L uso e il significato delle regole (gruppo A)
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- Valerio Leone
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1 L uso e il significato delle regole (gruppo A) Regole organizzative: devono essere rispettare per far sì che la struttura possa funzionare e che si possa vivere in un contesto di rispetto reciproco; Regole relative alle persone: possono essere modificate in base alle esigenze del singolo soggetto. Per avere un fine pedagogico la trasgressione alla regola deve essere rielaborata. ES: per far capire le regole e far sentire partecipe la persona disabile può essere d 0aiuto riflettere e concordare insieme le regole, magari facendo insieme un cartellone. Il tutto osservando il singolo nel qui ed ora e scegliendo con lui l approccio/alternativa più opportuna; Le regole sono una delle componenti della relazione e fanno sì che un disabile sia rassicurato rispetto alle attività da svolgere durante la giornata. L uso e il significato delle regole (gruppo B) Responsabilizzare l utente; Creare continuità; Le regole permettono l istituzione di un settino particolare (favoriscono l accadere di alcune situazioni piuttosto che altre: finzionalità); Generano apprendimento. 82
2 Il senso del progetto educativo (gruppo A) Il progetto educativo ha senso soltanto se io lo penso/agisco secondo la persona a cui mi rivolgo. Proprio per questo il progetto deve essere preceduto dall osservazione della persona che ho di fronte e dallo sviluppo, insieme ad essa, di una relazione affettiva. Proprio perché riferito al singolo, il progetto educativo può essere variato in itinere. Questi cambiamenti non devono essere visti come fallimenti, ma come opportunità per creare nuove possibilità. Il senso del progetto educativo (gruppo B) Dare senso all azione formativa; Promuovere senso di cambiamento; Sperimentare nuovi significati; Promuovere espreinze diverse e formative; Creare situazioni artificiali in cui gli utenti si possano sperimentare; Creare un inizio e una fine La responsabilità e la fatica dell educare (gruppo A) Fatica fisica riferita per esempio all alzare una persona Fatica psicologica, riferita a due elementi: al fatto che i risultati sono a lungo termine, e che si ha un piccolo margine d errore; Lavorare con, per su delle persone 83
3 La responsabilità e la fatica dell educare (gruppo B) Non sostituirsi alla persona disabile; Importanza dell avere una formazione e competenze specifiche; Funzione di contenimento; Creare dei confini, Coinvolgimento equilibrato; Modulare le richieste in funzione delle possibilità dell utente; Creare un inizio e una fine. 84
4 Il rapporto con la fine Coscienza del fatto che il percorso ha una fine : in qualsiasi ambiente (laboratorio, comunità, ospedale), e che la fine può implicare un nuovo inizio, Rielaborazione (espressione attraverso il racconto o il disegno, restituzione) per far propria l esperienza. Questo può avvenire anche alla fine di ogni singola attività; Il momento della fine presenta una componente emotiva e affettiva positiva o negativa provata da entrambi (educatore ed educando) Per l educatore il modo di vivere e di dare significato alla fine ha a che fare con la motivazione; Tempo: definito (da un setting), interiore (per metabolizzare il cambiamento); cambiamento repentino; verso l autonomia(la crescita; 85
5 Il modello ideale Il modello di educatore ideale viene rintracciato in Carl Rogers, per la centralità dell ascolto e dell entropatia, della capacità di decentramento; Cura non in senso assistenziale, non limitando ma favorendo l autonomia e le potenzialità. Accudire senza dominare, non curare solo il bisogno; Curare curandosi: l educatore ideale è in grado di trasmettere l autocura per favorire l autonomia, L educando ideale: collaborativo, che assuma i suoi limiti e le sue responsabilità, che possa diventare autonomo (curarsi da solo); Idea di educando perfetto: non è detto che l educando diventi tale L educatore sa che non esiste un educando così positivo: si immagina un educando difficile da gestire, che si approfitta della situazione dei handicap, che non è in grado di rielaborare un esperienza in modo da trasformarla in apprendimento. 86
6 4. La cura di sé All interno di un setting educativo si entra ricoprendo un ruolo ed occupando una posizione che il setting stesso assegna. Quel ruolo e quella posizione sono però costantemente e strutturalmente informati dalla persona che l educatore è: dal rapporto che egli ha appreso ad avere con i suoi limiti e le sue potenzialità, da come si figura il lavoro educativo, dai modelli di educazione, di educatore e di educando interiorizzati, dal proprio rapporto con le dimensioni del potere, dell autorità, ma anche della sofferenza, della fatica. Con cura di sé si intende una serie di pratiche che sanciscono e mostrano il rapporto che un soggetto può avere con se stesso, all interno del proprio ambiente di riferimento. Pratiche di conoscenza che si esplicano in esercizi: la conoscenza di sé si pone quindi come qualcosa di molto concreto, incarnato nella presenza e nei comportamenti di chi educa. Fare attenzione a queste pratiche, individuare le proprie pratiche di cura di sé, mantenendo così aperta la strada dell autoformazione, pare costituire molto più di un indicazione: piuttosto una competenza in grado di presidiare la formatività della relazione che chi educa instaura, all interno di un setting preciso, con un educando. Tutto ciò, posto che anche la cura di sé può essere in qualche modo predisposta dalla scena educativa: la sua presenza può essere più o meno contemplata e valorizzata all interno dei setting educativi. Non sembra dunque essere una competenza ed un esercizio esclusivamente individuale. La riflessione che qui si propone sulla cura di sé mira a comprendere cosa si intenda con questa espressione facendo in particolare riferimento alle ricerche di Michel Foucault (L uso dei piaceri, 1984, Feltrinelli, Milano; La cura di sé, Feltrinelli, Milano) e a Palmieri, La cura educativa (in particolare pp ). 87
7 La possibilità di diventare se stessi, di essere liberi pur appartenendo ad un contesto che comunque pone delle condizioni al nostro poter essere sembra connotarsi in primo luogo come padronanza di sé : In secondo luogo come cultura di sé : 88
8 Non solo. In tutto ciò la cura di sé esprime un particolare rapporto con la conoscenza di sé, ridefinendola dall interno: 89
9 Posto tutto ciò, occorre chiedersi cosa significhi curarsi di sé nelle pratiche educative, all interno di una relazione educativa: Quali sono dunque gli strumenti professionali con cui coltivare, nei servizi, la cura di sé? Si tratta, come si può desumere, di strumenti che da un lato predispongono non solo la relazione con l altro, ma anche la relazione possibile con se stessi all interno del contesto educativo (attraverso l istituzione di un setting che presidi, per esempio in particolare, le dimensioni affettive che connotano il processo di formazione); dall altro, si tratta di strumenti che, attraverso gli spazi, i tempi, le regole di interazione previste dal setting, creano delle zone di pensiero, di memoria e quindi di condivisione, di scambio e di rielaborazione dell esperienza educativa e formativa. 90
10 5. La cura delle relazioni La cura delle relazioni, la sua possibilità e modalità di attuazione sembra essere il precipitato pratico di quanto detto finora. Di seguito, si mostrano alcune declinazioni di essa, il cui significato rimanda a quanto detto precedentemente: 91
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