore di Siria non ha elementi sufficienti per dare un giudizio e decide di rimettere la questione allo stesso imperatore, dati anche i buoni rapporti che finora i Samaritani hanno mantenuto con i Romani; o forse, pur nella bontà delle sue intenzioni, Pilato ha mostrato davvero un eccessiva crudeltà nel reprimere la sommossa. Qualunque sia la motivazione, da questo momento non abbiamo più alcuna notizia storica su Pilato e non possiamo che fare delle ipotesi sugli avvenimenti che seguono. La partenza di Pilato dovette avvenire tra metà Dicembre e metà Gennaio e, considerando la stagione invernale, probabilmente il viaggio avvenne via terra ed ebbe una durata di almeno due o tre mesi. Al suo arrivo a Roma, Pilato trovò già sul trono Caligola, nuovo imperatore: Tiberio infatti era morto a marzo del 37. Dopo la deposizione di Pilato, e forse già prima della sua partenza per Roma, comunque tra il 36 e il 37, Vitellio venne più volte a Gerusalemme, dove fu accolto molto favorevolmente dagli Ebrei: lì depose Caifa (forse troppo compromesso con Pilato, oltre che responsabile delle prime repressioni dei cristiani), e lo sostituì con Gionata; anche Gionata, dopo solo due mesi, fu sostituito con Teofilo. Inoltre ad essi fu restituita la diretta custodia della solenne veste sacerdotale che dal tempo di Erode era conservata nella Torre Antonia 40. Forse con questi provvedimenti Vitellio tentò di ricomporre almeno temporaneamente il rapporto tra Romani ed Ebrei, evidentemente molto compromesso durante l amministrazione di Pilato, in attesa dell arrivo del nuovo governatore della provincia. Non sappiamo se Pilato sia stato giudicato a Roma dal nuovo imperatore e quale sia stato l esito del giudizio, perché nemmeno la nomina del successore, Marullo (37-41), indica chiaramente che Caligola abbia riconosciuto la colpevolezza di Pilato. Certo, l acrimonia di Filone è meglio spiegabile quando l operato di Pilato fosse stato ufficialmente biasimato: ma quest ultimo era ancora in vita al momento della missione alessandrina? D altronde, Svetonio e Dione Cassio ricordano un amnistia 41 che sarebbe stata concessa da Caligola subito 37 G. Rinaldi, Procurator Felix, Note prosopografiche in margine ad una rilettura di Atti 24, in «Rivista Biblica Italiana» 39 (1991), p.434 n.46; v. Fl.Jos Ant. Jud. 20, Anche Felice verrà accusato presso Nerone da una delegazione di Ebrei, ma il processo avrà per lui esito favorevole, grazie alle pressioni del fratello, il potentissimo liberto Pallante. 38 Una suggestiva ipotesi lo identifica con il Marcello ricordato in Acta Petri, 8: Petrum...morantem in domo Marcelli senatoris 39 J.P. Lémonon, op. cit., pp Fl.Jos Ant. Jud. XVIII, Suet. Cal.,15; Dio.Cass. Hist. Rom. 59,6,2 6

7 dopo la sua ascesa al trono: ne beneficò anche Pilato? Non possiamo assolutamente dare una risposta a tali quesiti. La figura di Pilato entra ormai nella leggenda. E ora è giunto il momento di analizzare l incontro tra Pilato e Gesù, quello che più interessa per la genesi della figura leggendaria di Pilato. Un incontro che legherà indissolubilmente le due figure e renderà così Pilato uno dei personaggi romani più famosi in ogni tempo e in ogni luogo. L episodio avvenne nell imminenza della Pasqua ebraica probabilmente dell anno 30. I vangeli sinottici considerano il 15 Nisan la data della morte di Gesù (il giorno stesso della Pasqua), mentre per Giovanni, con più verosimiglianza, la data esatta sarebbe il giorno prima: pare difficile infatti immaginare che la riunione del Sinedrio e tutti gli altri avvenimenti accaduti possano aver avuto luogo in un giorno tanto solenne per gli Ebrei 42. In quei giorni Pilato si trova a Gerusalemme: era infatti solito lasciare Cesarea in occasione delle feste pasquali per poter mantenere meglio l ordine nella città Santa, in cui convergevano migliaia di pellegrini. Le uniche testimonianze di quell incontro sono confluite nei testi evangelici, che sostanzialmente concordano nel ricordare gli avvenimenti della Passione di Cristo, ripartendola in tre momenti principali: interrogatorio di Gesù, liberazione di Barabba, decisione di Pilato 43. In realtà vi sono tracce di due tradizioni, che esamineremo più tardi, ma il racconto è sostanzialmente simile. Esso inizia con l arresto di Gesù, che i testi concordano nel ricordare avvenuto di notte nell Orto degli Ulivi, favorito dal tradimento di Giuda. Ma ad opera di chi? I Vangeli sinottici descrivono una folla (òchlos) mandata dal Sommo Sacerdote e dagli anziani del popolo (cui Marco aggiunge scribi e Luca degli strateghi del Tempio). Giovanni invece ricorda la presenza di una coorte (speìra) e addirittura quella di un tribuno (chiliarca) 44, insieme a quella di guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dei Farisei: non solo una folla di Ebrei, ma anche un reparto militare romano guidato da un alto ufficiale. Secondo l Evangelista, quindi, Pilato doveva essere a conoscenza dell arresto di Gesù e, preoccupandosi che tutto avvenisse senza turbamenti, ne aveva affidato l operazione ad un tribuno. L arresto allora avviene secondo un accordo tra Romani ed Ebrei o Giovanni usa una terminologia latina per indicare un reparto delle guardie del Tempio e un loro capo? Il sospetto di un operazione congiunta rimane molto forte: ma quali motivi potrebbero aver spinto Pilato ad avallare l arresto di Gesù? Compiacere i sacerdoti o evitare disordini in vista dell imminente festività 45? Subito dopo l'arresto, i Romani sembrano ritirarsi: il tribuno forse si era già accorto dell inconsistenza delle accuse rivolte a Gesù e aveva preferito richiamare le proprie truppe? Di certo, però, aveva informato Pilato dell'assoluta mancanza di pericolosità della figura del Nazareno, che si era fatto arrestare senza opporre alcuna resistenza. Gesù ora non viene portato alla Torre Antonia, dove erano destinati i prigionieri politici, ma alla casa di Anna, in cui avviene un primo processo notturno, poi a quella di Caifa, il Sommo Sacerdote scelto nel 18 d.c. da Valerio Grato, che aveva deposto proprio Anna (nominato nel 7 da Quirino). Ma Caifa, genero di Anna, non aveva in realtà un ruolo davvero primario: il suocero restava di fatto saldamente al potere. Al cospetto del Sommo Sacerdote avviene un secondo e frettoloso processo pieno di irregolarità procedurali anche secondo la legge giudaica, che si conclude con una sentenza di condanna: il Sinedrio vuole chiudere il caso-gesù entro la ormai imminente Pasqua 46? Gli Ebrei decidono allora di portare Gesù davanti a Pilato, ma da lui essi non vogliono un regolare processo, quanto una conferma della sentenza che hanno già emanato: quella di morte. 42 O. Cullmann, Il Nuovo Testamento, 1968, p.54; G. Ricciotti, Vita di Gesù, 1941, La narrazione della Passione di Gesù è presente nei capitoli 26 e 27 di Matteo, 14 e 15 di Marco, 22 e 23 di Luca e infine 18 e 19 di Giovanni. 44 Gv 18,3 e 18,12; G. Ricciotti, op.cit., 558. La presenza di una coorte completa (circa 600 uomini) appare comunque eccessiva. 45 Si tratta di un ulteriore conferma dei buoni rapporti esistenti tra Pilato e Caifa già supposti nell'episodio del tesoro del Tempio? 46 G. Ricciotti, op.cit., 569; a conferma di queste irregolarità, si può notare come Gesù non risponda affatto alle accuse che gli sono mosse. E. Innocenti-G. Vattuone, op. cit., p.462 7

8 Gesù così viene prima condotto alla Torre Antonia, che sorgeva al lato settentrionale della spianata del Tempio, quindi da Pilato all interno del Pretorio: ma gli Ebrei decidono di restarne fuori per non contaminarsi e poter celebrare la Pasqua. Pilato è costretto ad andare loro incontro e ad ascoltare le accuse mosse a Gesù: è un uomo che fa il male (kakòn poiòn), rifiuta il pagamento dei tributi, si è autoproclamato re e Messia. Pilato però dichiara di non trovare sufficiente motivo di condanna in lui e invita gli Ebrei a giudicarlo secondo la propria legge, dal momento che le accuse sollevate sono relative alla sfera religiosa e non ricadono sotto la giurisdizione romana. Il governatore aveva infatti già certo ricevuto dalla polizia rapporti che l avevano sufficientemente rassicurato sull attività del profeta nazareno e lo consigliavano di non dare troppa importanza a tali accuse. E questi rapporti erano stati probabilmente confermati dalla moglie, che, come ricordano i Vangeli, era probabilmente in contatto con alcune delle donne che seguivano Gesù e particolarmente con Giovanna, moglie di Cusa, procurator Herodis, un personaggio molto importante alla corte erodiana 47. Gli Ebrei, però, sono costretti ad ammettere che non hanno potere di mettere a morte alcuno e implicitamente sono costretti a riconoscere la loro sottomissione a Roma. Per aumentare la gravità delle accuse e per farle ricadere in ambito politico, gli Ebrei ora accusano Gesù di voler sollevare il popolo di tutta la regione con la sua predicazione e Pilato non può più evitare di iniziare il giudizio; decide quindi di interrogare il prigioniero secondo la prassi del processo romano e lo fa condurre nel Pretorio. Il colloquio avviene direttamente e senza l ausilio di interpreti; non sappiamo in quale lingua, ma i Vangeli concordano sulla domanda che Pilato rivolge per prima a Gesù: Sei tu il Re dei Giudei?. Tu lo dici risponde Gesù, il quale, secondo i sinottici, si sarebbe chiuso poi in un ostinato silenzio. Il solo Giovanni ricorda che il dialogo avrebbe avuto un diverso andamento: alla domanda del governatore, Gesù avrebbe risposto chiedendo a sua volta se diceva questa cosa da se stesso o se gli fosse stata suggerita da qualcuno. Pilato appare un po infastidito dalla domanda di Gesù e gli ribatte di non essere certo un giudeo e che proprio i suoi correligionari lo hanno consegnato a lui. Che cosa hai fatto? gli chiede ora, ma la sua voce sembra tradire un ansia crescente. Gesù a questo punto gli ricorda come il suo regno non appartenga a questo mondo, perché altrimenti i suoi avrebbero fatto opposizione al suo arresto. Pilato lo incalza chiedendogli ancora una volta se lui sia davvero un re e Gesù dice come sia nato e venuto al mondo per testimoniare la verità a chi lo vorrà ascoltare. E Pilato a questo punto chiede a Gesù: Che cos è la verità? 48. E la domanda ironica di uno scettico incredulo o la testimonianza di un profondo dramma intimo che il governatore sta ora vivendo? Pilato sembra scosso da un forte turbamento e si ricorda certo delle parole poco prima pronunciate da sua moglie Claudia, che aveva sognato Gesù e invitava suo marito a non condannare quell uomo giusto 49. Avviene quindi un episodio che ricorda solo l evangelista Luca 50 : Pilato, saputo che Gesù è galileo, decide di mandarlo dal tetrarca di Galilea, Erode Antipa, allora a Gerusalemme; ma questo poco dopo glielo rimanda, dicendo di non aver trovato in lui alcun motivo di condanna. In realtà la posizione di Erode è molto delicata ed egli teme le conseguenze di una sua decisione in un senso o nell altro: la soluzione è svuotare del tutto le accuse, considerando Gesù un pazzo. Da questo momento, ricorda ancora Luca, Pilato ed Erode diventarono amici. Il governatore non aveva infatti alcun obbligo di mandare Gesù da Erode: secondo la legge romana, il processo si svolge dove si è commesso il crimine e non è condizionato dalla provenienza del reo; si trattava quindi apparentemente solo di un gesto di cortesia, ma probabilmente Pilato cercava di trovare il modo di uscire da una situazione che si stava rivelando più difficile del previsto. Egli allora torna dagli Ebrei che evidentemente continuavano ad attendere fuori dal Pretorio, e fa sapere loro che presto libererà Gesù dopo averlo fatto flagellare, dal momento che né lui né il 47 La presenza di questa donna è ricordata in Lc 8,3. G. Ricciotti, op.cit., 142 e 343; E. Innocenti-G. Vattuone, op. cit., pp Gv 18,38 49 Mt 27,19 50 Lc 23,

9 tetrarca hanno trovato nel Nazareno alcun motivo di condanna, rigettando implicitamente le accuse mosse contro di lui. Pilato potrebbe chiudere qui il caso, ma la paura lo attanaglia: il processo sta ormai divenendo illegale, senza alcuna garanzia di giustizia e Pilato appare sempre più debole nei confronti degli Ebrei, colpevole di non saper tutelare la persona innocente di Gesù e di testimoniare la verità 51. Il governatore non trova il coraggio di fare quanto ha annunciato, e già solo l'annuncio della sua decisione fa insorgere la folla: questa, ormai tumultuante, rifiuta la liberazione di Gesù, offerta da Pilato in base alla presunta consuetudine di liberare un prigioniero in occasione delle feste pasquali, e reclama quella di Barabba, noto agitatore antiromano. In realtà la grazia annuale di un prigioniero non è attestata in Palestina da alcun documento, e probabilmente si rifà ad una prassi non ufficiale, peraltro testimoniata in altri luoghi 52. Forse si tratta solo di un nuovo tentativo da parte di Pilato per uscire da una situazione molto difficile per lui, cogliendo l occasione della festività religiosa ebraica, ma non sembra trattarsi di una vera consuetudine rispettata ogni anno. Piuttosto, la procedura sembrerebbe quella della venia, la grazia concessa personalmente e in via eccezionale. Non abbiamo riscontri sul fatto se Pilato abbia davvero liberato Barabba: come avrebbe potuto spiegare a Tiberio il rilascio di un pericoloso bandito? Pilato, pur avendo riconosciuto che l'accusa a Gesù è insostenibile, di fronte all atteggiamento della folla, ordina di flagellare Gesù e lo mostra al popolo, sperando che questo si muova a pietà nei confronti del condannato, ribadendo che non trova in lui alcun motivo di condanna. Ma gli Ebrei rumoreggiano sempre più e chiedono che Gesù sia crocifisso, perché si è voluto fare Figlio di Dio. Pilato rifiuta ancora, ma sente crescere in sé un forte senso di disagio, forse di paura: chi è realmente quest uomo che gli sta davanti e rivela una grande e inaspettata forza? L angoscia che lo attanaglia gli impedisce di liberare Gesù, facendosi imporre un verdetto già emanato da altri giudici a lui sottomessi e da lui disprezzati: e nel contempo si accorge di tradire la propria coscienza, scossa dalla consapevolezza dell innocenza del reo. Rientra con Gesù nel Pretorio e gli domanda da dove venga, ma il Nazareno non risponde. Ciò crea un forte senso di disappunto in Pilato, che reagisce quasi con stizza al silenzio ostinato di Gesù, ricordandogli come sia in suo potere liberarlo o farlo crocifiggere. Inaspettatamente, Gesù risponde non chiedendo di essere liberato e neppure contestando il diritto di Pilato di condannarlo a morte, ma ricordandogli come il potere che riveste non gli venga da se stesso, bensì da Dio, e facendo allusione ad una colpa del governatore, seppure minore a quella dei Giudei 53. Queste parole gettano Pilato in un profondo turbamento: egli comprende ormai chiaramente che l accusa teologica è la vera causa dell odio verso Gesù, mascherata da accuse politiche che Pilato sa del tutto infondate. Il governatore sembra ora voler cercare il modo per salvare il condannato, ma gli Ebrei, consci della direttiva imperiale di rispettare le leggi del luogo sanzionanti i bestemmiatori, gli contestano che, se avesse liberato colui che era ritenuto il re dei Giudei, non sarebbe stato più amico dell imperatore 54. La minaccia per nulla velata di portare a conoscenza di Tiberio la sua decisione di liberare il condannato ha il suo effetto: Pilato sa bene che gli Ebrei sono in grado di portare a termine la loro minaccia e comprende che ora non può fare proprio più nulla per Gesù. Si siede al centro del Lithostroton, probabilmente sempre più provato dalla tensione, e chiede ancora una volta agli Ebrei se debba crocefiggere il loro re. E questi, contro ogni attesa, rispondono che il loro unico re è l imperatore: un affermazione inaspettata, quasi rivoluzionaria, che avrebbe riempito d orgoglio il governatore in un altra occasione, ma ora lo getta ancor più nello sconforto. A Pilato non resta altro che arrendersi alla volontà degli Ebrei: la minaccia di denunciare il suo operato all imperatore o forse solo la paura di far nascere un pericoloso tumulto nell imminenza della Pasqua, gli fanno prendere la sofferta decisione: il giudizio emanato dal Sinedrio è legale e il governatore romano procederà ora all esecuzione della condanna. Pilato ha ormai ceduto, mettendo 51 E. Innocenti-G. Vattuone, op. cit., pp O. Gurgo, op.cit., p.178, n.108; J.P. Lémonon, op. cit., pp E. Innocenti-G. Vattuone, op. cit., pp.479; Gv. 19, Gv. 19,12 (philos tou Kaisaros): ricorda l amicitia Caesaris di Tac. Ann., VI, 8,2. 9

10 finalmente a tacere la propria coscienza. Ma, prima, egli compie pubblicamente quel gesto che d ora in avanti rimarrà legato alla sua figura: fattisi portare una brocca ed un catino, si lava le mani, dichiarandosi per nulla responsabile del suo giudizio, quasi che questo gli sia stato estorto con la violenza 55. Al suo gesto la folla risponde assumendosi la piena responsabilità della morte di Gesù e del sangue da lui versato 56. A Pilato non resta altro che affidare Gesù ai propri soldati perché venga portato sul Golgota, e il condannato viene condotto alla croce vestito e non nudo, come prevedeva la legge romana: si tratta di una forma di rispetto verso la sensibilità ebraica o verso Gesù in particolare? Di Pilato i Vangeli ricordano ancora come avesse voluto che sul titulus della croce, che ricordava la motivazione della condanna, fosse scritto il Re dei Giudei in latino, greco ed ebraico, suscitando le rimostranze degli Ebrei 57. Quindi, come a lui si sia rivolto Giuseppe di Arimatea per poter ottenere il corpo di Gesù e seppellirlo degnamente, suscitando nel governatore lo stupore che il condannato fosse già morto 58 ; interrogato un ufficiale e avuta conferma della morte di Gesù, ne autorizza la sepoltura. A questo proposito, dobbiamo ricordare che la legge romana non prevedeva affatto la restituzione del corpo dei condannati per motivi politici e, con il suo gesto, Pilato sembra voler evidenziare ancora come la condanna di Gesù abbia avuto solo motivazioni religiose. Infine il Vangelo di Matteo 59 ricorda che, il giorno dopo la sepoltura di Gesù, i maggiorenti degli Ebrei si recarono dal governatore, chiedendo che ponesse dei soldati di guardia al sepolcro per evitare il trafugamento del corpo da parte dei discepoli. Pilato, molto seccamente, ricordò loro che avevano un proprio corpo di guardia e provvedessero come volevano. Queste sono le ultime parole di Pilato ricordate dai Vangeli: da esse egli emerge come un pusillanime che non ha avuto il coraggio di riconoscere pubblicamente l'innocenza di Gesù, vittima della perfidia dei Sacerdoti giudei, primi responsabili della morte del Salvatore, ma al contempo colpevole di non aver testimoniato la verità. Ma davvero Pilato aveva riconosciuto in Gesù un personaggio, che sfuggiva alla sua comprensione, come appare evidente dal racconto giovanneo? Abbiamo già accennato a come gli Evangelisti sostanzialmente concordino nel racconto della Passione: ma ad un esame più attento si nota la presenza di due tradizioni, una comune a Matteo e Marco, l altra seguita da Luca e Giovanni 60. La prima ha una struttura più semplice: in essa Pilato interroga Gesù e lo trova innocente dall accusa di regalità (l unica che gli possa interessare), ma decide di non irritare troppo la folla e affida Gesù ai soldati perché lo crocifiggano. Il governatore non appare affatto impaurito e cede alla folla solo quando capisce di non avere altra soluzione. La tradizione seguita da Luca e sviluppata poi da Giovanni presenta invece una struttura molto più complicata, con continui cambi di scena, giocata tra interni ed esterni. Pilato sviluppa nel suo animo un senso di inquietudine crescente e poi quasi di paura, di fronte a ciò che sfugge alla sua razionalità e si carica di valenza sacrale. Pilato a più riprese afferma l innocenza di Gesù e tenta in ogni modo di liberarlo, scontrandosi duramente con i Sacerdoti giudei. Da questa tradizione appare quindi un Pilato insicuro, timoroso di fronte alla folla e in evidente turbamento, ma nel contempo incapace di dare testimonianza alla Verità: un immagine del tutto diversa da quella che abbiamo di lui in Giuseppe Flavio e Filone d Alessandria. Forse non è estraneo a questo ritratto il tentativo della prima comunità cristiana di addossare la responsabilità della condanna di Gesù ai soli Ebrei e di sollevarne Pilato, al fine di evitare ogni pericoloso atteggiamento antiromano. Ma dallo svolgersi degli eventi e da quanto abbiamo finora detto su di lui, non è facile pensare ad un Pilato toccato nell intimo dall incontro con Gesù. Abbiamo già accennato a come l arresto del Nazareno possa essere avvenuto all interno di un 55 L abluzione della mani ricorda l antico uso ebraico testimoniato in Deut.21, Mt. 27, Gv. 19, Per l interpretazione del titulus, v. E.Innocenti-G. Vattuone, op. cit., p Mc 15, Mt 27, J.P. Lémonon, op. cit., pp

11 accordo tra Ebrei e Romani e come i rapporti tra Caifa e Pilato non fossero affatto tesi: ricordiamo che il Sommo Sacerdote rimase in carica per l intero mandato di Pilato e che già l episodio dei fondi del Tesoro utilizzati per la realizzazione dell acquedotto ci avesse fatto pensare ad un accordo tra i due. E nello specifico del processo a Gesù, dobbiamo ricordare che i governatori romani cercavano sempre di rispettare leggi e usanze specifiche delle provincie che amministravano, e quindi delegavano a tribunali locali la risoluzione di affari secondari, ma tenevano per sé l autorità giudiziaria suprema, soprattutto quando si dovessero comminare condanne a morte 61. Pilato probabilmente tollerava che il Sinedrio mantenesse le sue prerogative di somma autorità civile e religiosa, ma per esercitare il diritto di mettere a morte qualcuno era comunque necessario il beneplacito dell autorità romana. Se Pilato davvero avesse voluto, avrebbe potuto salvare Gesù, ma dai testi evangelici emerge chiaramente la sua pusillanimità. La figura di Pilato non scompare del tutto con il processo a Gesù e la letteratura leggendaria su di lui si sviluppa fino al pieno Medioevo ed è molto varia. Già i primi scrittori cristiani, quali Giustino e Tertulliano 62, fanno riferimento ad una relazione che Pilato avrebbe inviato a Tiberio sul processo a Gesù. In realtà il processo a Gesù non sembra aver rivestito subito una grande importanza all interno della provincia di Giudea. Probabilmente la redazione di un documento organico sulla figura di Pilato non nasce prima degli anni venti del IV secolo 63 : sono i cosiddetti Acta Pilati, redatti in greco e latino, che da questo momento si arricchiscono di una ricca aneddotica su di lui, in Oriente come in Occidente. Intorno alla figura di Pilato ruotano le Memorie di Nicodemo e quindi il Vangelo di Gamaliele 64 (di ambiente copto), dove la sua figura è ormai ritratta come quella di un santo; ma sopratutto il cosiddetto Ciclo di Pilato, che comprende le lettere tra Pilato ed Erode e tra Tiberio e Pilato, l Anàfora di Pilato, la Paradosi di Pilato, la Morte di Pilato che condannò Gesù, la Guarigione di Tiberio ed infine la Vendetta del Salvatore 65. In questi testi si arricchisce di mille particolari, verosimili o fantastici, il processo a Gesù e la sua condanna a morte, fortemente voluta dagli Ebrei; si narra tra l altro di una grave malattia che colpisce Tiberio, il quale ordina a Pilato di recare da lui quel famoso medico di nome Gesù. Il governatore è costretto ad ammettere che il Nazareno è stato crocifisso per la sua incapacità a difendersi dalle minacce degli Ebrei, ma Tiberio non ne accetta le giustificazioni: fatto venire Pilato a Roma, lo imprigiona in una caverna dove lo farà uccidere (o secondo altre versioni, dove si suicidò egli stesso). Gesù, però, perdona la pusillanimità di Pilato e dopo la sua morte lo accoglie in cielo, insieme alla moglie Claudia 66. Il primo accenno al tema del suicidio di Pilato è già in Eusebio di Cesarea 67, ma il tema verrà ampiamente sviluppato e ambientato in diversi luoghi, soprattutto nella città francese di Vienne 68. Dall esame dei testi possiamo notare come quelli occidentali differiscano notevolmente da quelli orientali: i primi infatti sembrano accanirsi maggiormente contro la figura di Pilato, che appare debole e irresoluto, vittima della perfidia dei Sacerdoti giudei, ma anche della propria viltà e quindi della giusta condanna da parte dell imperatore. I testi orientali, invece, lo raffigurano come un uomo buono, che credette in Gesù e affrontò il suo destino con le virtù di un santo, riprendendo suggerimenti e sensibilità già presenti nel vangelo di Giovanni. Ma le storie su Pilato non sono limitate al Medioevo: come non ricordare i suoi ritratti in opere quali Il procuratore della Giudea di A. France e Il maestro e Margherita di M. Bulgakov? 61 J.P. Lémonon, op. cit., p Iust., Apol. prima, 35,9 e 48,3; Tert., Apologeticum, 5,2 63 J.P. Lémonon, op. cit., p L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, 1971, pp e L. Moraldi, op.cit., pp Nella tradizione copta considerata una santa martire, al pari di Pilato; anche la Chiesa greca ne ricorda la memoria come Santa Procula il 27 Ottobre. 67 Euseb. Caesar., Hist. Eccl., II, E interessante ricordare come proprio questa città, l antica Colonia Julia Viennensis, fosse la stessa in cui nel 6 d.c. era stato esiliato l etnarca Archelao. Evidentemente la leggenda medievale lega il ricordo storico al luogo presunto del suicidio di Pilato. 11

12 Dopo averne ripercorso le vicende storiche e anche leggendarie, ritorniamo alla domanda con cui abbiamo aperto questo studio: chi era veramente Ponzio Pilato? Probabilmente si trattò di un buon militare, pronto ad ingraziarsi l imperatore e timoroso di non apparire all altezza del delicato compito che gli era stato affidato. Un governatore vigilante, attento ai minimi sospetti, niente affatto assetato di sangue o crudele, ma certo disposto quando necessario ad impiegare i suoi soldati con modi anche brutali. Egli vuole apparire come un uomo intransigente nei riguardi degli abitanti della provincia, ma questa sua intransigenza lo porta spesso a porsi in situazioni difficili, spesso cercate, da cui non è facile uscire: ricordiamo tra queste l episodio delle insegne o quello degli scudi dorati, il quale ultimo provoca un diretto intervento dell imperatore. E questo tornare su decisioni già prese deve essere stato molto difficile per il Nostro, che vi vedeva chiaramente una critica al proprio operato. Certamente Pilato non aveva un grande senso politico e non doveva avere affatto l attenzione di un Vitellio che seppe venire più volte incontro alla sensibilità degli Ebrei: non sembra mai far nulla per attirarsene la simpatia, ma nemmeno si comporta in modo da provocarli apertamente a non rispettare la Legge. Semplicemente li ignora: è del tutto indifferente alla specificità ebraica, ma non presenta neppure nei loro confronti un ostilità sistematica. Pilato voleva forse governare la Giudea come una qualunque altra provincia dell Impero e tutte le assurde richieste degli Ebrei gli sembrano solo un tentativo di limitare il legittimo potere di Roma. Ma se i suoi rapporti con il popolo ebraico sono difficili, migliori appaiono quelli con il Sinedrio e soprattutto con Caifa, il Sommo Sacerdote rimasto al potere per tutto il suo mandato in Giudea. E di questo rapporto di collaborazione abbiamo testimonianza nell episodio dell acquedotto e probabilmente anche nello svolgimento del processo a Gesù. Insomma, Pilato sembra un governatore fedele all imperatore, talvolta ottuso e poco aperto alle esigenze dei provinciali, ma la sua crudeltà e la sua avidità non sono state certo maggiori di quelle di molti altri governatori romani. E probabile, quindi, che quello di Pilato non sarebbe rimasto altro che uno dei tanti nomi di funzionari romani inviati nelle provincie dell Impero, se non avesse incontrato sulla sua strada Gesù di Nazareth. Non possiamo sapere se questo incontro gli abbia davvero cambiato la vita, e se davvero egli non abbia saputo o potuto salvarlo, ma certo lo fece entrare nella Storia assieme a Gesù. Riccardo M. De Paoli 12

13 Figura 1 Epigrafe Pilato Figura 2 Monete coniate sotto Ponzio Pilato 13