UNA VITA INTAGLIATA NELL ESSENZIALE

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1 UNA VITA INTAGLIATA NELL ESSENZIALE Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?". Gli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti". Gli chiese: "Quali?". Gesù rispose: "Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso". Il giovane gli disse: "Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?". Gli disse Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!". Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze (Mt 19,16-22). 1. Rapida esegesi del testo 1.1 Contesto Il racconto dell incontro di Gesù col giovane ricco è situato all interno di un insieme più vasto che è il viaggio che Gesù compie dalla Galilea a Gerusalemme. All inizio del capitolo 19, Matteo scrive che molte folle lo seguirono. Poco dopo il nostro brano, sarà Pietro stesso a rilevare come lui e gli altri discepoli hanno lasciato tutto per seguire Gesù 1. In fine, all uscita di Gerico, ossia sull ultimo tratto del percorso che conduce a Gerusalemme, vedremo i due ciechi guariti da Gesù porsi al suo seguito. Tutto il viaggio verso la città santa descritto nei capitoli 19 e 20 costituisce dunque al contempo un esempio e una metafora della sequela Christi. Lungo il percorso Matteo ci presenta una serie d incontri che tutti illustrano alcuni aspetti della sequela. Subito dopo le folle che Gesù guarisce, si avvicinano dei farisei che pongono a Gesù la famosa domanda sulla liceità del divorzio. A questa Gesù risponde con una breve catechesi sull indissolubilità del matrimonio e un altra sull essere eunuchi per il Regno: due vocazioni che nella loro radicalità sembrano impraticabili. In entrambi i casi, lo può capire soltanto colui al quale è dato sottinteso: da Dio. In realtà, soltanto l avvenuta presenza dei tempi messianici, in Gesù, giustifica simile radicalità. Un terzo incontro consente al lettore di capire meglio quanto precede: quello di Gesù con i bambini. Scopriamo così che il Regno di Dio è di quelli che sono simili a questi ultimi. Ora un affermazione di questo genere l abbiamo già udita altrove nel vangelo di Matteo: Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli (Mt 5,3). In merito scrive Alberto Mello, monaco di Bose, La benedizione dei bambini si tramuta dunque in una beatitudine dei bambini, e di quelli che vivono in condizioni di povertà paragonabili alla loro. Chi vive il matrimonio nel regime messianico dell indissolubilità, così come chi si è fatto eunuco per il regno, partecipa di questa beatitudine, che è una beatitudine di mitezza, di misericordia, di purezza di cuore e di pace Esegesi Entriamo adesso nel vivo del testo. Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?". Gli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti". La domanda che l uomo pone a Gesù potrebbe apparire banale: Cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?. In realtà fare ciò che è buono si riferisce alla pratica della Legge Mosaica, della Torà. Ed è proprio così che Gesù intende la domanda, alla quale risponde dopo aver precisato un dato 1 Cf. Mt 19,27. 2 A. MELLO, Evangelo secondo Matteo, Magnano 1995, p. 340.

2 fondamentale, ossia che, per la fede d Israele, il buono non è un ideale etico ma una persona: Dio. Gesù, con tutta la tradizione biblica, presenta l etica non come un assoluto a sé stante ma come il sentiero per entrare nella vita di Dio. Ora, la Torà contiene non meno di 613 precetti! Quali sono i più importanti o, per dirlo diversamente, quali riassumono tutta la Legge? Tale è probabilmente il significato della seconda domanda che l uomo rivolge a Gesù, in quanto è assai poco probabile che un ebreo osservante intenda tralasciare il benché minimo precetto della Torà. La risposta di Gesù è alquanto sorprendente: "Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, 19 onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso". In primo luogo, uno si aspetterebbe che citasse il primo comandamento! Invece Gesù si concentra esclusivamente sulla seconda delle tavole del Decalogo 3, quella che riguarda le relazioni umane. In secondo luogo sposta il comandamento di onorare i genitori 4. Infine aggiunge un comandamento che non appartiene alle Dieci Parole, ma proviene dal libro del Levitico (Lv 19,18). In realtà, che Gesù sottolinei la dimensione sociale della Legge, è proprio nella linea della teologia di Matteo. Al cap. 25, nel giudizio finale, il re non interrogherà i presenti sulla loro fede bensì sul loro agire: Avevo fame, avevo sete, ero nudo, ammalato, in carcere Hai avuto cura di me oppure no?. I quattro comandamenti negativi "Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso che riguardano la vita, la moglie o il marito, i beni e l onore del prossimo, e il comandamento di onorare il padre e la madre costituiscono una sorta di compendio dei doveri di giustizia senza i quali non vi è convivenza civile possibile. La giustizia è la base dalla quale non si può mai prescindere. Con l ultimo, il comandamento dell amore, Gesù invita l uomo ad andare oltre la giustizia per entrare nella logica del Regno. La risposta dell uomo di cui si scopre che è giovane è alquanto disarmante di semplicità: Tutte queste cose le ho osservate. Si tratta di un uomo dabbene, un pio ebreo osservante e giusto, che ama il prossimo come se stesso! Ha tutto: i beni materiali e la rettitudine morale, eppure sente che qualcosa gli manca e lo dice: Di che cosa sono ancora privo? La risposta di Gesù è immediata e categorica: Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi! Non mi addentro nella spinosa questione dei consigli evangelici e della fondazione o meno da parte di Gesù della vita consacrata 5 per concentrarmi su un particolare molto importante. Se vuoi essere perfetto. Abbiamo già sentito nel vangelo di Mt questo invito alla perfezione. Si trova anch esso nel discorso della montagna, in Mt 5,48, a conclusione di una serie di antitesi che oppongono l interpretazione che gli antichi davano della Legge al suo compimento 6 messianico in Gesù: Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Bisognerebbe riprendere passo dopo passo tutto il capitolo 5: Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai;chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio [ ] Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore [ ] 3 Es 20,12-16; cf. Dt 5, Il motivo di tale spostamento non è chiaro. Forse intende ridimensionarne l importanza? Nei vangeli Gesù appare singolarmente critico verso l istituzione familiare. 5 Ecco quanto scrive P. Simon Légasse: Non si può leggere nella pericope [ ] il racconto dell istituzione del monachesimo da parte di Gesù, e neppure una teologia dei consigli evangelici. Tuttavia vi vediamo legittimamente uno dei fondamenti scritturistici di ciò che sarà più tardi lo stato religioso (S. LÉGASSE, L appel du riche. Contribution à l étude des fondements scripturaires de l état religieux, Paris 1966, p. 249). 6 Cf. Mt 5,17.

3 Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti". Ma io vi dico: non giurate affatto [ ] Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no" [ ] Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio [ ] Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici Avrete tutti notato che l elenco dei comandamenti fatto da Gesù come risposta alla prima domanda del giovane riprende quello del capitolo 5, con l aggiunta del non rubare. Si tratta dunque per questo giovane (e per noi) di entrare nel compimento della Legge, compimento che Gesù è, e dunque di seguirlo. Di per sé, la vendita dei suoi beni da parte del giovane e l offerta dei proventi ai poveri non fanno parte della sequela Christi. Ne sono soltanto la condizione previa per questo uomo in carne ed ossa. Questo punto è importante. A tutti Gesù rivolge l invito a seguirlo. A tutti chiede di entrare nel compimento della Legge, ossia di amare come ama il Padre o, per dirlo diversamente, di entrare nella sua obbedienza filiale. Se a tutti chiede il distacco sereno e fiducioso, non a tutti pone come condizione preliminare l abbandono dei propri beni basta ricordarsi di Zaccheo!. Similmente, se a tutti chiede di vivere un rapporto casto con le persone (e con le cose), non a tutti chiede di seguirlo nel celibato. L invito che Gesù rivolge a questo giovane ricco non è casuale. In effetti: Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze. Gesù ha percepito che questo giovane quasi perfetto viveva in una sottile ma nondimeno distruttiva idolatria del possesso. Con la sua parola Gesù ha messo questo uomo in libertà, in condizione, cioè, di scegliere tra la schiavitù dalle cose e la libertà evangelica. Conosciamo il seguito, l amara constatazione di Gesù: In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio (Mt 19,23-24), e la promessa del centuplo e della vita eterna a quanti avranno lasciato tutto a causa del suo Nome. 2. Attualizzazione Prima di tentare un attualizzazione del testo evangelico, devo fare una premessa. Il lasciare tutto per seguire Gesù non avviene solamente il giorno dell entrata in noviziato, oppure il giorno dei voti. Come il sì degli sposi, pronunciato il giorno del matrimonio, va rinnovato giorno dopo giorno tutti i giorni della loro vita, similmente il nostro sì a seguire Gesù povero, casto e obbediente va ripetuto ogni giorno della nostra vita. La questione della povertà è complessa. Dalla stragrande maggioranza dei poveri essa non è scelta ma subita, mentre noi, consacrati, la scegliamo. É al contempo un male da combattere e una beatitudine da custodire. Inoltre la scelta individuale della povertà per il Regno non implica necessariamente la povertà comunitaria, e questo può creare non poche tensioni! Pensiamo, ad esempio, a come avvenne la seconda vocazione di Madre Teresa di Calcutta, la quale come sappiamo era già suora, oppure ricordiamo la decisione di Charles de Foucauld di lasciare la Trappa di Akbès, in Siria, la più misera di tutte le abbazie trappiste di allora, perché, diceva all abate, non siamo poveri. Non pretendo in pochi minuti fare chiarezza su questo assunto ma vorrei cominciare a sbrogliare la matassa seguendo tre filoni: la povertà come ingiustizia; la povertà come scelta etica e politica; la povertà come beatitudine profetica. 2.1 La povertà come ingiustizia Nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace del 2009, intitolato: Combattere la povertà, costruire la pace, papa Benedetto offriva ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà una riflessione sul tema della povertà come ingiustizia e, di conseguenza, fattore di instabilità e causa di

4 conflitti. Scriveva: La povertà risulta sovente tra i fattori che favoriscono o aggravano i conflitti, anche armati. A loro volta, questi ultimi alimentano tragiche situazioni di povertà. Aggiungeva, citando il suo predecessore, papa Giovanni Paolo II: Molte persone, anzi, intere popolazioni vivono oggi in condizioni di estrema povertà. La disparità tra ricchi e poveri s'è fatta più evidente, anche nelle nazioni economicamente più sviluppate. Si tratta di un problema che s'impone alla coscienza dell'umanità, giacché le condizioni in cui versa un gran numero di persone sono tali da offenderne la nativa dignità e da compromettere, conseguentemente, l'autentico ed armonico progresso della comunità mondiale. Il papa rilevava, tra altre cose, che la povertà non è soltanto economica ma che è altresì culturale, morale, relazionale. E qui ci sarebbe molto da dire sulla tremenda povertà delle nostre società ricche! È fuor di dubbio che qualunque forma di ingiustizia va combattuta. Se torniamo alla storia del giovane ricco, vediamo che prima di tutto Gesù lo invita a vivere secondo giustizia. In secondo luogo lo invita ad amare il prossimo come se stesso e come posso dire di amare il prossimo se lo lascio crepare di miseria e di solitudine? Infine lo invita a vendere i suoi beni per condividerne i proventi con i poveri. Oggi si proporrebbe al giovane proprietario terriero di trasformare i suoi possedimenti in cooperativa agricola La generosità richiede pure intelligenza, capacità di cogliere i segni dei tempi. È chiaro che tutti devono poter mangiare a sazietà e avere accesso all acqua potabile. (Sappiamo che le guerre del futuro saranno guerre per l acqua!). È necessario che tutti possano lavorare onestamente, che tutti possano imparare a leggere e a scrivere, che tutti abbiano accesso alla cultura ecc. E dobbiamo noi adoperarci perché ciò avvenga. Su queste cose di base, non ci sono dubbi, perché si tratta di uscire dalla miseria, cioè da tutte le forme degradanti di povertà. Invece sorgono seri dubbi sul di più. Davvero è opportuno che tutte le famiglie del pianeta abbiano una macchina, o due, o tre? Un computer, o due, o tre? Una televisione in ogni camera? Che facciano la spesa al supermercato? Che partano in vacanza alle Maldive (prima che queste scompaiano sotto le acque dell oceano)? No, non lo è, e per due motivi: il primo, perché il nostro pianeta non è in grado di sostenere questo tipo di sviluppo; il secondo, perché non mi sembra molto rallegrante la prospettiva di trasformare la popolazione mondiale in una consorteria di piccoli borghesi. Apro qui una parentesi. Quando, trenta anni fa, conobbi la Calabria e la Sicilia, rimasi sconvolto dal senso dell accoglienza della gente. E più era povera e più era accogliente. Poi ho visto ingrandirsi le marine, crescere i palazzi, ampliarsi gli appartamenti, diminuire il numero dei figli, aumentare il numero delle macchine e dei televisori e oggi, alla faccia della tradizionale accoglienza meridionale, Rosarno caccia gli immigrati sulla pelle dei quali ha costruito la propria ricchezza (o, per essere più preciso, sulla pelle dei quali i proprietari terrieri più o meno massoni, più o meno ndranghetisti, hanno ammassato il mammone dell iniquità). Ma chi siamo noi per decidere che gli altri non devono raggiungere il nostro livello di consumo? Lo potremo fare in tutta onesta se abbracceremo veramente la povertà evangelica. E qui incontriamo il secondo punto: 2.2 La povertà come scelta etica e politica Nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace di questo anno, papa Benedetto scrive: Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti a adottare nuovi stili di vita 7 «nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli 7 Riguardo a questi nuovi stili di vita, il sito di Giovani e Missione, del PP. Comboniani, offre una interessante riflessione con tante indicazioni concrete:

5 investimenti». Sempre più si deve educare a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello personale, familiare, comunitario e politico. Questi nuovi stili di vita hanno per cardini i concetti di solidarietà, di condivisione e di sobrietà 8. Cosicché la povertà, in quanto scelta, è uno dei mezzi per fare giustizia a quanti subiscono povertà, e comunque il mezzo alla portata di tutti. Dicevo poco anzi che uno dei nodi irrisolti della vita consacrata è il rapporto tra povertà individuale e povertà comunitaria, o, se preferiamo, sobrietà individuale e sobrietà comunitaria. Ora, noi, cosa stiamo facendo per cambiare mentalità secondo l invito del papa? I nostri consumi, ad esempio Adoperiamo la bicicletta piuttosto che la macchina per gli spostamenti a corto raggio? Limitiamo il consumo di carne, specialmente bovina, in quanto gli allevamenti industriali costituiscono una delle cause maggiori di produzione di gas a effetto serra? Abbiamo rinunciato, par quanto possibile, ad utilizzare buste, piatti e bicchieri di plastica? Oggetti che poi ritroveremo nelle nostre fiumare e sulle nostre spiagge, oppure nella pancia di un delfino morto di fame o annegato Sappiamo essere critici nelle nostre scelte di acquisto? Evitiamo di comprare prodotti che sono il frutto dello sfruttamento di piccoli contadini del Terzo Mondo? Potremmo moltiplicare gli esempi a dismisura per non dire nulla dell uso dei nostri risparmi e delle nostre scelte di investimento Ci interroghiamo sull uso che le banche fanno del nostro denaro? I nostri risparmi finanziano imprese etiche oppure no? Questo non è il luogo per approfondire tali tematiche ma sappiamo che non possiamo più esimerci da un serio esame di coscienza personale e comunitario in merito. La vocazione del consacrato nella chiesa è quella di ogni battezzato, ossia di essere per Cristo, con Cristo e in Cristo, re, sacerdote e profeta, secondo quelle particolari modalità che sono l obbedienza a una regola e a un superiore, il celibato e la povertà per il Regno. Siamo chiamati ad esercitare la nostra regalità con una cura amorevole, una custodia vigilante e solidale della sorte dei nostri fratelli e sorelle specialmente i più piccoli e dell insieme del creato. Siamo chiamati ad esercitare il nostro sacerdozio nella supplica ardente per tutte le situazioni d ingiustizia, nell intercessione per quanti s impegnano nella costruzione del Regno, nella lode per tutti i piccoli (e grandi) della terra che sanno condividere. Siamo chiamati ad essere profeti, cioè annunciatori e creatori di bellezza, di verità, di bontà. E questo c introduce all ultimo punto della meditazione: 2.3 La povertà come beatitudine profetica In fin dei conti, mi sembra che stia proprio qui lo specifico della nostra vocazione alla povertà per il Regno: Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno dei cieli Poveri, cioè sobri, essenziali, spogliati di tutto quel che ingombra; in altri termini: liberi per poter seguire speditamente il Maestro. Poveri, come Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per [noi], perché [noi diventassimo] ricchi per mezzo della sua povertà (2Co 8,9). Poveri, cioè profeti di un altro mondo possibile, di una anticipazione di certo imperfetta ma nondimeno reale del Regno di pace e di giustizia. E poi, lieti di questa povertà, perché Cristo dichiara beati i poveri. È lui il Povero, e noi siamo le sue membra Lieti, perché siamo amati e che vogliamo condividere questa gioia e quest amore con tutti. Davvero, le nostre vite sono intagliate nell essenziale! Frédéric, eremo Sant Ilarione 8 Alcuni anni orsono, Enrico Chiavacci, allora presidente dell associazione dei teologi morali italiani, aveva riassunto tutta la dottrina sociale della chiesa in due precetti: Non cercare di arricchirti; se hai, hai per dare.

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