La speranza dell uomo

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1 Ellen G. White La speranza dell uomo Edizioni ADV

2 Titolo originale dell opera: The Desire of ages Traduzione dall inglese: Franco Santini Revisione: Alessandra Olivucci Grafica: Valeria Cesarale Sesta edizione: copie N.B. La numerazione fra parentesi delle pagine si riferisce all edizione originale inglese, ed è stata inserita per facilitare la ricerca dei brani desiderati partendo dall indice generale degli scritti di E.G. White. Salvo diversa indicazione, tutti i versetti biblici sono citati secondo la versione Riveduta, a cura di Giovanni Luzzi. Copyright originale: 1940, by Pacific Press Publishing Association ISBN Per l edizione italiana: 1998 tutti i diritti riservati alle Edizioni ADV Via Chiantigiana, 30 - Falciani Impruneta FI La riproduzione in qualsiasi forma, intera o parziale, è vietata in italiano e in ogni altra lingua. I diritti sono riservati in tutto il mondo. In copertina: Gesù benedice i bambini di Francisco Pacheco

3 Prefazione La speranza dell uomoè una di quelle opere che possono essere riproposte a distanza di anni, senza per questo perdere il loro carattere di attualità, almeno fino a quando la figura, la personalità e l opera di Gesù rappresenteranno un punto di passaggio obbligato per la vita di coloro che dicono di ispirarsi a lui. Assumendone il nome, i cristiani si assumono anche il compito di non tradirne l ispirazione, salvo che il cristianesimo non si trasformi in una parola priva di sostanza. Ma, per evitare che questo accada, è necessario che ogni cristiano rimanga strettamente ancorato agli scritti che rendono testimonianza di Gesù. Credo questo libro si distingua per la sua assoluta fedeltà allo spirito e alla lettera dei testi evangelici, che rimangono comunque la fonte unica e insostituibile per la nostra conoscenza di Gesù di Nazareth. L autrice, Ellen G. White, è vissuta negli Stati Uniti, tra la fine del secolo scorso e gli inizi del XX. È stato un personaggio di spicco del movimento avventista delle origini. Con una sensibilità e una spiritualità particolari ne fu ispiratrice e guida. A lei la Chiesa Cristiana Avventista del 7 Giorno, che si sviluppò e organizzò nella seconda parte del XIX secolo, deve senza dubbio moltissimo. Una donna come le altre, in un secolo che non fu il secolo delle donne. Non istruita, non ricca, non sempre in buona salute, grazie al sostegno di Dio, in cui credeva intensamente, poté essere accolta in una società essenzialmente egemonizzata da uomini, svolgere un attività intensissima di organizzazione, predicazione e, non ultima, di composizione letteraria. Scrisse moltissimo, nonostante un certo rammarico per non aver potuto istruirsi, per non avere alcun titolo di studio, e La speranza dell uomoè certamente uno dei suoi scritti migliori. Nel 1891 Ellen partiva dalla California per l Australia, dove era stata chiamata per contribuire allo sviluppo dell opera avventista in quel lontano paese. Fra i suoi progetti c era anche quello di portare a termine un lavoro, già iniziato, sulla vita di Gesù Cristo. A partire da una serie di commenti sparsi qua e là in articoli, lettere o predicazioni, si proponeva di dar vita a un opera organica. Il lavoro si protrasse più a lungo del previsto, perché le esigenze di tipo pratico e contingente molto spesso presero il sopravvento ma, con l aiuto dell amica e segretaria Marian Davis, tutto il lavoro 5

4 Prefazione già compiuto venne ripreso con pazienza per essere perfezionato, migliorato e ampliato là dove si riscontravano importanti lacune. Una lunga malattia, che la costrinse a letto per tutto l inverno del 1892, le consentì, paradossalmente di portare avanti l opera in modo decisivo. In una lettera di quell anno, descriveva molto bene lo stato d animo di preoccupazione mista a trepidazione, per il difficile compito che si era assunta: «Oh come mi sento incapace di esprimere le idee che bruciano nel mio animo! Cammino tremante davanti a Dio. Non so come descrivere con la penna il grande sacrificio espiatorio. Non so come presentare i soggetti con quella forza e quella vivacità con cui si presentano davanti a me. Tremo per il timore di sminuire il valore del grande piano della salvezza usando parole banali... Chi è in grado di farlo?». Finalmente, dopo un lavoro estremamente accurato, compiuto sempre nella consapevolezza di non poterlo svolgere senza il sostegno divino, nel 1898 l opera veniva data alle stampe. Ma, due anni dopo, un altro scritto dedicato alla spiegazione delle parabole di Gesù, veniva a completare realmente il progetto. Perché - è legittimo chiedersi - tra le molteplici vite di Gesù scritte nell arco dei secoli passati e soprattutto nel nostro, scegliere di accostarsi proprio a quest opera, che non gode certo di fama indiscussa? E, inoltre, uno scritto ottocentesco è ancora leggibile oggi? Precisiamo che l opera di Ellen G. White si situa tra il puro e semplice testo dei Vangeli e quelle vite di Gesù originate dalla ricerca teologica volta a rintracciare il Gesù della storia a partire dal Cristo della fede, cioè dalla presentazione fideisticamente orientata che ce ne darebbero i testi evangelici. La nostra autrice non condivide il metodo storico-critico, non ne condivide l approccio sostanzialmente scettico che rischia di incrinare la fiducia del credente nelle narrazioni che testimoniano della sua presenza oggettiva nella storia umana. Sappiamo che la ricerca storico-critica ha svolto senza dubbio una funzione di approfondimento dei testi, senza però potere approdare a conclusioni definitive e tornando, dopo un lungo percorso, a una sostanziale fiducia nella possibilità di rintracciare il vero volto del Cristo a partire dai resoconti evangelici. Oggi sappiamo distinguere, con una certa precisione, le parole e i fatti che recano un marchio di sicura originalità dai testi che hanno subito l intervento della prospettiva comunitaria con le sue problematiche e le sue esigenze. Ma credo sia essenziale mantenere sempre il contatto con la concretezza della persona di Gesù di Nazareth, punto di partenza indiscutibile della produzione letteraria di tutto il Nuovo Testamento. Se così non fosse la fede cristiana, 6

5 Prefazione priva di ancoraggi certi con la storia, rischierebbe di scivolare nel mito. Ellen G. White individuò saggiamente il pericolo e volle rendere la propria testimonianza alla vicenda umana di Gesù scrivendo La speranza dell uomo, un commento accessibile a tutti, ma non semplicistico, capace di chiarire passi difficili e da cui trarre lezioni sempre attuali, per quei cristiani che vivono ormai a grande distanza di tempo dall evento centrale della storia. È consigliabile una lettura attenta del testo, avendo sempre accanto la propria Bibbia, per poter constatare di volta in volta il punto di partenza della riflessione di Ellen G. White e la sua fedeltà indiscussa alle fonti evangeliche. Certamente ognuno potrà trarre grandi benefici spirituali da questa lettura. La fede personale sarà alimentata non solo dal contatto benefico con un animo ricco di spiritualità, ma da una comprensione più consapevole delle parole e dei gesti di Gesù che quest opera è in grado di veicolare. E alla fine sentiremo il desiderio di condividere questo pensiero espresso da Ellen G. White in una lettera scritta nel 1895: «Voi sapete che l argomento di tutta la mia vita, sia sul pulpito sia in privato, per voce e per scritto, è la vita del Cristo». Le Edizioni ADV 7

6 Capitolo 1 «Dio con noi» «Sarà posto nome Emmanuele Iddio con noi» (Matteo 1:23). «La luce della conoscenza della gloria di Dio» è vista «nel volto di Gesù Cristo» (2 Corinzi 4:6). Fin dall antichità il Signore Gesù era uno con il Padre; era «l immagine dell invisibile Iddio», l immagine della sua grandezza e maestà, «lo splendore della sua gloria» (Ebrei 1:3). Per manifestarla, egli venne in questo mondo; venne per rivelare a questa terra, immersa nelle tenebre del peccato, la luce dell amore di Dio; per essere «Dio con noi». Per questo la profezia aveva detto di lui: «Sarà chiamato Emmanuele». Venendo a vivere con noi, Gesù avrebbe rivelato Dio agli uomini e agli angeli. Egli era la Parola di Dio, il pensiero dell essere supremo reso intellegibile. Nella preghiera per i discepoli, egli dirà: «Io ho manifestato il tuo nome agli uomini» (Giovanni 17:6). «L Iddio misericordioso e pietoso, lento all ira, ricco in benignità e fedeltà» (Esodo 34:6). «Ed io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l amore del quale tu m hai amato sia in loro, e io in loro» (Giovanni 17:26). Ma questa rivelazione non era diretta solo alle creature della terra. Il nostro piccolo mondo è il libro di testo dell universo. Il piano meraviglioso della grazia di Dio, il mistero dell amore redentore sono il tema in cui «gli angeli desiderano riguardare bene addentro» (1 Pietro 1:12); esso sarà il loro soggetto di studio per tutta l eternità. Gli esseri redenti, insieme con quelli che non hanno mai peccato, troveranno nella croce del Cristo il loro soggetto di studio e il loro motivo di gioia. Si vedrà che la gloria che brilla sul volto di Gesù è quella dell amore che si sacrifica. Il Calvario insegna che l amore, pronto alla rinuncia, è la legge di vita della terra e del cielo; che l amore il quale «non cerca il proprio interesse» (1 Corinzi 13:5) ha la sua fonte nel cuore di Dio, e che il Maestro umile e mansueto manifesta il carattere di colui che vive nella luce e che nessun uomo può vedere. Nel principio, tutte le cose create erano una rivelazione di Dio. Il Cristo ha disteso i cieli e ha posto le fondamenta della terra. La sua mano ha collocato i mondi nello spazio e ha formato i fiori dei campi. «Egli con la sua potenza rende stabili i monti»; «Suo è il mare perch egli l ha fatto» (Salmo 65:6; 95:5). Grazie al Cristo la terra si è riempita di bellezza e il 8 (19-20)

7 «Dio con noi» cielo di canti. Su tutte le cose, in terra e in cielo, egli ha scritto il messaggio dell amore del Padre. Sebbene il peccato abbia alterato l opera perfetta di Dio, quel messaggio rimane vivo. Tuttora il creato proclama la gloria della sua magnificenza. Nulla, eccetto il cuore egoistico dell uomo, vive solo per sé. Né l uccello che fende l aria, né l animale che si muove sul terreno: tutti si rendono utili ad altre vite. Non vi è foglia della foresta o umile filo d erba che non svolga il suo compito. Ogni albero, arbusto o foglia elabora e trasmette quegli elementi di vita senza i quali non potrebbero sussistere né uomini né animali. Questi, a loro volta, contribuiscono alla vita degli alberi, degli arbusti e delle foglie. I fiori emanano il loro profumo e offrono la loro bellezza in benedizione per il mondo. Il sole diffonde la sua luce e allieta i mondi; l oceano, fonte di tutte le nostre sorgenti, riceve i corsi d acqua da ogni terra; ma prende per dare. Il vapore acqueo ricade sotto forma di pioggia sulla terra per renderla fertile. Gli angeli gloriosi provano gioia nel dare; offrono amore e instancabile servizio agli uomini dall anima decaduta ed empia. Le creature del cielo fanno appello al cuore umano; portano in questo mondo oscuro la luce del cielo; con un servizio amorevole e paziente, operano per condurre le anime perdute alla comunione con il Cristo, il quale è più vicino a loro di quanto non se ne rendano conto. Ma oltre a queste manifestazioni minori, noi possiamo contemplare Dio nella persona di Gesù. Guardandolo, scorgiamo la gloria del Padre. Il Cristo ha detto: «Non fo nulla da me». «Il vivente Padre mi ha mandato e io vivo a cagion del Padre». «Io non cerco la mia gloria», ma «la gloria di colui che l ha mandato» (Giovanni 8:28; 6:57; 8:50; 7:18). In queste parole è espresso il grande principio che è la legge di vita dell universo. Il Cristo ha ricevuto tutto da Dio; ma ha preso per dare. Come nel cielo, così è nel suo ministero verso tutte le creature. Tramite il diletto Figliuolo, la vita del Padre si riversa su tutti; sempre per mezzo suo, essa ritorna in un servizio traboccante di lode e di gioia, simile a una grande corrente d amore, fino alla sorgente di tutte le cose. Così, attraverso il Cristo, si completa il circolo del bene, manifestazione del carattere del grande Donatore, espressione della legge della vita. Questa legge venne infranta nel cielo stesso. Il peccato è nato dall egoismo. Lucifero, il cherubino protettore, desiderò essere il primo in cielo. Cercò di ottenere il controllo degli angeli, di allontanarli dal Creatore, di accaparrarsi la loro considerazione. Perciò calunniò Dio, addossandogli il desiderio dell esaltazione di sé; cercò di attribuire all amore- (20-21) 9

8 Capitolo 1 vole Creatore le proprie caratteristiche malvage. In questo modo ingannò gli angeli e poi gli uomini che indusse a dubitare della Parola di Dio e a diffidare della sua bontà. Siccome Dio è giusto e grande in maestà, Satana lo dipinse ai loro occhi come severo e spietato. Nello stesso modo trascinò gli uomini a unirsi a lui nella ribellione contro Dio, e una notte di dolore scese sul mondo. La terra era nelle tenebre perché non comprendeva Dio. Perché le cupe ombre fossero rischiarate e il mondo si riconciliasse con Dio, occorreva che la potenza ingannatrice di Satana fosse infranta. Ma ciò non poteva avvenire con la forza. L uso della forza è contrario ai princìpi del governo di Dio, il quale accetta solo un servizio d amore; e questo non può essere imposto; non può venir conquistato con la forza o con l autorità. Solo l amore suscita amore. Conoscere Dio significa amarlo. Si doveva manifestare il suo carattere che è l opposto di quello di Satana: un solo essere in tutto l universo avrebbe potuto farlo. Solo colui che conosceva la profondità e l altezza dell amore di Dio avrebbe potuto farlo conoscere. Allora sull oscura notte del mondo sarebbe sorto il Sole di giustizia. «Ma per voi che temete il mio nome si leverà il sole della giustizia, e la guarigione sarà nelle sue ali» (Malachia 4:2). Il piano per la nostra redenzione non fu un ripiego, concepito dopo la caduta di Adamo. Esso è la rivelazione «del ministero che fu tenuto occulto fin dai tempi più remoti» (Romani 16:25), la manifestazione dei princìpi che sono alla base del governo di Dio sin dall eternità. Fin dal principio, il Padre e il Figlio sapevano che si sarebbe verificata l apostasia di Satana e la caduta dell uomo a causa delle sue tentazioni e dei suoi inganni. Dio non aveva voluto l esistenza del peccato, ma in anticipo aveva previsto i mezzi per affrontare questa terribile situazione di emergenza. Era così grande il suo amore per il mondo, che egli offrì il suo unico Figlio, «affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Giovanni 3:16). Lucifero aveva detto: «Io salirò in cielo, eleverò il mio trono al disopra delle stelle di Dio sarò simile all Altissimo» (Isaia 14:13,14). Invece il Cristo «essendo in forma di Dio non riputò rapina l essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini» (Filippesi 2:6,7). Si trattò di un sacrificio volontario. Gesù sarebbe potuto rimanere con il Padre, conservando la gloria del cielo e l omaggio degli angeli. Ma scelse di rimettere lo scettro nelle mani di Dio, di scendere dal trono dell universo per diffondere la luce fra coloro che vivevano nelle tenebre e assicurare la vita a quelli che morivano. 10 (22)

9 «Dio con noi» Circa duemila anni fa si udì in cielo, dal trono di Dio, una dichiarazione dal contenuto misterioso: «Ecco, io vengo». «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo Ecco, io vengo (nel rotolo del libro è scritto di me) per fare, o Dio, la tua volontà» (Ebrei 10:5-7). In queste parole si annuncia l adempimento del piano che era stato previsto fin dall eternità. Il Cristo stava per venire nel nostro mondo, per incarnarsi. Egli dice: «Mi hai preparato un corpo» (v. 5). Se fosse apparso con la gloria che aveva prima dell esistenza del mondo, non avremmo potuto sopportare la luce della sua presenza. La manifestazione della sua gloria fu velata, perché potessimo contemplarla senza esserne annientati. La sua divinità fu velata dall umanità, la gloria invisibile nella forma umana visibile. Questo grande piano era stato rivelato in parte mediante tipi e simboli. Il pruno ardente, nel quale il Cristo apparve a Mosè, rivelava Dio. Come simbolo della divinità fu scelto un semplice arbusto privo di attrattive. Esso simboleggiava l Infinito. Dio misericordioso manifestò la sua gloria con uno dei simboli più modesti affinché Mosè potesse guardarla e vivere. Dio comunicò con Israele, facendo conoscere la sua volontà e infondendo la sua grazia, con la nuvola di giorno e la colonna di fuoco la notte. La gloria di Dio fu attenuata e la sua maestà velata, affinché l uomo potesse contemplarla. Così il Cristo venne nel «corpo della nostra umiliazione», «divenendo simile agli uomini» (Filippesi 3:21; 2:7). Per il mondo non aveva attrattive tali da suscitare ammirazione; tuttavia era Dio incarnato, la luce del cielo sulla terra. La sua gloria fu velata, la sua grandezza e maestà nascoste, perché potesse avvicinarsi all uomo tentato e infelice. Dio ordinò agli israeliti: «E mi facciano un santuario perch io abiti in mezzo a loro» (Esodo 25:8). Egli abitò nel santuario, in mezzo al suo popolo. Il simbolo della sua presenza fu sempre con i suoi, durante tutte le loro peregrinazioni nel deserto. Così il Cristo vive in mezzo agli uomini. Pianta la sua tenda accanto alle nostre, per stare con noi e farci conoscere il suo carattere e la sua vita. «E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiam contemplata la sua gloria, gloria come quella dell Unigenito venuto da presso al Padre» (Giovanni 1:14). Poiché Gesù è venuto a vivere con noi, noi sappiamo che Dio conosce le nostre lotte e simpatizza con i nostri dolori. Tutti, figli e figlie di Adamo, possono capire che il nostro Creatore è l amico dei peccatori. In ogni insegnamento della grazia, in ogni promessa di felicità, in ogni atto (23-24) 11

10 Capitolo 1 di amore, in ogni aspetto della vita del Salvatore su questa terra possiamo infatti scorgere «Dio con noi». Satana presenta la legge d amore di Dio come una legge di egoismo. Afferma che per noi è impossibile ubbidire ai suoi comandamenti. Attribuisce la caduta dei nostri progenitori, con tutte le sofferenze che ne sono scaturite, al Creatore e convince gli uomini a considerare Dio come l autore del peccato, della sofferenza e della morte. Gesù doveva svelare quest inganno; doveva dare, come uomo, un esempio di ubbidienza. Per questo assunse la nostra natura e passò attraverso le nostre esperienze. «Laonde egli doveva esser fatto in ogni cosa simile ai suoi fratelli» (Ebrei 2:17). Se dovessimo sopportare qualche prova che il Cristo non ha sopportato, allora Satana direbbe che su questo punto la potenza di Dio è insufficiente per noi. Ma il Cristo «in ogni cosa è stato tentato come noi» (4:15). Egli sopportò tutte le prove alle quali noi siamo esposti. Non si servì di alcun potere che non sia stato liberamente concesso anche a noi. Fu tentato come uomo, e vinse con la forza ricevuta da Dio. Gesù afferma: «Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà, e la tua legge è dentro al mio cuore» (Salmo 40:8). Quando andava da un villaggio a un altro facendo del bene, guarendo tutti quelli che erano tormentati da Satana, egli manifestò agli uomini la natura della legge di Dio e il tipo di servizio che stava compiendo. La sua vita attesta che anche per noi è possibile ubbidire alla legge divina. Con la sua umanità il Cristo si è unito agli uomini, mentre con la sua divinità siede sul trono di Dio. Come Figlio dell uomo ci ha dato un esempio di ubbidienza; come Figlio di Dio ci rende capaci di ubbidire. Fu il Cristo a parlare a Mosè dal roveto del monte Horeb e a dire: «Io sono quegli che sono Dirai così ai figliuoli d Israele: L Io sono m ha mandato da voi» (Esodo 3:14). Questa era la garanzia della liberazione d Israele. Così, quando egli venne «simile agli uomini», si presentò come l Io sono. Il bambino di Betlemme, il mansueto e umile Salvatore è Dio «manifestato in carne» (1 Timoteo 3:16). A noi dice: «Io sono il buon pastore». «Io sono il pane vivente». «Io son la via, la verità e la vita». «Ogni potestà m è stata data in cielo e sulla terra» (Giovanni 10:11; 6:51; 14:6; Matteo 28:18). Io sono la certezza di ogni promessa. Non abbiate paura. Io sono. «Dio con noi» è la garanzia della nostra liberazione dal peccato, la certezza che possiamo ubbidire alla legge del cielo. Abbassandosi per diventare uomo, il Cristo ha manifestato un carattere opposto a quello di Satana. Ma egli scese ancora di più verso il sentiero dell umiliazione. «Ed essendo trovato nell esteriore come un uomo, 12 (24-25)

11 «Dio con noi» abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce» (Filippesi 2:8). Come il sommo sacerdote deponeva i suoi splendidi paramenti e officiava con la veste di lino bianco come un semplice sacerdote, così il Cristo ha preso la forma di un servo e ha offerto un sacrificio in cui è sacerdote e vittima insieme. «Ma egli è stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiam pace, è stato su lui» (Isaia 53:5). Gesù è stato trattato come noi meritiamo, affinché possiamo ricevere il trattamento che egli merita. Egli è stato condannato per i nostri peccati, senza avervi partecipato, affinché potessimo ottenere la giustificazione in virtù della sua giustizia, senza avervi preso parte. Egli subì la morte che era nostra, affinché potessimo ricevere la vita che era sua. «E per le sue lividure noi abbiamo avuto guarigione» (v. 5). Con la sua vita e con la sua morte, il Cristo ha più che rimediato al danno prodotto dal peccato. L obiettivo di Satana era creare una separazione eterna fra Dio e l uomo; ma in Cristo noi possiamo unirci a Dio più intimamente di come avremmo potuto fare se non fossimo mai caduti. Prendendo la nostra natura, il Salvatore ha attratto a sé l umanità con un legame che non potrà mai essere infranto. Per tutta l eternità rimarrà unito a noi. «Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo» (Giovanni 3:16). Egli lo ha scelto non soltanto per portare i nostri peccati e per morire come nostro sacrificio, ma lo ha offerto alla stirpe umana decaduta. Dio ha dato il suo unigenito Figliuolo come prova della sua immutabile intenzione riconciliatrice, per farlo entrare nella famiglia umana e fargli conservare in eterno la natura umana. È questa la garanzia che Dio adempirà la sua Parola. «Poiché un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato, e l imperio riposerà sulle sue spalle» (Isaia 9:5). Dio ha adottato la natura umana nella persona del Figlio e l ha portata in cielo. È il «Figliuolo dell uomo» che condivide il trono dell universo. È lui che sarà chiamato «Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace» (v. 5). L Io sono, nell atto in cui li riconcilia, è il mediatore fra Dio e l umanità. Egli, che è «santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori», non si vergogna di chiamarci fratelli (Ebrei 7:26; cfr. 2:11). In Cristo la famiglia della terra e quella del cielo si riuniscono. Il Cristo nella gloria è nostro fratello. Il cielo è compreso nell umanità, e l umanità è racchiusa nell Amore infinito. Del suo popolo Dio ha detto: «Poiché saranno come pietre d un diadema, che rifulgeranno sulla sua terra. Poiché qual prosperità sarà la loro! e quanta sarà la loro bellezza» (Zaccaria 9:16,17). L elevazione dei (25-26) 13

12 Capitolo 1 redenti sarà una testimonianza eterna della misericordia di Dio. «Per mostrare nelle età a venire l immensa ricchezza della sua grazia, nella benignità ch Egli ha avuto per noi in Cristo Gesù». «Affinché nel tempo presente, ai principati ed alle potestà, ne luoghi celesti, sia data a conoscere, per mezzo della Chiesa, la infinitamente varia sapienza di Dio, conforme al proponimento eterno ch Egli ha mandato ad effetto nel nostro Signore Cristo Gesù» (Efesini 2:7; 3:10,11). Il governo di Dio viene riconosciuto giusto grazie all opera redentrice del Cristo. L Onnipotente viene presentato come il Dio d amore. Le accuse di Satana sono confutate e il suo vero carattere viene svelato. La ribellione non scoppierà un altra volta; il peccato non può riapparire nell universo; in futuro non vi sarà più il pericolo dell apostasia. Grazie al sacrificio dettato dall amore, gli abitanti della terra e del cielo sono legati al loro Creatore con vincoli indissolubili. L opera della redenzione sarà completata. Dove il peccato è abbondato, la grazia di Dio sovrabbonderà. La terra stessa, che Satana pretende come sua, deve essere non solo riscattata, ma innalzata. Il nostro piccolo mondo contaminato dal peccato, unica macchia nella gloriosa creazione divina, sarà onorato in tutti gli altri mondi dell universo. Quaggiù, dove il Figlio di Dio è diventato uomo, dove il Re della gloria è vissuto, ha sofferto ed è morto; quaggiù, quando egli renderà nuove tutte le cose, il tabernacolo di Dio sarà in mezzo agli uomini, «ed Egli abiterà con loro, ed essi saranno suoi popoli, e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio» (Apocalisse 21:3). Per sempre, i redenti cammineranno nella luce del Signore lodandolo per il suo dono meraviglioso: Emmanuele, «Iddio con noi». 14 (26)

13 Capitolo 2 Il popolo eletto Per più di mille anni gli israeliti avevano atteso la venuta del Salvatore, riponendo in quest evento le loro più radiose speranze. Avevano espresso il nome del Redentore nel canto, nelle profezie, nei riti del tempio e nelle preghiere in famiglia. Eppure, alla sua venuta, non lo riconobbero. Il Figlio di Dio era per loro «come una radice ch esce da un arido suolo; non avea forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza, da farcelo desiderare» (Isaia 53:2). «È venuto in casa sua, e i suoi non l hanno ricevuto» (Giovanni 1:11). Tuttavia, Dio aveva scelto Israele perché mantenesse tra gli uomini la conoscenza della sua legge, dei simboli e delle profezie che annunciavano il Salvatore. Egli voleva che gli israeliti fossero per il mondo fonte di salvezza. Il popolo ebraico aveva, fra gli altri popoli, il compito che Abramo aveva avuto nella terra delle sue peregrinazioni, Giuseppe in Egitto, Daniele alla corte di Babilonia: rivelare Dio agli uomini. Nel chiamare Abramo, il Signore gli aveva detto: «Ti benedirò e tu sarai fonte di benedizione e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra» (Genesi 12:2,3). Lo stesso insegnamento fu ripetuto tramite i profeti. Le promesse rimasero valide anche dopo che il territorio di Israele era stato devastato dalla guerra e il popolo deportato. «Il resto di Giacobbe sarà, in mezzo a molti popoli, come una rugiada che vien dall Eterno, come una fitta pioggia sull erba, le quali non aspettano ordine d uomo, e non dipendono dai figliuoli degli uomini» (Michea 5:6). Del tempio di Gerusalemme, il Signore aveva dichiarato mediante Isaia: «La mia casa sarà chiamata una casa d orazione per tutti i popoli» (Isaia 56:7). Ma gli israeliti rivolsero le loro speranze verso la grandezza terrena. Sin dal tempo del loro ingresso nella terra di Canaan si erano allontanati dai comandamenti di Dio per seguire i costumi dei pagani. Furono inutili gli ammonimenti divini annunciati dai profeti. Invano essi subirono l oppressione da parte dei popoli pagani. A ogni riforma seguì nuovamente l apostasia. Dio, se gli israeliti fossero stati fedeli, avrebbe adempiuto il suo piano grazie al loro spirito di consacrazione. Se avessero ubbidito, egli li avrebbe resi eccelsi «per gloria, rinomanza e splendore, su tutte le na- (27-28) 15

14 Capitolo 2 zioni». «Tutti i popoli della terra» dice Mosè «vedranno che tu porti il nome dell Eterno, e ti temeranno». Le nazioni, «udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente!» (Deuteronomio 26:19; 28:10; 4:6). Ma a causa della loro infedeltà, il piano di Dio veniva realizzato solo attraverso continue difficoltà e umiliazioni. Gli israeliti furono deportati a Babilonia e dispersi fra i popoli pagani. Nel dolore, molti rinnovarono la loro fedeltà al patto di Dio. Mentre le loro arpe erano appese ai salici, mentre erano tristi per il tempio in rovina, la luce della verità brillò tramite loro e la conoscenza di Dio si diffuse tra le nazioni. Il sistema pagano dei sacrifici era una degenerazione di quello indicato da Dio; molti pagani sinceri impararono dagli ebrei il significato del servizio divinamente ispirato e con fede accolsero la promessa del Redentore. Molti fra gli esiliati affrontarono la persecuzione. Non pochi persero la vita perché si rifiutarono di trasgredire il sabato e osservare le festività pagane. Quando gli idolatri insorsero per soffocare la verità, il Signore condusse i suoi figli di fronte ai re e ai capi, perché insieme ai loro popoli beneficiassero della conoscenza di Dio. Ripetutamente i più grandi sovrani furono indotti a proclamare la superiorità di quel Dio che i loro prigionieri ebrei adoravano. Durante la deportazione babilonese, gli israeliti guarirono completamente dal peccato dell adorazione delle immagini. Poi, nei secoli successivi, soffrirono per l oppressione da parte di nemici pagani, finché non si convinsero pienamente che la loro prosperità dipendeva dall ubbidienza alla legge di Dio. Ma in molti l ubbidienza non aveva come movente l amore, bensì l egoismo. Offrivano a Dio un servizio esteriore come strumento di una grandezza nazionale. Non divennero la luce del mondo, ma si separarono dal mondo per sfuggire alla tentazione dell idolatria. Nelle sue istruzioni a Mosè, Dio aveva posto dei limiti ai contatti degli israeliti con gli idolatri; ma tutto ciò era stato frainteso. Il Signore voleva evitare che il suo popolo si conformasse alle consuetudini dei pagani. Queste indicazioni, invece, servirono per erigere un muro fra Israele e tutte le altre nazioni. I giudei consideravano Gerusalemme come una parte del regno dei cieli, e temevano che il Signore usasse misericordia verso i Gentili. Dopo il ritorno da Babilonia, approfondirono gli insegnamenti divini. In tutto il paese furono costruite sinagoghe dove i sacerdoti e gli scribi spiegavano la legge; vennero fondate scuole per insegnare, insieme alle arti e alle scienze, anche i princìpi della giustizia. Ma tutte queste istitu- 16 (28-29)

15 Il popolo eletto zioni persero la loro identità. Durante la deportazione molti avevano accolto idee e costumi pagani che vennero introdotti anche nel servizio religioso. In molti casi si conformarono alla condotta degli idolatri. Allontanandosi da Dio, gli ebrei persero di vista gran parte degli insegnamenti del servizio religioso stabilito dal Cristo stesso, che in ogni sua parte era il simbolo della sua missione ed era ricco di vitalità e di bellezza spirituali. Ma gli ebrei trascurarono il significato spirituale delle cerimonie e si interessarono solo alle forme. Riposero la loro fiducia nei sacrifici e nelle prescrizioni, invece di rivolgersi a colui che vi veniva presentato. Per compensare ciò che avevano perso, i sacerdoti e i rabbini moltiplicarono le richieste della legge, che più diventavano rigide, meno manifestavano l amore di Dio. Misurarono la loro santità in base al numero delle cerimonie, mentre i loro cuori traboccavano di orgoglio e ipocrisia. Con le minute e gravose imposizioni di questi capi religiosi, osservare la legge diventava impossibile. Coloro che desideravano servire Dio, e cercavano di osservare i precetti dei rabbini, si addossavano un carico pesante. Non riuscivano a trovare pace dalle accuse di una coscienza turbata. Satana agiva così perché il popolo si scoraggiasse, la sua concezione del carattere di Dio si impoverisse e la fede d Israele venisse disprezzata. In questo modo egli sperava di dimostrare che l accusa pronunciata quando si ribellò nel cielo, secondo la quale le richieste di Dio erano ingiuste ed era impossibile osservarle, era corretta. Perfino Israele, affermava, non aveva osservato la legge. Gli ebrei desideravano la venuta del Messia, ma non si erano fatti un idea esatta della sua missione. Essi non cercavano la redenzione dal peccato, ma la liberazione dai romani. Speravano in un Messia liberatore, capace di infrangere la potenza degli oppressori e conferire a Israele un dominio universale. In questo modo si preparavano a respingere il Salvatore. Al tempo della nascita del Cristo, la nazione era oppressa da dominatori stranieri e tormentata da lotte interne. Agli ebrei era stato permesso di conservare la forma di un governo autonomo, ma niente poteva nascondere la realtà del giogo romano o poteva conciliarli con questo regime. I romani rivendicavano il diritto di nomina e destituzione del sommo sacerdote. Quel posto era spesso acquisito con la frode, la corruzione e anche il crimine. Così il sacerdozio divenne sempre più corrotto. I sacerdoti conservavano ancora una grande autorità, ma la usavano per fini egoistici e venali. Il popolo doveva sottostare alle loro esose richieste come pure alle pesanti tasse dei romani. Per questa situazione il malcontento era generale. Le sollevazioni popolari si ripetevano. Rivolte e vio- (29-30) 17

16 Capitolo 2 lenza, sospetto e apatia spirituale stavano minando il cuore della nazione. L odio verso i romani, l orgoglio nazionale e religioso condussero ancora gli ebrei ad aderire rigorosamente alle loro forme di adorazione. I sacerdoti cercarono di conservare una reputazione di santità con la cura scrupolosa nelle cerimonie religiose. Il popolo, oppresso e privo di conoscenza, e i capi assetati di potere aspettavano la venuta di colui che avrebbe sconfitto i loro nemici e restituito il regno a Israele. Essi avevano studiato le profezie ma non avevano una vera visione spirituale. Avevano trascurato quelle che parlano dell umiliazione del Cristo nella prima venuta e frainteso quelle della gloria del suo ritorno. Era l orgoglio che ispirava questa loro visione. Interpretarono le profezie secondo i loro desideri egoistici. 18 (30)

17 Capitolo 11 Il battesimo La fama del profeta del deserto e del suo messaggio straordinario si diffuse in tutta la Galilea. Questo messaggio giunse anche nei paesi più lontani sulle colline, ai pescatori lungo il mare, e trovò una sincera risonanza nei loro cuori semplici ed entusiasti. Arrivò anche a Nazaret, nella falegnameria che era stata di Giuseppe, e Gesù vi ravvisò la sua chiamata. Il suo tempo era giunto. Lasciò il lavoro quotidiano, salutò la madre e si unì ai suoi concittadini che si dirigevano verso il Giordano. Gesù e Giovanni Battista, oltre a essere cugini, erano anche strettamente legati per le circostanze della nascita; tuttavia non si conoscevano. Gesù aveva trascorso la sua vita a Nazaret, in Galilea; Giovanni, invece, nel deserto della Giudea. Erano vissuti lontani, in situazioni diverse, e non avevano mai avuto alcun rapporto fra loro. Dio aveva stabilito così, per evitare qualsiasi sospetto di un loro complotto, per sostenersi reciprocamente nella diffusione del messaggio che annunciavano. Giovanni era a conoscenza degli eventi che avevano caratterizzato la nascita di Gesù. Aveva sentito parlare della visita che Gesù aveva fatto, quand era bambino, a Gerusalemme, e di quanto era accaduto alla scuola dei rabbini. Conosceva la sua vita santa e credeva che fosse il Messia; ma questo senza basarsi su nessuna testimonianza positiva. Il fatto che Gesù fosse rimasto per così tanti anni nell ombra, senza manifestare in nessun modo la sua missione, insinuò in lui il dubbio che non fosse colui che era stato promesso. Il Battista, tuttavia, aspettava con fede, credendo che nel tempo stabilito da Dio tutto si sarebbe chiarito. Gli era stato rivelato che il Messia gli avrebbe chiesto il battesimo e che in quel momento sarebbe stato dato un segno. Così avrebbe potuto presentarlo al popolo. Quando Gesù venne per essere battezzato, Giovanni riconobbe in lui una purezza di carattere che non aveva mai scorto in nessun uomo. La sua sola presenza creava un atmosfera di santità e potenza. Dalla folla che si era riunita intorno a lui al Giordano, Giovanni aveva udito racconti di crimini, aveva incontrato uomini curvi sotto il peso di tanti peccati, ma non era mai entrato in contatto con un essere umano che emanava un simile influsso divino. Tutto ciò era in armonia con quanto era stato rivelato al Battista in- 70 ( )

18 Il battesimo torno al Messia. Tuttavia Giovanni indugiò prima di accondiscendere alla richiesta di Gesù. Come poteva, proprio lui, un peccatore, battezzare chi era senza peccato? E come avrebbe potuto colui che non aveva bisogno di pentimento sottoporsi a un rito che era la confessione di un peccato da cui doveva essere purificato? Quando Gesù chiese il battesimo, Giovanni si ritrasse ed esclamò: «Son io che ho bisogno d esser battezzato da te, e tu vieni a me?» (Matteo 3:14). Con dolce e ferma autorità Gesù rispose: «Lascia fare per ora; poiché conviene che noi adempiamo così ogni giustizia» (v. 15). E Giovanni, sottomettendosi, condusse il Salvatore nel Giordano e lo immerse nell acqua. «E Gesù, tosto che fu battezzato, salì fuor dell acqua; ed ecco i cieli s apersero, ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venir sopra lui» (v. 16). Il battesimo di Gesù non va inteso come la confessione dei suoi peccati. Egli si era identificato con i peccatori, aveva imboccato la strada che noi dobbiamo percorrere; aveva fatto l opera che noi dobbiamo fare. La sua vita di sofferenza e sopportazione, dopo il battesimo, è un esempio anche per noi. Uscito dall acqua, Gesù si inginocchiò in preghiera sulla riva del fiume. Di fronte a lui si apriva un periodo nuovo e importante. Un grande conflitto iniziava nella sua vita. Sebbene fosse il Principe della pace, la sua venuta era paragonabile allo sguainarsi di una spada. Il regno che veniva a stabilire era l opposto di quello che gli ebrei desideravano. Egli, il fondatore dell economia rituale d Israele, ne sarebbe stato considerato il nemico e il distruttore. Egli, che aveva proclamato la legge dal Sinai, sarebbe stato condannato come il suo trasgressore. Egli, che era venuto per infrangere il potere di Satana, sarebbe stato denunciato come Belzebù. Nessuno sulla terra avrebbe capito la sua missione, e durante il suo ministero avrebbe camminato solo. Durante la sua vita né sua madre né i suoi fratelli compresero i suoi obiettivi. Neppure i suoi discepoli lo capirono. Egli era vissuto nella luce eterna, uno con Dio, ma la sua vita terrena doveva trascorrere nella solitudine. Come uomo doveva portare il peso delle nostre colpe e dei nostri dolori. Colui che era senza colpa doveva sentire la vergogna del peccato. Colui che amava la pace doveva vivere in mezzo alla lotta; la verità doveva abitare con la falsità; la purezza con la viltà. Ogni peccato, ogni discordia, ogni forma di avidità, prodotti dalla trasgressione, dovevano tormentare il suo spirito. Da solo doveva percorrere il sentiero, da solo doveva portare ( ) 71

19 Capitolo 11 il peso. La redenzione del mondo dipendeva da colui che aveva deposto la sua gloria e accettato la debolezza dell umanità. Egli vide e sentì tutto questo, ma la sua decisione rimase ferma. Da lui dipendeva la salvezza dell umanità decaduta ed egli con la sua mano afferrò quella dell Onnipotente. Pareva che lo sguardo del Salvatore penetrasse attraverso il cielo, mentre il suo animo si apriva alla preghiera. Egli sapeva bene fino a che punto il peccato avrebbe indurito il cuore degli uomini, e quanto sarebbe stato difficile per loro riconoscere la sua missione e accettare il dono della salvezza. Chiede al Padre la potenza per vincere la loro incredulità, per rompere i ceppi con i quali Satana li ha legati e per vincerlo, in loro favore. Chiede un segno che dimostri come Dio accetta l umanità nella persona del Figlio. È la prima volta che gli angeli ascoltano una preghiera simile. Essi sono ansiosi di portargli un messaggio di certezza e di conforto. Ma il Padre stesso risponderà alla richiesta del Figlio. Direttamente dal trono celeste escono i raggi della sua gloria. I cieli si aprono e sul capo del Salvatore discende una luce purissima in forma di colomba, simbolo di colui che è mansueto e umile. Tra l immensa folla presente al Giordano solo alcuni, insieme a Giovanni, scorsero la visione celeste. Tuttavia la solennità della presenza divina si diffuse ugualmente sulla folla. Il popolo rimase silenzioso a contemplare il Cristo. La sua persona era inondata dalla luce che circonda il trono di Dio. Il suo volto, rivolto verso il cielo, rifletteva una gloria mai vista su un volto umano. Dai cieli aperti una voce disse: «Questo è il mio diletto Figliuolo, nel quale mi sono compiaciuto» (v. 17). Queste parole furono pronunciate per ispirare fiducia in coloro che assistevano alla scena e per fortificare il Salvatore in vista della sua missione. Benché sul Cristo pesasse il peccato di un mondo malvagio e l umiliazione dell aver assunto una natura decaduta, quella voce dal cielo dichiarò che egli era il Figlio dell Eterno. Giovanni si era profondamente commosso nel vedere Gesù inginocchiato mentre invocava con le lacrime l approvazione del Padre. Quando la gloria di Dio lo circondò, e si udì la voce dal cielo, Giovanni riconobbe il segno che il Signore aveva promesso. Si rese conto di aver battezzato il Redentore del mondo. Lo Spirito Santo scese su di lui ed egli, tendendo la mano verso Gesù, gridò: «Ecco l Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!» (Giovanni 1:29). Nessuno degli uditori, e neppure colui che aveva parlato, afferrarono 72 ( )

20 Il battesimo interamente l importanza di queste parole: «l Agnello di Dio». Sul monte Moria Abramo aveva udito la domanda del figlio: «Padre mio dov è l agnello per l olocausto?» e aveva risposto: «Figliuol mio, Iddio se lo provvederà l agnello per l olocausto» (Genesi 22:7,8). E nel montone, procurato da Dio al posto di Isacco, Abramo aveva visto un simbolo di colui che sarebbe morto per i peccati degli uomini. Per mezzo di Isaia lo Spirito Santo, riprendendo questa immagine, aveva profetizzato del Salvatore: «Come l agnello menato allo scannatoio e l Eterno ha fatto cader su lui l iniquità di noi tutti» (Isaia 53:7,6). Ma gli israeliti non avevano compreso. Molti di loro consideravano i sacrifici offerti nello stesso modo in cui i pagani consideravano i loro, cioè come un dono con cui propiziarsi la divinità. Dio voleva insegnare loro che dal suo amore scaturisce il dono che li può riconciliare con lui. Le parole dette a Gesù al Giordano: «Questo è il mio diletto Figliuolo, nel quale mi sono compiaciuto», si riferiscono a tutta l umanità. Dio ha parlato a Gesù come al nostro rappresentante. Nonostante i peccati e le debolezze, non siamo messi da parte come fossimo privi di valore. «A lode della gloria della sua grazia, la quale Egli ci ha largita nell amato suo» (Efesini 1:6). La gloria che riposava sul Cristo è un pegno dell amore di Dio per noi. Essa testimonia la potenza della preghiera e dimostra come la voce umana possa arrivare fino a Dio ed essere ascoltata in cielo. A causa del peccato la terra è stata divisa dal cielo e separata dalla comunione con il Signore, ma Gesù l ha ricollegata nuovamente con la sfera della gloria. Il suo amore ha abbracciato l uomo e ha raggiunto i cieli altissimi. La luce divina che si è posata sul capo del nostro Salvatore si poserà anche su di noi quando chiederemo l aiuto per resistere alla tentazione. La voce che parlò a Gesù dirà a ogni credente: «Questo è il mio diletto Figliuolo, nel quale mi sono compiaciuto». «Diletti, ora siam figliuoli di Dio, e non è ancora reso manifesto quel che saremo. Sappiamo che quand egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com egli è» (1 Giovanni 3:2). Il nostro Redentore ha aperto la strada affinché chi ha peccato di più, chi ha maggiore bisogno, chi è più oppresso e sprezzato, trovi accesso al Padre. Tutti possono trovare posto nella casa che Gesù sta preparando. «Queste cose dice il santo, il verace, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, colui che chiude e nessuno apre Ecco, io ti ho posta dinanzi una porta aperta, che nessuno può chiudere» (Apocalisse 3:7,8). ( ) 73

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