GIOVANNI SERRI PILI. «Svelato il mistero della calvizie» «Smentite tutte le teorie sulla calvizie»

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2 GIOVANNI SERRI PILI «Svelato il mistero della calvizie» «Smentite tutte le teorie sulla calvizie» «Dimostrato che non esiste alcuna malattia dei capelli, del cuoio capelluto e dei bulbi piliferi» «Individuato l'elemento fondamentale, presente nel nostro sangue, che alimenta i bulbi piliferi, stimola la crescita e lo sviluppo delle chiome» MAI PIU' CALVI 2

3 IL METODO NATURALE PER LA SPONTANEA RICRESCITA DEI CAPELLI Edizione Digitale 3

4 Tutti i diritti riservati COPYRIGHT 1992 by Giovanni Serri Editore Piazza Olanda 5 Tel. 070/ Cagliari L'Autore può essere consultato gratuitamente a questo indirizzo Stampato in carta riciclata per motivi ecologici (esclusa la copertina) Copertina dello stesso Autore 4

5 INTRODUZIONE ALLA VERSIONE DIGITALE «Entro 5 anni perderai tutti i capelli!» È così che a Natale 2012 mio padre commentava lo stato di salute della mia capigliatura. Essendo anche lui stempiato e con i capelli radi nella zona alta della testa mi disse: «rassegnati, sarà una questione genetica». È con questo stato d'animo, sconfortato e depresso, che ho iniziato a leggere Mai più calvi. L'ho trovato in internet mentre girovagavo tra i forum specializzati sulla cura della calvizie, mi ci sono imbattuto per caso mentre cercavo in realtà un farmaco potente ed efficace per la ricrescita, avendo avuto da poco una grossa delusione con un farmaco prescritto dal mio dermatologo. Scettico come non mai, ho letto il libro tutto d'un fiato, senza credere neanche ad una parola trascritta. Mi chiedevo: se la tecnica descritta da Serri Pili fosse stata effettivamente efficace, a venti anni di distanza (cioè oggi) non dovrebbe essere conosciuta e applicata da tutti? I centri universitari non dovrebbero avviare sperimentazioni e ricerche? Gli insegnanti di educazione fisica non dovrebbero consigliare ai propri studenti di stare con la schiena dritta che altrimenti cadono i capelli? Il ministero della salute non dovrebbe riconoscere tale metodo e bandire invece i farmaci anti-calvizie pericolosi per la salute, in special modo gli inibitori del testosterone? Data la facilità degli esercizi ho deciso, in gran segreto, di seguire l'allenamento, correggere la postura e adottare tutti i vari consigli descritti, fissando una scadenza temporale per verificarne l'efficacia: se entro un mese non avessi notato nessun beneficio avrei abbandonato la tecnica. È con grande sorpresa che ho scoperto, in questo modo, l'efficacia del metodo: il grasso sui capelli e la forfora sono spariti a partire dal giorno dopo l'inizio della sperimentazione e anche il numero dei capelli caduti durante la doccia si è ridotto notevolmente (diciamo da un centinaio a una decina). Durante il primo mese sono nati centinaia di nuovi capellini, piccoli e biondi, e nei mesi successivi sono stati rimpiazzati da capellini sottili e di colore nero e via via sono diventati grossi e scuri (fuori il gabbo!). Anche i capelli già esistenti sono cambiati: il loro diametro è aumentato nel corso del tempo. A Pasqua 2013 tutti i miei parenti si sono accorti che avevo decisamente più capelli rispetto alla festività precedente e hanno iniziato a chiedermi quale prodotto avessi usato, che cosa avessi fato per farli ricrescere; tutti tranne mio padre che stava zitto zitto in un angolo. Anche se devo dire per dovere di cronaca che i capelli non sono ricresciuti sulle stempiature frontali, ma solo nelle zone già pelose. In seguito ho deciso di consigliare e diffondere questa tecnica, chiamata oggi ginnastica facciale, presso i miei amici e parenti; prima alla mia cavia personale, 5

6 Ciccio, e in seguito al mio collega Giosuè che ha tristemente perso i capelli a causa dell intenso studio dell ingegneria. Ed infine ho deciso di digitalizzare il libro rendendolo così disponibile al grande pubblico. Buona lettura, L EMANUENSE DIGITALE W L 6

7 PRESENTAZIONE L'Editore consiglia la lettura completa del testo, senza tralasciare alcun capitolo. Garantisce il blocco immediato della caduta e che i capelli ricrescono spontaneamente, senza lozioni, senza medicine, senza trapianti, senza diete, senza protesi e senza interventi esterni, ma con l'applicazione del presente metodo. Il metodo vale per qualsiasi persona, giovane o anziano, uomo o donna, e anche per coloro che desiderano possedere e conservare sana e fitta la propria capigliatura. Dalla constatazione che nessuno è calvo nel parietale e che la calvizie si forma solo ed esclusivamente nella sommità della testa, l'autore ha scoperto la struttura anatomica del nostro organismo che presiede alla vita dei capelli; e ha individuato le cause che ne determinano la caduta. L'autore racconta le vicissitudini del calvo. Dimostra come il congegno anatomico si è inceppato nei calvi. Indica il modo per riattivarlo. Spiega come si blocca subito la caduta. Infine, prescrivere le regole comportamentali per rimettere in funzione l'apparato che alimenta i bulbi piliferi, stimola la ricrescita e attua lo sviluppo e il reinfoltimento. Il tutto in modo autonomo, semplice e naturale, L'EDITORE 7

8 INTRODUZIONE In genere tutte le scoperte sono il risultato della ricerca e rappresentano il frutto della costanza e della perseveranza che sono state poste nello studio per conoscere e capire i fenomeni della natura. Prima di raggiungere lo scopo, il ricercatore si impegna nell'indagine, sperimentando ogni possibile ipotesi. Una volta conosciute, spesso, le invenzioni, appaiono semplici e elementari. Il presente metodo rientra in questa particolarità. Pertanto, poiché per me l'argomento è divenuto quasi una banalità, nell'esporre questa positiva esperienza mi sono sforzato di adottare uno stile atto a facilitare e comprendere, con immediatezza, il meccanismo anatomico, su cui si basa la guarigione dalla calvizie. A questo fine e per rendere piacevole la lettura, ho riportato alcuni episodi che mi sono sembrati significativi e consoni all'argomento. Ho voluto trattare il tema alle stregue di una qualsiasi vicenda umana, cercando, per quanto possibile, di non annoiare il lettore e di non rendere ostico il contenuto. Non sempre è facile esprimere compiutamente il proprio pensiero. Assai più difficile diventa renderlo comprensibile, scrivendo. Le difficoltà aumentano se si tratta di spiegare argomenti nuovi e particolari. Figuriamoci poi quando chi li deve esporre non ha, come il sottoscritto, molta perizia nel maneggiare la penna. Al lettore, pertanto, chiedo venia per la lacunosità espressiva e, nel contempo, lo prego affinché mi conceda benevolenza, almeno per aver reso possibile la reversibilità di un male che, pur non essendo esiziale, ha, tuttavia, procurato parecchi fastidi a tante persone. L'AUTORE 8

9 A mio Padre Per avermi educato alla libertà Per avermene concessa tanta Liberandomi dai tabù e dalle certezze 9

10 IL PRIVILEGIO DELLA CAPIGLIATURA Fin da ragazzo, anzi da bambino trascorrevo lunghe ore davanti allo specchio per pettinarmi. Facevo e disfacevo la riga fino a quando non mi veniva diritta. Correggevo e rettificavo i riccioli per renderli fitti e fissi. Eliminavo le imperfezioni e le sbavature: nessun capello doveva svolazzare all'infuori della sagoma della ciocca. Questo impegno era particolarmente lungo prima di andare a scuola. Volevo apparire ordinato agli occhi della maestra. Non solo, ma le ragazzine - eravamo in classe mista ammiravano e spesso accarezzavano la mia capigliatura. Con qualche punta di invidia, la lisciavano furtivamente con le mani, seguendo l'ondulazione che si allungava ai lati del capo e dietro la nuca. Il pettinarmi era diventato un impegno costante, faticoso. Non avendo a casa uno specchio applicato in un punto consono alla mia limitata statura, mi dovevo ingegnare per arrivare a quello fissato sul comò. Per raggiungerlo, ero costretto a salire su due sedie, sovrapponendo la piccola a quella più grande. Alcune volte, nel contorcermi per accertare che la riga sulla nuca fosse perfetta, ho fatto qualche capitombolo, cadendo di peso sul tavolato del pavimento e suscitando lo spavento di mia madre che mi attendeva al pian terreno, per consumare la prima colazione. Non di raro venivo sgridato per la lentezza con cui mi preparavo a uscire. Lei, ogni tanto, mi sollecitava a sbrigarmi, ammonendomi sulla possibilità di trovare chiuso il portone di ingresso e di perdermi la lezione. Non tollerava di dover subire i rimproveri dell'insegnante per il ritardo con cui periodicamente mi presentavo in classe. Ma, in particolar modo, si preoccupava del rischio che potessi subire una spiacevole bocciatura. Mi giustificavo dando la colpa ai capelli che erano aggrovigliati e che mi veniva difficile e faticoso metterli in ordine. Spesso, mi ritrovavo con il solito ciuffo ribelle che non riuscivo ad assestare nonostante ripassassi la spazzola continuamente. Per dominarlo, qualche volta, ci rimettevo il pettine, stroncandolo a metà, a forza di tirare per sciogliere i nodi. Quando ero fortunato, rompevo parzialmente la dentatura. Imprecavo contro quell'indomabile ricciolo, a spirale, per il tempo che mi faceva perdere. Mi chiedevo quale fosse la causa di ritrovarmi, appena alzato, con quei capelli così irti, e perché soltanto una piccola ciocca, e non tutta la capigliatura, fosse così ribelle. La scoprirò successivamente. La diligenza profusa nell'assestarmi le chiome non era dovuta solo all'istinto narcisistico che mi dominava. C'erano altri validi motivi: l'interesse delle compagne e, soprattutto, quello della maestra. L'insegnante, quasi ogni giorno, mi prendeva in grembo, mi lisciava i boccoli e mi stringeva forte, avvinghiandomi alla vita. Così facendo, suscitava la gelosia del resto della scolaresca e, in particolar modo, della mia compagna di banco, posto nella prima fila. È ovvio che, dal punto di vista pedagogico, l'affetto, così plateale, a favore di un solo alunno non è da considerarsi esemplare ed educativo. Io, però, godevo della simpatia della graziosa donna: privilegio di cui non avevo alcun merito: il merito, semmai, era di madre natura, non mio. Dal caldo grembo dominavo l'intera scolaresca e leggevo nel volto dei compagni una giustificata invidia o, forse, anche un po' di gelosia. Ma lei, imperterrita, non smetteva le carezze. Docile e orgoglioso sottostavo al suo dominio anche se mi dava fastidio il pulviscolo del gesso 10

11 che proveniva dalle sue mani e l'acre odore dell'acqua, non cambiata, che mi giungeva dal vaso di fiori che mi stava davanti, sulla cattedra. Era una maestra invasata dalla poesia. Ne assegnava molte da imparare a memoria; le faceva ripetere in coro o singolarmente. Pretendendo la declamazione. Era piccata di considerarsi poetessa. Un giorno, tenendomi accanto nella pedana, mi dedicò questa nenia: Al mio seno stretto con affetto sereno io ti tengo. A me vicino... o mio piccino. io ti stringo. Come onde le soffici chiome con vezzo accarezzo. Sono belli san lucenti son splendenti i tuoi capelli. La filastrocca era lunga, mi sovviene soltanto questa cantilena. La delizia del privilegio ebbe fine ad opera di mio padre che mi sottopose alle implacabili forbici del barbiere. A nulla valsero le proteste e le lacrime per scongiurare il taglio e la conseguente perdita della mia prerogativa. Tuttavia, mio padre fu tenace e mi convinse soltanto col suscitare in me l'amor proprio, spiegandomi che, con quei capelli così lunghi e attorcigliati, sembravo una femminuccia, soggiungendo che non era igienico e che non era da escludere che vi si potessero annidare odiosi parassiti. Non aveva torto. Si era nel periodo post-bellico. Il taglio, per fortuna, fu consumato alla conclusione dell'anno scolastico. Epperò, l'effetto della benevolenza dell'insegnante ha lasciato il segno e ha disegnato una immaginaria linea lungo la quale si è mosso un aspetto non trascurabile della mia vita e una incontrollabile passione tesa, prima, a preservare la prerogativa della capigliatura e, successivamente, a porre ogni impegno per trovare il rimedio e debellare la calvizie. Ora, a scopo raggiunto, mi verrebbe voglia di esclamare con enfasi, sia lode alla maestra! Poiché, senza le sue smisurate attenzioni non sarebbe scattata la molla che mi ha condotto alla soluzione dello spinoso problema: bloccare la caduta dei capelli, guarire dalla calvizie in modo naturale. Meravigliosa, stupenda, incredibile soluzione che posso rivelare e trasmettere a tutti i calvi. 11

12 L'ANGOSCIA DEI PRIMI SINTOMI Superata l'adolescenza, incominciai ad avvertire una irritante noiosa prurigine al sommo della testa, dove i chierici si radono la chierica. Il fastidio lo attenuavo grattandomi leggermente oppure strofinandomi con i polpastrelli attorno al tricofito. Fregandomi, cadevano molti peli e tanta forfora. Tutta quella roba ricopriva a tappeto il piano della scrivania: un sudiciume intollerabile! Anche se stavo assorto nei testi scolastici, mi veniva spontanea la voglia di fregare contropelo la chierica che si stava formando; ma la sorpresa di trovare peli e peletti in mezzo alle pagine mi dava un enorme fastidio, più del prurito. L'anomala disfunzione non cessava neanche dopo essermi lavato con dei saponi speciali e ritenuti adatti a eliminare l'inconveniente. Sperimentai ogni genere di shampoo. Li provai tutti, sostituendoli e adottandone di ogni tipo: da quelli alle erbe a quelli a base di frutti. Ma la forfora aumentava e il prurito non cessava. Negli anni successivi all'evidenziarsi dell'anomalia e quando ormai la cancrena si era consolidata, sono riuscito a stabilire e determinare che il prudere derivava dal fatto che la cute si stava attaccando all'osso cranico. Nel frattempo, però, me ne ero fatto un cruccio, per non dire un dramma. L'ossessione che avrei potuto perdere, del tutto, i capelli e diventare permanentemente e irrimediabilmente calvo, non mi lasciava in pace. Mi immaginavo già brutto e sgradevole, un diverso, con la capoccia liscia, a forma di zucca, solcata da cicatrici e cocuzzoli. Era diventata improcrastinabile l'esigenza di aggiungere ai normali saponi altre lozioni coadiuvanti: occorreva provare ogni possibile soluzione. A questo punto, ero deciso a tutto, anche a rischiare. Trovandomi in collegio, non potevo disporre del necessario ed era tassativamente proibito usare profumi, creme e, tanto meno, brillantine; era obbligatorio, questo sì, acqua e sapone. Con la complicità di un compagno organizzai una incursione in una tabaccheria, lontano dall'istituto. Ci procurammo i soldi chiedendoli in prestito, e, all'ora della pennichella, quando il direttore riposava, uscimmo furtivamente. L'amico, assai timido e disciplinato, non fu difficile convincerlo: anche lui era afflitto dallo stesso dilemma. In assenza del direttore, il responsabile del salone, dove gli studenti, una trentina, accudivano ai compiti, ero io. Dunque sedevo in cattedra! Comandavo! Oltre a mantenere l'ordine dovevo annotare e riferire i nomi dei chiassosi; di coloro che si appisolavano sul banco perché vinti dal torpore del dopopranzo; di quelli che non stavano composti e immobili al proprio posto a studiare e di quelli che si assentavano. I loro nomi li scrivevo su ampia lavagna posta a fianco della cattedra, ma li cancellavo velocemente appena sentivo i passi di rientro del direttore della biblioteca. Alla proposta di evadere, il mio compagno, del quale ero molto amico, aderì con la certezza che, se l'avventura la proponeva il capo, non avrebbe subito conseguenze. Uscimmo in punta di piedi, con passo felpato, come due gatti. Sfilammo le biciclette e baldanzosi, ma anche affifati, tesi e frettolosi, come se fossimo inseguiti per essere menati, pedalammo a rotta di collo. Acquistammo lozioni d'ogni genere. La convinzione di averla fatta franca svanì alla vista del nostro bidello che entrò nella bottega, 12

13 cogliendoci in fallo. Escogitammo, con successo, un tentativo di corruzione. Per non riferire, gli offrimmo in dono il nuovo unguento contro la calvizie: pure lui ne aveva bisogno. Dell'evasione quindi non si ebbero conseguenze. Per giorni mi impiastrai di lozioni idroalcoliche. Però i capelli, anziché rinforzarsi, me li ritrovavo nelle mani unte e oleose. Non mollai e non mi arresi neanche di fronte all'evidenza. Anzi cercavo di consolarmi, pensando che cadessero soltanto quelli già compromessi e intaccati dal male, e che gli unguenti avrebbero dato l'effetto con più applicazioni. E nonostante mi ricadessero a rigagnoli lungo il collo, continuai, imperterrito, a impregnarmi abbondantemente di questi liquidi antidisseccamento e riabilitanti le difese naturali. Purtroppo non era il rimedio. Il prurito e l'abbondante desquamazione aumentavano e la speranza di conservare le chiome svaniva col passare dei mesi e degli anni. Allo stesso tempo aumentava anche il disagio. I collegiali mi deridevano per la chierica incipiente. Non solo, ma, per paura di essere contagiati, si astenevano dall'usare il mio pettine. Ero considerato un appestato, e, perciò, scansato e schivato per timore del contatto con 1'affezione tignosa che stava invadendo e installandosi sul mio cuoio capelluto: allora la calvizie era ritenuta contagiosa. Del periodo delle vacanze non ne parliamo. Alle feste, le ragazze mi rifiutavano il ballo e mi voltavano le spalle. E il rifiuto non potevo non addebitarlo alla mia condizione di semi pelato e all'aspetto sconcio. Che vergogna! Sopportai la terribile esperienza dell'esclusione. Sconsolato, ma non dato per vinto, cercai altri mezzi per combattere la malattia. E intanto, vivevo momenti tristi, durante i quali il verso del Leopardi: «... Oh giorni orrendi in così verde età...», mi girava per la mente come un disco: mi pareva di avere la febbre. 13

14 IL DELETERIO EMPIRISMO DEL BARBIERE Il primo esperto in materia di capelli è generalmente ritenuto il proprio barbiere. In questo artigiano si ripongono, con fiducia, le residue speranze. Lui è il primo che avverte del male il cliente. Non certo per altruismo. L'esigenza di fornire alcune prestazioni oltre al taglio, lo invoglia a suggerire qualche rimedio, ovviamente, a pagamento. Si erge subito a eccellente conoscitore e grande competente del problema. Eppure neanche questa categoria è priva del male. Anzi, rientra nella normale percentuale dei sofferenti la calvizie. Anch'io ho subito l'assillo del mio parrucchiere. Il confidenziale rimprovero che non mi curavo a sufficienza era costante, ogni volta che mi mettevo sotto le sue forbici. Acconsentivo al lavaggio e alle applicazioni delle sue miracolose lozioni, col conto finale sempre più consistente. Però la perdita e la desolazione non cessavano. Costui, spesso, dopo avermeli ben lavati e asciugati, furbescamente, me ne riportava una ciocca a ricoprire la parte vuota; poi, servendosi del secondo specchio, mi faceva vedere 1'immediato beneficio, da lui ottenuto, che, però, svaniva appena uscivo dalla bottega, al primo soffiar di vento. Quando gli feci notare l'inutilità dei suoi rimedi, mi vendette una speciale spazzola dalle setole dure. Dure come quelle che si usano per pulire la criniera e la coda dei cavalli. E mi consigliò anche di spazzolare pigiando forte e pesante, allo scopo di portar via i peli malati, perché così facendo, si sarebbero ripresi quelli sani. Tutte le volte che me li spazzolava me ne mostrava tantissimi impigliati fra le setole. A suo dire erano quelli tarati. Però non riuscivo a capire in qual modo li distinguesse da quelli ancora integri. La tortura ebbe fine al momento in cui gli chiesi se anche lui avesse adottato per sé, lo stesso metodo. Restò secco e muto. Attorno alla sua testa grossa e grassa gli era rimasto un superstite e sottile cerchio di peluria che copriva la parte bassa del parietale, appena qualche centimetro al disopra del padiglione auricolare. Con un saio addosso, nessuno avrebbe dubitato che non fosse un monaco francescano. Sul suo cranio depilato e paonazzo si riflettevano le luci del salone: un volto michelangiolesco. Con quale improntitudine osasse dare consigli, non l'ho mai capito. La sua capoccia liscia, a forma di cocomero, gli dava poco credito. Quando glielo chiesi, non ebbi risposta palese. La intuii dall'improvviso arrossamento del suo volto. Anche se appariva impacciato e confuso dal disagio della repentina domanda, egli, mentendo, ebbe la sfrontatezza di replicare che li aveva persi proprio per aver trascurato quanto mi stava proponendo. Purtroppo, allora, non si potevano confutare le sue teorie. Meno male che non gli diedi retta! La spazzola mi avrebbe spennato dalle radici. E, oggi, non vi avrei potuto porre rimedio. Tanto meno, illustrare, proporre e consigliare il presente e unico metodo per farsi ricrescere i capelli in modo semplice, naturale e spontaneo. Il barbiere era un personaggio strano, incomprensibile, contorto. Una volta, l'ultima, che mi servii di lui, subii un affronto. In quella occasione, mentre mi spazzolava gli abiti dalle residue tracce della sua opera e nell'accompagnarmi all'uscita, si accomiatò da me con ghigno beffardo: «la vecchiaia precoce è arrivata anche per te. Ora, le donnine, se lo vogliono, ti lisciano la pelata». Si riferiva al periodo scolastico delle elementari, ave lo ebbi compagno di classe. 14

15 Non accettai il dileggio e lo sfottò. Perse un c1iente. Il calvo, toccato nel vivo, diventa permaloso. In seguito, quando, di proposito, mi rifeci vivo nel suo salone, e non tanto per il taglio ma per pavoneggiarmi della ricrescita, il barbiere, convinto che avessi il parrucchino, mi acciuffò cafonescamente con l'intento di strapparmelo e deridermi di fronte agli altri clienti. Ci rimase male. Tuttavia abbozzò un cenno di scusa per il gretto e stupido atto. Nel contempo, però, sgranò gli occhi nel notare la prodigiosa guarigione. Volle conoscere, sapere e ottenere il medicamento. Non glielo diedi, mi vendicai. Lo lasciai con un palmo di naso. 15

16 LA DELUDENTE TERAPIA DEL DERMATOLOGO Vista l'inutile sperimentazione delle lozioni e considerando che questi preparati non potevano essere di giovamento alla generalità delle persone, decisi di sottopormi al controllo medico di uno specialista. Le malattie, normalmente, hanno un decorso differenziato: si sviluppano o regrediscono a seconda dell'individuo che le subisce. I medicamenti vanno, quindi, dosati, secondo i singoli casi, con appropriate terapie. Mi armai di ottimismo, ipotizzando che la strada giusta da percorrere fosse quella della medicina. I calvi, pensai, non ricorrono, forse per timidezza o anche per vergogna, alle cure che potrebbero dare i medici debitamente specializzati. Le prescrizioni ordinatemi dal dermatologo, non furono il toccasana. Lo shampoo a base di zolfo, eliminò la forfora, ma non la caduta e il prurito. Il continuo uso arrossava la parte non rigogliosa e quella priva di capelli. I residui peletti diventavano secchi e smunti. Per attenuare il rossore, ad una successiva visita mi fu ordinato di completare il primo lavaggio con un altro comune shampoo e con una lozione a base di cheratina. Seguii anche questa prescrizione, senza successo. L' ottimismo iniziale incominciò a scemare. Suscitai l'adirata reazione del medico, quando, diagnosticandomi la insufficienza di vitamina e di ormoni, gli feci notare che tali primarie sostanze non potevano mancare soltanto in una limitatissima zona della testa e alimentassero solo il parietale e la nuca. Mentre esprimevo, garbatamente e ingenuamente, i miei dubbi su tale ipotesi deficitaria, la sua reazione fu quella di zittirmi imperiosamente con la classica battuta: il medico sono io. Accettai sommessamente il richiamo. Per riverenza e rispetto non ebbi il coraggio di replicare: era una persona avanti negli anni. Neanche il ciclo delle vitamine bloccò il male. Eppure osservai diligentemente le dosi nel periodo del trattamento. Non demordevo: continuavo il controllo dei capelli per accertare qualche sintomo di ripresa. Invano. Il sebo aumentava e la forfora, simile a scaglie di pesce, veniva giù con i ciuffi appiccicati. La seborrea oleosa, dunque, non cessava. I capelli acquistavano sempre più una condizione anemica sottili e corti, deboli e mosci. A questi si stava sostituendo uno strato di peluria atrofizzata. Ormai ero già in piazza, come si usa dire. Ero diventato un diverso. Certamente, la causa è da addebitare all'atrofia del bulbo. Ma il motivo per la quale la radice si secchi in determinati punti e non in tutta la testa, neanche il dermatologo fu in grado di spiegarmelo. Non fu capace, dunque, di dirmi perché il ciclo fisiologico del capello si ripeta costantemente nella zona parietale, e non nella parte calva. Eppure i confini tra la florida e la sterile non sempre sono netti. In alcuni casi il limite è improvviso; non esiste un'area intermedia: si passa, improvvisamente, dalle floridità alla sterilità assoluta; da quella florida ove si riscontra il cuoio capelluto rigoglioso, calloso e di un certo spessore, a quella sterile ove la cute risulta incollata e fusa con l'osso cranico. Massaggiare la parte folta non pone problemi di sorta. La si può muovere in senso rotatorio, o su e giù, con i polpastrelli, senza alcun fastidio o danno, anzi è gradevole e i capelli non cadono. Altrettanto non è possibile dove si è formata la rara peluria perché la pelle, divenuta sottilissima, si è appiccicata al cranio. Neanche questi quesiti ebbero risposta. Come poteva darmela, se anche lui, lo specialista, era pelato!? 16

17 Soltanto ora riconosco che la pretesa di ottenere, oppure di sapere, subito, il rimedio a un male che ha assillato l'uomo per secoli e millenni, era una richiesta assurda. Per la salvaguardia dei capelli, devo affermare che è fondamentale impedire che la cute si attacchi all'osso. Ciò non sarà difficile, né impossibile, neanche per coloro ché, da lungo tempo, se la ritrovano unita al cranio. Lo dimostrerò in seguito con la descrizione dei comportamenti da adottare. Diventerà facile e semplice riportare la parte atrofizzata allo stato antecedente l'assottigliamento. Con le modalità che indicherò, i capelli riacquisteranno vigore, ricresceranno e si rinforzeranno sorprendentemente. Il ciclo fisiologico si riprenderà con evidenza. Il rimedio sarà efficace e dimostrerò che la calvizie non deriva neppure da insufficienza ormonale come finora si è sostenuto. La calvizie inizia a manifestarsi con una tenue forma di dermatosi, non infiammatoria. Successivamente, però, degenera in dermatite che arrossa la pelle e produce prurito nei punti di maggior pressione del cuoio capelluto, a causa della testa «abbassata in avanti». Tale dermatite somiglia ai sintomi iniziali della piaga da decubito che compare in alcune parti del corpo dei lungodegenti per la pressione della cute sul materasso. 17

18 ELEMENTARI COGNIZIONI SCIENTIFICHE All'aggravarsi e al diffondersi del diradamento fui assalito dalla paura di diventare irrimediabilmente calvo del tutto e per tutta la mia vita. Man mano che il tempo passava, il timore diveniva realtà. A nulla valsero le applicazioni dei ritrovati scientifici più recenti. Li provavo tutti. Non badavo a spese anche se aumentavano sempre più consistentemente. Tra questi ritrovati mi vengono in mente quelli che possedevano gli stessi aminoacidi dei capelli: glicina e serina; quelli a base di siliconi per farli ridiventare setolosi e floridi e quelli per infertilire la cuticola. Volevo essere aggiornato e non perdere alcuna possibilità di intervento, esterno o interno, che avesse il potere, non dico di far regredire il male, ma almeno di bloccarlo. Mi ero convinto che bisognava operare con tutti i mezzi a disposizione per conservare almeno le radici e che, senza queste, ogni speranza sarebbe stata vana. Ecco perché non trascuravo l'uso degli unguenti appena messi in commercio. Affinché agissero contro i capelli secchi, le lozioni erano costituite da sostanze nutritive quali l'estratto di vegetale, lievito di birra, proteine, composti multiminerali, e da balsami al miele e al ginseng. Per eliminare la forfora, i preparati erano ottenuti dall'olio estratto da varie specie di erbe e dall'ortica, per eliminare l'untuosità e bloccare la caduta. Provavo le novità, perché le precedenti mi deludevano. Inoltre, osservai rigorosamente, ma inutilmente, anche le indicazioni dei tricologi che mi prescrissero una equilibrata alimentazione per influire positivamente sul funzionamento del fegato, dalla cui attività, dicevano, dipendeva la salute dei capelli: 1'eliminazione di ogni tensione psicologica in quanto la condizione di stress che ne deriva sarebbe funesto per i bulbi, e l'acquisizione di uno stato di tranquillità. Nonostante le delusioni per tutte queste indicazioni, perseveravo nelle prove sperando di indovinare quella giusta. Purtroppo, non c'era niente da fare. Pertanto, oltre a sperimentare medicine e ogni genere di ipotetici rimedi, mi dedicai con interesse e passione, alla lettura dei trattati riguardanti la crescita e lo sviluppo del capello, consultando pubblicazioni scientifiche su riviste specializzate, nella speranza di scoprire i meccanismi o le sostanze che alimentano e danno vigore all'ornamento più bello del volto umano. Mi sono impegnato nello studio del metabolismo per cercare, o tentare, di capire il substrato, enzimatico e proteico, utile alla vita del capello. Per prima cosa assodai che la pelle è formata da microscopici strati e che in essi hanno sede i bulbi, con le loro papille, e le ghiandole sudoripare. Inoltre, che i capillari sanguigni stanno al disotto del bulbo e che, su di esso, insistono la ghiandola sebacea e il muscolo del pelo. Gli strati, segnati da minuti rilievi, formano la cute anserina. I rilievi appuntiti, l'accapponatura, che si formano sulla pelle dell'uomo in reazione al freddo o alle emozioni, sono originati dalla contrattura del muscolo erettore. L'essere venuto a conoscenza che anche il pelo è fornito di muscolo, mi sarà oltremodo utile nel prosieguo della ricerca. Ma quando accertai l'impossibilità di guarire per l'origine ereditaria del mio male, lo scoramento e la rassegnazione stavano quasi per bloccarmi, definitivamente. Infatti la mia affezione era da catalogare tra quelle di natura genetica: mio padre era calvo e anche mia madre era di capigliatura rada. La disposizione morbosa si manifestò con la debolezza dei peli e il loro ripiegamento su se stessi. Apparivano privi di forza, stesi sulla cute, e cadevano. Ne ricrescevano altri, microscopici. E successivamente scomparivano anch'essi. Dunque, la medicina ha studiato i sintomi e le cause, la natura e l'evoluzione della malattia, ma la terapia non l'ha mai scoperta. Ha attribuito la perdita ad 18

19 un male diffuso nella cute, rimasto però sempre sconosciuto. Ho accertato che l'assottigliamento del cuoio capelluto è dovuto alla forfora e all'enorme quantità di sebo che si forma, riempiendo gli alveoli dei bulbi. E che la ricrescita è impedita da una inadeguata circolazione del sangue nei pressi delle radici: meno alimento, meno crescita. Ho accertato che anche i trapianti sono inutili, perché l'innesto, se non è alimentato a dovere, è destinato a fallire, come è avvenuto per i capelli originari. Il frequente uso di poltiglie chimiche, cui ci si sottopone per arginare la caduta, possono, in alcuni casi, impedire la fecondità della radice. La composizione dell'unguento può contenere delle sostanze nocive al bulbo. Nel campo dei cosmetici, sono soprattutto le donne che abusano di tali prodotti. E non da oggi. Le stesse antiche romane divenivano spelacchiate subito dopo la pubertà, alle soglie dei vent'anni, proprio per le empiriche e approssimative sostanze usate per modificare, colorare e abbellire le chiome. Era un abbellimento effimero perché soffocava i bulbi, irrimediabilmente. Un'altra strada da me seguita è stata quella di esaminare la struttura del capello. Dal confronto delle sostanze rinvenute nei capelli sani e in quelli caduchi, gli analisti, valutandone le differenze, hanno messo in luce la diversità della composizione degli elementi costitutivi, pur avendoli prelevati dallo stesso individuo, parzialmente calvo. Mi sono sottoposto anche all'analisi e alla relativa sperimentazione con l'integrazione dei minerali di cui accusavo la scarsità e la deficienza. Ma segni incoraggianti non ne ho mai visti. Dunque non poteva essere neanche la penuria di minerali, la causa dell'asfissia, per una elementare considerazione: le sostanze deficitarie non potevano mancare o discriminare qualche ciuffo, e basta. E se fosse questo il motivo, quale era l'ostacolo che ne impediva e limitava il normale afflusso nei bulbi? Altro mistero irrisolto! Infine, su consiglio di specialisti, ho provato, con esiti negativi, prodotti di ogni genere e qualità, compresi quelli che sarebbero stati idonei al mio caso. Senza voler far oltraggio ad alcuno ed escludendo ogni intento polemico, debbo dichiarare che, in questo specifico campo, gli antidoti praticati si sono dimostrati dei semplici palliativi. Così come si sono rivelate infondate le teorie sull'origine del male. 19

20 LA FUNZIONE PROTETTIVA Constatata l'inefficacia dei farmaci, la mia mente si è conseguentemente orientata a ragionare col metodo della deduzione, stabilendo e convincendosi che soltanto il proprio sangue possiede le sostanze che si vogliono irrorare tramite le medicine, o con l'ausilio delle lozioni, per lenire il male. Da questo assioma è derivata la convinzione che il plasma sanguigno non arrivi in quantità sufficiente ad alimentare la vita dei capelli. Di conseguenza, la logica mi ha convinto che occorreva accertare se esistessero ostacoli o impedimenti che bloccassero o, quanto meno, ostruissero il normale afflusso e il libero passaggio; oppure se esistesse un fattore di debolezza nella forza che dà la spinta al sangue per arrivare alla sommità del capo. Pensandoci bene e approfondendo il ragionamento, considerai che bisognava tornare alla cura naturale: far funzionare, correttamente, gli organi del proprio corpo per rivitalizzare quelli atrofizzati. Nel procedere in questa direzione, mi è stata di grande aiuto una elementare constatazione. Perché, mi chiedevo, nel mondo degli animali, la peluria è florida,in tutte le bestie e non esistono, se non in casi rari, individui che ne sono privi? Una pecora pelata non l'ho mai vista. Proprio per il fatto di sapere che la testa dell'uomo è irrorata da una peculiare circolazione sanguigna, ottimamente diffusa, che le permette, a differenza del resto del corpo, di rimanere scoperta in ogni stagione senza risentire delle intemperie conseguenti alla diversità del clima e senza accusare rilevanti indisposizioni, se non raramente, insistevo nel domandarmi perché, nonostante questa peculiarità, molti divenissero calvi. La testa è l'unico organo del corpo umano che non necessita di indumenti protettivi. Neppure quando si dorme: può stare tranquillamente scoperta. Anche gli animali sono totalmente e permanentemente privi di protezione vestiaria. L'esempio degli animali non andava a genio ai miei interlocutori con i quali discutevo dell'argomento. Questi miei contraddittori giustificavano l'integrità fisiologica delle bestie, asserendo che la peluria aveva, una funzione protettiva, mentre i capelli non avevano nessuna importanza e nessun compito particolare. A convincerli non ebbe forza neanche la tesi secondo cui la natura è stata provvida e che quindi avessero delle specifiche prerogative, quali la protezione dal freddo, dall'umidità, dai raggi del sole e che, per sopperire a tali disagi e inconvenienti, è stato inventato il copricapo. Non valse neppure mettere in risalto che era priva di fondamento l'errata teoria, in base alla quale, siano inutili le sopracciglia, dimenticando, invece, che esse servono a salvaguardare gli occhi dal fluire del sudore e per far ombra alle pupille, preservandole e conservandole efficienti. La stessa utilità hanno i peli delle palpebre perché impediscono il passaggio di polvere e di altri agenti esterni nel bulbo oculare, così come quelli che crescono all'interno delle narici sono destinati a filtrare l'aria che si respira, bloccando l'accesso agli insetti e ad altri minuti frammenti di vario genere, In poche parole, i miei interlocutori erano dello stesso parere del poeta Ovidio quando sostiene che la cura dei capelli è di esclusiva pertinenza delle donne e mai degli uomini: coloro che curano la propria capigliatura devono essere derisi e considerati degli effeminati e dei narcisi, ma soprattutto erano d'accordo con Sinesio di Cirene ( d.c.) che, nell'opuscolo «L'encomio della calvizie», sostiene, senza dimostrarla, la stessa tesi di Ovidio. I miei interlocutori avevano, dalla loro, illustri antesignani. Chi può, dunque, dubitare che i capelli non siano uno strumento mirante ad evitare che la massa celebrale venga colpita e danneggiata dalle radiazioni solari? Ma c'è un'innegabile verità. Il consistente spessore del cuoio capelluto ci preserva dalla dispersione del calore corporeo. Il calore, secondo le leggi della fisica, tende a fuoriuscire dal punto più alto. Per questa ragione, la pelle degli animali è più spessa sul dorso che non nel ventre. 20

21 Nell'uomo, data la sua stazione eretta, la pelle più spessa si trova sulla testa, proprio allo scopo di conservare, e non disperdere facilmente, il calore. Ecco quindi l'esigenza di scoprire dove, come e perché si fosse inceppato il meccanismo anatomico fornitoci dalla natura. Con questi presupposti la mia ricerca andò avanti testardamente e con cocciutaggine. Ad insistere nella medicina alternativa mi fu di ausilio e sprone l'attuale orientamento di quella ufficiale che prescrive, per esempio, di far roteare il cristallino attorno al bulbo oculare per conservare efficiente la sua elasticità e quindi la vista anche nella tarda età; o quella che consigliano i cardiologi ai pazienti reduci da infarto: effettuare lunghe e rilassanti camminate in quanto il metodico e cadenzato passo aiuta a sciogliere i grassi e a coadiuvare il cuore nella sua funzione di pompa, facendo affluire il sangue, tramite i vasi capillari, nelle parti più periferiche del nostro organismo. In analogia a questo orientamento medicamentoso, ho scoperto e stabilito, accertato e sperimentato, il metodo, facile ed elementare, per intervenire, autonomamente e senza medicamenti, contro il deterioramento e la scomparsa della capigliatura. Intervento di tipo comportamentale che, stimolando le radici germinali, fa decisamente regredire il male e, contestualmente, riprendere la vitalità e la ricrescita dei capelli, in modo graduale, ma omogeneo, su tutta la superficie cutanea, affetta dalla calvizie. 21

22 UN RICORDO MISTERIOSO Nel rimuginare e ripensare alla causa che poteva cagionare l'indebolimento e a quella che, al contrario, poteva concorrere alla conservazione della capigliatura, mi sovveniva, spesso, una vicenda interessante, curiosa e inspiegabile che vissi nella prima giovinezza. Un ricordo che sa di macabro e, allo stesso tempo, di mistero. Ogni anno, in novembre si onorano i defunti. In un giorno di quel mese, il sagrestano mi invitò ad accompagnarlo al cimitero del villaggio, dove doveva preparare la cappella per la rituale funzione religiosa, prevista dal calendario. Per la prima volta misi piede nel camposanto. Era di dimensioni ridotte. I pochi e secolari cipressi, disposti in disordinati e brevi filari, ricoprivano, con la loro ombra, la superficie riservata alle sepolture. Nonostante la ristrettezza dello spazio, si poteva rilevare una sorta di piccolo mondo, delimitato da confini e suddiviso in tanti comparti, in relazione alla qualifica dei sepolti. Il sagrestano, facendomi da guida mi condusse a esplorarlo e, mentre calcavamo il suolo, mi additava le varie localizzazioni e delimitazioni. Più precisamente mi spiegò; «vedi, in questo angolo brullo e abbandonato giacciono i morti ammazzati: quelli crepati, privi dei sacramenti e dell'olio santo. Questi tizi sono finiti all'inferno. Peggio per loro che non si sono pentiti dei peccati, confessandosi! Qui giacciono quelli che si trovano nel limbo e non andranno mai in paradiso perché sono morti prima di ricevere il battesimo e l'olio santo: non hanno fatto in tempo a diventare figli di Gesù. In quest'altro posto adorno di fiori, sono sepolti gli angioletti; i fanciulli battezzati e poi deceduti». In prossimità di alcuni monumenti funebri, rivestiti di marmo e adornati di statue, simboli, fotografie e da angeli in atto di spiccare il volo, gli chiesi chi vi giacesse. Soddisfatto, caricato dal mio interesse e assumendo un tono cattedratico, continuò: «lì ci sono i ricchi. I ricchi vanno tutti in paradiso perché hanno lasciato molti soldi con i quali gli eredi possono pagare molte messe, di quelle cantate, di quelle recitate a tre preti, con tutte le luci accese ed eseguite solennemente nell'altare maggiore e accompagnate da canti e dalla musica dell'organo. Queste funzioni costano; pochi se le possono permettere! Il prete più lo paghi e più prega, e i morti, nel purgatorio, ci restano meno tempo. Lo sai che un neonato, figlio del più ricco di paese è stato, dietro compenso, battezzato dopo morto per farlo andare alla gloria celeste, anziché nel limbo!?». Mentre esponeva dettagliatamente i suoi convincimenti, mi venivano spontanee alcune riflessioni e qualche dubbio, deducendone che, secondo il suo blasfemo ragionamento, questo e 1'altro mondo, erano esclusive prerogative dei benestanti. Non mi convinceva. In silenzio mi ribellavo e rifiutavo le sue certezze. Le sue idee contrastavano con i principi cui ero stato educato e che si basano sull'osservanza dell'onestà, della carità, della tolleranza, dell'altruismo: virtù fondamentali per acquisire il mondo avvenire. Lasciato il campo aperto, mi condusse a visitare l'ossario: un fosso, coperto da una fatiscente tettoia, ricolmo di ossa, teschi, femori e casse toraciche; e avvolto da spesse ragnatele, a imbuto, dominate da grossi ragni neri. Quella visione mi fece accapponare la pelle. Per lo spavento, per la puzza e il tanfo abbandonai di corsa quel raccapricciante e tenebroso luogo. Usciti fuori, l'accompagnatore mi trattenne per informarmi che, poiché nel cimitero non vi era più spazio, si dissotterravano le salme per far posto ai morti più recenti, depositando gli scheletri nell'ossario, e soggiunse: «aspetta che te ne faccio vedere una di queste, prossima alla traslazione». Scoperchiò una tomba ave giaceva un cadavere in via di decomposizione e, sorpreso, esclamò: «Eh! guarda un po'! a questo tizio, che era semicalvo, gli sono ricresciuti i capelli e la barba». Dopo questa ulteriore macabra visione, finalmente, l'avventura si concluse. All'uscita, una leggera brezza, profumata dall'odore del fieno falciato nei vicini campi, mi risvegliò, liberandomi 22

23 dagli incubi. Ebbi la stessa sensazione del Poeta: «e tornammo a riveder le stelle». Beh! Noi rivedemmo la campagna, armenti pascolare e, più in là, un bosco spelacchiato e carbonizzato da un recente incendio. Durante il rientro in paese, per appagare il mio desiderio e la voglia di sapere, gli chiesi che cosa fosse l'olio santo. Mi spiegò che era lo strutto di maiale che la gente offre alla parrocchia per essere usato quale unzione nei battesimi, nelle cresime e per i moribondi, e, sottovoce, avvicinandomisi all'orecchio, mi svelò, con cattiveria e maldicenza, un irriverente e divertente segreto. Mi confidò che il prete, siccome era un uomo avaro, il grasso di maiale lo usava per cucinare e al suo posto, di nascosto, nelle sacre ampolle lo sostituiva col non mangereccio sego di capra. Non solo, ma che mischiava, a quello di capra, il sego di pecora con l'aggiunta di essenze profumate; e che tramite la complicità della perpetua, vendeva tale intruglio ai parrocchiani, quale effimero rimedio alla calvizie. Involontariamente, l'anziano sagrestano, con le sue incredibili rivelazioni, mi stava conducendo verso la conoscenza dell'immoralità di cui spesso è contagiata la società umana, senza distinzioni di classi. Quanta speculazione sui capelli! Anche nel piccolo borgo sperduto fra le montagne! Ma la questione che più mi rimase indelebilmente impressa riguardava l'inesplicabile fenomeno riscontrato in quella salma: per quale ragione i capelli ricrescono ai morti e non ai vivi? Successivamente, appurai che la crescita era dovuta alla cheratina e ai polisaccaridi: residue sostanze proteiche rimaste in essere nel cadavere. Durante la mia indagine e nel far memoria della vicenda, azzardai la supposizione che la ripresa vitalità dei capelli fosse stata favorita dalla cute nell'essersi staccata dalla parete ossea. Perfetto. Supposizione azzeccata. Lo stacco si era reso possibile in quanto il cranio, appoggiato sul basamento, aveva permesso al rivestimento cutaneo di essere meno aderente e più allentato. E che quindi il micro spazio formatosi, avesse dato la stura alle radici pilifere nel procurarsi il glucìde e l'ossigeno, direttamente dall'aria. Anche questo concetto è stato utile, stimolante e fondamentale nell'induzione e nel procedere delle supposizioni, infatti, la cute, rilassandosi, si dilata e allarga i pori, dove, dall'esterno, si inserisce l'ossigeno, primario alimento del bulbo pilifero. 23

24 L'IMPAVIDA E AVVENTATA SFIDA Le cure empiriche e scientifiche cui mi ero sottoposto, non davano speranze alla reversibilità del male. Non valse a nulla neppure l'uso di una retina che mi infilavo ogni notte per tenere fissi e composti i capelli. È vergognoso ammetterlo: restai qualche settimana con la testa sporca; non la lavavo, convinto che meno la strapazzavo, più a lungo nel tempo potevo conservare le chiome. Però, la crosta, la forfora, il grasso e il prurito erano insopportabili. Non potei farne a meno: mi lavai. La pulizia è più importante di qualsiasi altra cosa. All'igiene della persona non si può rinunciare. Tentai il taglio a raso. Epperò, la vergogna si impadronì di me e non uscii di casa finché non mi ricrebbero. Per un evento improvviso, a cui non potei sottrarmi, fui costretto ad abbandonare la clausura, soggiacendo ai lazzi e agli sberleffi degli amici che, subitamente, mi appiopparono il nomignolo di teschione, testa da morto. La rapatura aveva, al dire degli esperti, una giustificazione logica: se la barba, più la si rade e più cresce, se ne dovrebbe dedurre che sia la stessa cosa per i capelli. Niente da fare. Cadevano giù anche se tagliati cortissimi o rasati. Alla rapata a zero dei peli superstiti, preferivo farmi la riga all'altezza delle basette e riportarmeli sopra il capo a ricoprire lo spazio vuoto. Ovviamente apparivo goffo, ma, se non altro, nascondevo le imperfezioni e la sinuosità del cranio e anche qualche inestetica cicatrice, procuratami in gioventù. In un primo tempo questo tipo di stratagemma lo potevo eseguire facilmente perché quei peli laterali me li lasciavo crescere lunghi; successivamente, non fu possibile neanche simile accorgimento: si diradarono ulteriormente. Avevo terrore del vento che da queste parti, specie il maestrale, soffia forte: mi scarmigliava quei pochi capelli che mi erano rimasti. Ogni volta, per cogliere la corrente d'aria in direzione della pettinatura ero costretto a camminare di traverso, controvento, e a trattenerli con la mano per evitare che svolazzassero e scoperchiassero il nudo cranio. Quando la ventata era improvvisa e travolgente, me li ritrovavo ricaduti sul collo, ricoprendomi la guancia e solleticandomi fastidiosamente l'orecchio. La lacca fissante non reggeva alle folate. Inoltre, per quanto,mi riguardava, il ciuffo anteriore, anzi la cresta, aveva altresì la funzione di elevare la mia modesta statura di qualche centimetro: un solo centimetro guadagnato, mi dava consolazione. Il mio fisico non è prestante e imponente, è minuto: inferiore alla media. Una statura pari a quella di un pivot di una squadra di palla a volo, ma che giuochi in un campo da tennis. Ormai, la psiche cominciava a vacillare. Alla mia indole di persona socievole, ottimista e carica di, buonumore, che riuscivo a trasmettere anche al prossimo sia nell'ambiente di lavoro che nel tempo libero, si sostituì una depressione che modificava radicalmente il carattere: non più allegria e spensieratezza, ma tristezza e mutismo; ridicolo agli occhi di tutti. Non ero più socievole. La timidezza e la riservatezza diventarono le caratteristiche della mia personalità. Il rapporto con l'altro sesso, poi, era deprimente: o evitavo di incontrarlo cambiando strada, o 24

25 me la svignavo all'inglese, abbandonando, furtivamente, la combriccola con cui stavo, perché mi consideravo un minorato. Se, però, non potendo evitare l'incontro e quindi obbligato a stare in compagnia, il discorso lo incentravo pedantemente sul mio handicap. Mi accorgevo di essere noioso e insopportabile, fastidioso e uggioso, a me stesso e agli altri. Inconsciamente, volevo scaricare sul prossimo il mio tormento. L'indicibile tormento, accompagnato dall'intima sofferenza psichica, mi condusse irreparabilmente e volontariamente, a sfidare il Creatore. E, come un figlio sfida il proprio genitore per risolvere situazioni familiari, con gli stessi modi mi rivolsi al Padre eterno proponendogli che avrei rinunciato al paradiso se mi avesse fatto ricrescere i capelli. La sfida era intrisa anche di verve polemica: ma come! Ai morti sì e ai vivi no! La magnanimità paterna non delude. Quasi sempre il figlio viene accontentato e, spesso, senza contropartita. Tuttavia, confesso che, nonostante l'azzardo dell'ignominiosa sfida, non so a chi dare il merito della scoperta. Sarà stata l'ispirazione divina; sarà il frutto della cocciutaggine nella ricerca dei rimedi; sarà stata l'incrollabile volontà di arrivare all'obbiettivo; sarà stata la fortuna, quale la intende il Machiavelli: virtù che premia i tenaci; sarà stata l'innata prerogativa di trovare in se stessi le soluzioni alle irrazionali e insolite difficoltà di cui spesso siamo oberati: quando, appunto, se ne dà l'incarico al subconscio, che successivamente risolve il quid, come se fosse un elaboratore elettronico; comunque sia, adesso gioisco per la meta raggiunta. Sono felice e desidero dare serenità a coloro che sono, tuttora, vittime infelici e che, solo loro, possono comprendere le pene, le traversie, la melanconia e la rabbia che mi indussero alla disperazione e all'avventata sfida. Oggi, vivo il dramma inverso. Mi resta da risolvere il dilemma della grande rinuncia. Mi pentirò dell'affronto. Anzi sono già pentito. L'Eterno, con la sua infinita bontà e la sua generosità, mi assolverà. Ne sono certo, non essendo, il Grande Architetto dell'universo, un dio vendicatore. 25

26 LA PRIMA INTUIZIONE: NESSUNO È CALVO NEL PARIETALE E NELL'OCCIPITALE È comunemente accettato che i capelli non siano indispensabili e che non siano utili al corpo umano, per cui la loro perdita non dovrebbe influire sulla salute dell'organismo. La loro utilità va ricercata quale ornamento estetico. Questo convincimento può essere valido, in parte. Per i maschi, dato il largo numero di calvi, può essere una consolazione. Non essendoci stato, finora, alcun rimedio alla totale o parziale mancanza di capelli, la nota espressione riportata nella favola, la volpe e l'uva: «nondum matura est» vale anche in questo caso: ci si adegua. Ci rassegniamo all'ineluttabile. Per la donna il discorso cambia. Immaginaria priva dell'ornamento della capigliatura è impossibile; la sua bellezza e il suo fascino svanirebbero. Non solo, ma subirebbe un complesso psicologico, non facile da curare. La sua vita diventerebbe difficile e piena di ossessioni che cagionerebbero angoscia, affanno e depressione. Ecco, dunque, l'esigenza di salvaguardare, in ogni persona, il benessere psichico per non influire negativamente su quello fisico: mens sana in corpore sano. Madre natura è stata provvida privilegiando il sesso femminile. Resta da stabilire se sia un privilegio oppure un fatto connesso alla sua conformazione fisica. Ho potuto accertare e verificare che non si tratta di un dono particolare, ma che, tale prerogativa dipende dal suo naturale comportamento che indicherò in seguito con dati e riscontri. Basta guardarsi in giro per verificare che la calvizie colpisce un'alta percentuale di maschi, di qualsivoglia età, mentre invece, mai, o raramente, si instaura nelle donne. Continuamente mi chiedevo quale fosse la causa di questa differenza, Le giustificazioni date dai dermatologi e dagli endocrinologi circa la mancanza di determinati ormoni, non mi hanno mai convinto e non mi hanno impedito di perseguire la verità. Come un filosofo che si pone alla ricerca dell'essenza di questo mondo, io, più modestamente, sono andato a speculare su un argomento più prosaico. L'empirica speculazione consisteva nel trovare prove concrete per appurare se le teorie dei ricercatori ufficiali possedessero un fondamento pratico e plausibile. Mi domandavo: se fosse vera la tesi, basata sulla penuria di ormoni, i capelli dovrebbero cadere, in modo omogeneo, da tutta la testa e non soltanto in una parte di essa, quella del vertice. Invece la, calvizie, estesa o limitata, la si riscontra, esclusivamente, nella parte superiore della testa, dalla fronte alla cervice. Nei calvi, quindi, si nota, senza alcuna eccezione, che il cuoio capelluto, che ricopre la parte parietale e occipitale dell'osso cranico, è intatto e florido: lì la calvizie non si diffonde e i capelli sono solidi e fissi, non cadono; lì non si forma forfora né mai si sente prurito. In quella zona tutti quanti, calvi e non, possediamo la stessa identica capigliatura: nessuno ne è privo e nessuno la perde: calvi nel parietale non se ne vedono. Altra considerazione oggetto dell'analisi, riguardava l'età in cui il capello si affievolisce e cade. Nessuno, o pochissimi, diventa calvo nella giovane età: ad eccezione di alcuni casi derivanti da specifiche malattie incurabili; però in questi soggetti non è mai esistita la radice. La perdita, come si sa, inizia dopo l'età puberale. Questo fenomeno è riferito, soprattutto, alle persone di sesso maschile. 26

27 Esaminando, anche superficialmente, la parte della testa ove sono spariti i capelli, si rileva che il cuoio capelluto risulta sottile, roseo o rossiccio: ha assunto le stesse caratteristiche riscontrabili nell'epidermide che riveste il nostro corpo. È diventato simile, anzi, identico al resto della pelle. Mentre quello che si trova nel parieta1e e nell'occipitale si mantiene costantemente di colore grigio-chiaro e di consistente spessore: una caratteristica conservata dalla fitta e massiccia diffusione delle radici pilifere. E rimane tale anche nell'età avanzata. Neppure la vecchiaia la scalfisce. Furono questi quesiti, i nodi dell'intricata questione che dovevo sciogliere e che ho sciolto con somma soddisfazione. Lo stimolo a perseverare mi è venuto dalla florida condizione del parietale. L'intuizione dell'evidente e rimarcata differenza mi ha condotto a scoprire dove stavano i difetti e gli inconvenienti che cagionano la calvizie; a scoprire il congegno anatomico preposto alla vita dei capelli; a trovare il modo, naturale e perfetto, per rimetterlo in funzione e stimolare la ricrescita, senza lozioni, senza medicine e senza trapianti. 27

28 LA SCOPERTA PIU IMPORTANTE Nella ricerca scientifica le invenzioni, sovente, sono frutto della casualità. Il progresso scientifico e tecnologico viene gratificato da scoperte improvvise e inaspettate. I credenti le fanno risalire all'ispirazione divina. I laici alla costanza nella ricerca e agli esperimenti: da cosa nasce cosa. Purtroppo, non è possibile propendere per alcuna delle due ipotesi. Il tema lo lasciamo ai filosofi e ai teologi. C'è da considerare, però, che in molti si dedicano allo studio, ma l'invenzione è soltanto del singolo. Il rimedio scoperto è frutto del costante impegno posto nello studio e nell'osservazione del fenomeno. Delle tante osservazioni, vediamo quella, la prima, che si è rivelata vincente e determinante, risolutiva e stimolante. Nella mia qualità di dirigente amministrativo, dovevo trovare la soluzione ad uno sciopero ad oltranza proclamato dai lavoratori pubblici per rivendicare questioni di carattere normativo e contrattuale, da risolvere in ambito locale. Col responsabile provinciale del settore, che convocai appositamente, mi trattenni a discutere per diverse ore. Non si poteva, lasciare la gente priva di un servizio pubblico indispensabile. Gli uffici chiusi generano danni soprattutto ai meno abbienti. Certo, oltre a loro, ciò produce disagio anche alla collettività in generale. Impostai il discorso sui casi umani, per influire sulla sensibilità del mio interlocutore: un operatore del sociale non può trascurare il risvolto umanitario. Mi accorsi di aver toccato, il punto debole della sua irremovibile posizione. Ne approfittai per convincerlo a concordare con la controparte un onorevole compromesso. Assumersi la colpa di non pagare le pensioni fu l'argomento determinante per abbattere le ultime resistenze. E forse, anche il tono, risoluto, con cui accompagnai le mie argomentazioni. Mentre egli esponeva le sue ragioni, rilevai il suo disagio nelle espressioni del viso: l'accigliarsi, lo storcere il naso, il pigiarsi la fronte con i pollici e la testa appoggiata alla spalla destra. Il ticchio più interessante lo riscontrai nel continuo movimento a fisarmonica della fronte: riusciva, quasi, a far combaciare la ciocca dei capelli anteriori con le sopracciglia e, contestualmente, abbassava tutta la crosta cutanea che ingloba la volta cranica. Sembrava il famoso attore comico De Curtis, quando nelle sue brillanti e indimenticabili interpretazioni, fa ondeggiare, avanti e indietro, il suo copricapo. Addebitai quella ininterrotta movenza contrattile alle difficoltà in cui si era cacciato e alla voglia di accondiscendere ad una intesa. Si tratterà forse di una questione nevrotica derivante dalla situazione contingente, e, quindi, passeggera, pensai, No affatto. Mi sbagliavo. La mossa, cadenzata, si ripeteva pure a soluzione concordata. Era un impulso naturale, analogo a quello che ricevono le palpebre e qualsiasi altro organo del corpo: istintivo, meccanico e replicato inavvertitamente. Nei successivi incontri, notavo quella periodica e costante oscillazione delle sue dense chiome: si abbassavano appena solleva va le sopracciglia. Il sindacalista era dotato di una capigliatura foltissima, invidiabile: stava sempre corrugato! Ciò posto, volli fare un confronto: mi misi allo specchio e cercai di imitarlo. Il mio cuoio capelluto, quello pelato, risultava immobile: non avvertivo alcun labile sintomo. 28

29 Era congiunto e compatto con l'osso cranico. Anche se mi o accigliavo, tutto restava rigido e fisso. La spinta del muscolo sopraccigliare si limitava appena a lambire i sopraccigli. La mia fronte, liscia, non risenti va dello stimolo. Dopo aver riflettuto sul fenomeno, ne dedussi che dal costante e continuo massaggio forse derivava la vitalità dei capelli. Spronato da questa convinzione, mi dedicai ad osservare sistematicamente quella parte del viso in tutte le persone, con particolare attenzione a quelle dotate di folta chioma. Ebbi una ottima conferma: in tutti coloro che possedevano una buona capigliatura, quel movimento era costante e periodico. Per sincerarmi ulteriormente, una volta, a quel mio amico agitatore sindacale, posi, in modo confidenziale e con il suo permesso, la mano sul capo e feci alcuni massaggi: il cuoio capelluto oscillava docilmente e senza resistenza, di qualche centimetro. Per associazione di idee, mi sovvenne l'analogia con la pelliccia degli animali: con la leggera spinta della mano, la pelle scivola dolcemente lungo la loro schiena, proprio perché resta staccata. Forse, mi dissi, questa volta, ho scoperto l'arcano: mi entusiasmai. L'entusiasmo si consolidò e accrebbe ancor di più per aver constatato che la stessa identica oscillazione avveniva nel mio parietale, dove le calvizie non si era diffusa. Da allora in poi, ogni giorno e a più riprese, mettevo le palme delle mani sopra la testa e, favorendolo, avviavo lo spostamento, altalenante, del cuoio capelluto: sollevavo le ciglia e abbassavo la cute. Se questo movimento non avviene in modo spontaneo, lo farò forzatamente, mi imposi. Un po' alla volta e con qualche pizzicore, riuscii nell'intento. Con i polpastrelli delle dita coadiuvavo la spinta che istintivamente davo alla fronte e alle orecchie. L'azione delle mani era contemporanea e contestuale a quella delle sopracciglia; e continuò fino a quando la cute non si ricollegò per oscillare autonomamente e in sincronia con la mossa corrugatrice. Impiegai del tempo per riacquistare l'originaria fluidità; ma molto meno di quello occorso per atrofizzarsi. Infatti, dopo qualche settimana, corrugavo benissimo, come tutti i capelluti. In natl1ra, come si sa, si impiega più tempo per appassire che non per rinverdire. Una piantina si secca lentamente. Ma appena la si innaffia, si riprende subito. Infatti, la prima sorpresa fu quella di constatare che, pur pettinandoli o strofinandoli rudemente, i capelli non cadevano più. Avevo bloccato la caduta! All'istante! Dal giorno dopo! Finalmente! I peletti superstiti si raddrizzarono. Non erano più brulli, appassiti e flosci, ma irti e spinosi. Sfregandoli, me li sentivo ispidi come se stessero ricrescendo dopo una rapata a zero. Visti gli inaspettati e sorprendenti risultati, mi diedi un programma attuativo che consisteva nel riuscire a staccare definitivamente la pelle dall'osso cranico e nell'impedire che vi si riattaccasse. La metodologia adottata consisteva nel pressare la testa, ai suoi lati, con le mani a dita incrociate, a guisa di pinza. E, sempre con le palme delle mani, facevo scorrere, su e giù, il cuoio capelluto per rimuovere la sua dura rigidità. Così facendo, spiccicavo e sollevavo tutta la cute pelata. A questo scopo, inoltre, mi sono inventato anche un apposito congegno da infilare sulla testa per mantenere staccata e autonoma la cute, e per facilitare il moto del corrugatore: una fascia elastica che cingeva il parietale: serviva a collegare l'impulso del muscolo al cuoio capelluto. Ovviamente, non potevo andare in giro con quell'aggeggio. L'adoperai fino a quando non riabilitai la naturale oscillazione. Lo usai per accelerare al massimo il ripristino della corrugazione e far spuntare subito i capelli. Mi ero servito della fascia elastica all'inizio della sperimentazione della labile intuizione. E durò sino a che non arrivai a conoscere a fondo il sistema e l'insieme degli elementi fondamentali riguardanti la crescita, lo sviluppo e la vita dei capelli, La fascia è utilissima: la consiglio a tutti. 29

30 Riacquistata, in siffatta maniera, la funzionalità oscillante del mio cuoio capelluto, mi dedicai ad imitare il sindacalista attuando, in sincronia con lui, le stesse sue mosse: lui, però, era ignaro di quanto stavo facendo. Ciò accadde durante un lungo viaggio per partecipare ad un convegno fuori sede. Lui guidava ed io, seduto al suo fianco, scimmiottavo, nei modi e nei tempi, le corrugazioni della sua fronte e tenevo la testa ben curvata lateralmente, ma mai piegata in avanti. La mia corrugazione era talmente evidente e rimarcata che, ad un certo punto, egli si informò se soffrissi il mal d'auto. Lo rassicurai, senza svelargli il motivo. Dopo tale esperienza, la metodica corrugazione divenne una costante e notevole caratteristica della mia fronte facilitata dal tenere la testa lungamente appoggiata su una delle due spalle. Ne valeva la pena! Mi ricrescevano castani, come li possedevo da giovane! L'imitazione funzionava e rendeva ottimi risultati. La strada sembrava essere quella giusta. Anzi era proprio quella esatta, quella corrispondente al vero: mi trovavo in dirittura d'arrivo. L'impenetrabile arcano si stava dipanando e la conoscenza impossessandosi di precise cognizioni, di esatti apprendimenti e di dati certi, inconfutabili e inopinabili. Epperò, restavano ancora da sciogliere tanti altri nodi legati al fenomeno calvizie: l'origine che determina l'attaccarsi della cute; perché si attacchi soltanto in alcuni punti e come mai ciò accade soltanto ai calvi; scoprire quale fosse l'alimento principale dei bulbi e come l'attingessero dall'organismo; quale fosse la ragione dell'abbondanza dei capelli nelle donne; e, perché no, dare al metodo della guarigione una validità scientifica. L'indagine è proseguita fino ad impadronirmi pienamente dell'argomento nelle sue varie sfaccettature e fino a poter disporre, in modo certo, di ogni spiegazione inerente alla soluzione del problema riguardante i capelli: dalla perdita alla ricrescita, dai tre tipi di calvizie, chierica, stempiata, pelata totale, all'individuazione della causa che preserva il parietale; dall'accertamento che l'ereditarietà non ha alcuna influenza, al fatto che neanche la vecchiaia cagiona la calvizie. L'indagine è proseguita fino a conseguire il successo sulle caratteristiche della complessa questione. E intanto, con la testa ricadente all'indietro, oppure su una spalla, restavo così per ore, mentre leggevo, scrivevo o lavoravo. Quando il muscolo si stancava, rilassandosi e allargando la fronte riprendevo la corrugazione e restavo nuovamente con la fronte ristretta e le sopracciglia inarcate: mi sforzavo di farle congiungere fra loro: una vicina all'altra. Così facendo, l'oscillazione era molto ampia: il cuoio capelluto si dilatava al massimo e consentiva alla mioglobina di alimentare i musco1i erettori; all'ossigeno esterno di penetrare nel cuoio capelluto tramite i pori allargatisi; e alle venuzze, dilatatesi, di far affluire più sangue. Inoltre ho continuato imitando i ragazzi i e le ragazze capelluti, nel posizionamento del capo, anzi l'accentuavo! La caduta si bloccò, subito e dopo due intense settimane, ebbe inizio la ricrescita. La pelata si restringeva e i ciuffi rispuntavano. Il reinfoltimento si propagava dal parietale e dall'occipitale verso la sommità. La cura fisioterapica, o meglio, la terapia comportamentistica dell'apparato capillifero funzionava. La guarigione ebbe inizio. La metodologia era semplice, facilissima. Un gioco. Mi divertivo, deridendo le blasfeme teorie passate e presenti propinate sulla calvizie. 30

31 IL MUSCOLO CORRUGATORE E LA SUA PREROGATIVA SUI CAPELLI Soddisfatto dalle controprove conseguite, stimolato dalla concreta conferma dell'inedita ipotesi e spronato dal risultato ottenuto nell'imitare il sindacalista nonché dal benefico effetto che ne derivava, mi dedicai ad approfondire la conoscenza e la funzione del muscolo corrugatore in relazione all'influsso che esso esercita sui capelli. Quindi, al fine di focalizzare, al meglio, il metodo curativo, mi sento obbligato a soffermarmi su quanto acquisito e sperimentato in relazione a tale organo e al muscolo frontale. Questo muscolo, situato lungo l'arcata sopraccigliare, è preposto ad attivare il complesso dei nervi che da esso si dipartono per cingere tutto il cuoio capelluto sino al plesso cervicale. L'attività che esplica è di primaria e fondamentale importanza: in mancanza di essa i capelli muoiono. A proposito di questo organo, ho consultato diverse enciclopedie mediche per trovare se esistesse una connessione tra la sua funzione e quella dei capelli. Con grande delusione, in questi testi scientifici, ho riscontrato, soltanto, la semplice funzione mimica: quella di contrarre la fronte in segno di sorpresa, sdegno, malumore, collera e via di seguito. Null'altro. Io, invece, ho accertato, sperimentandolo praticamente, che esso è il motore che agisce e tiene vivi i muscoli dei peli e i bulbi capilliferi: le radici germinali dei peli. Esso funziona in sintonia col muscolo occipitale. Il corrugatore trascina in avanti la cute, l'occipitale la ritrae indietro. Con loro si muove pure il muscolo della fronte. Il muscolo corrugatore, con l'insieme delle sue fibre e sotto il dominio del sistema nervoso centrale, presiede al movimento dell'involucro cutaneo che ricopre e avvolge la nostra testa. E funziona fin dalla nascita. La sua azione massaggiatrice trascina il tessuto peloso del cranio dall'osso occipitale alla fronte, coinvolgendo le sopracciglia e le orecchie; e alimenta la miriade di muscoli piliferi di cui è disseminato tale tessuto epidemico. Dall'efficienza della sua funzionalità e dalla relativa ed omogenea versatilità della cute deriva la conservazione e la rigogliosità della capigliatura. Affinché produca l'effetto desiderato, il suo esercizio deve essere continuo e col capo rilassato lateralmente. È perfetto quando l'impulso abbraccia totalmente il rivestimento esterno, il tessuto cutaneo della testa, facendolo oscillare. Nei soggetti sani, intendo dire sani di capelli, la spinta, o meglio, l'impulso mette in moto i nervi rendendo possibile l'attività contrattile, uniformemente, su tutto il tessuto epidermico che avvolge il nostro capo. Nei calvi ciò non si verifica, perché stanno col capo chinato in avanti. In essi ho riscontrato due modi diversi del funzionamento con cui opera il corrugatore. In una categoria, lo stimolo è limitato alla zona attorno alle sopracciglia. Non si diffonde oltre. Resta circoscritto ad esse. Di positivo produce soltanto l'effetto di renderle folte e ispide. Ciò perché l'efficacia dell'impulso si ferma dove la cute risulta attaccata all'osso. Da lì incomincia la calvizie. Nell'altra categoria, ho accertato l'immobilità totale del muscolo corrugatore, essendosi atrofizzato per la sua mancata utilizzazione. 31

32 In questo caso si riscontrano delle sopracciglia dai peli rari e corti, deboli e, nelle parti terminali, estinti del tutto. E la pelle frontale appare sottile, liscia e priva di rughe, come se si fosse fusa con la parete ossea. Tale fusione si è estesa alla volta cranica, impedendo, anzi, rendendo impossibile, o meglio, bloccando la capacità contrattile del corrugatore, con la grave conseguenza di soffocare le radici e provocare la caduta dei capelli. Pertanto, posso affermare, con la massima certezza, che il danno è stato cagionato dall'atrofia, derivata dal blocco di questo muscolo. Per i calvi si tratterà quindi di rimuovere il blocco e ripristinare la sua efficienza, garantendo che ciò è possibile anche con l'aiuto di una fascia elastica, come quella che usano i tennisti. Ai soggetti sani mi sia consentito, per inciso, di avvertirli e suggerir loro sull'importanza di proteggere la sua efficienza per conservare intatta la propria capigliatura. Anzi se desiderano ulteriormente migliorarla e renderla sempre più rigogliosa, dovranno aumentare il normale ritmo. Il consiglio vale per l'uno e l'altro sesso e per chi ha capelli radi. Dopo le rilevazioni e le constatazioni fin qui esposte, ora è il caso di indicare le caratteristiche fisiologiche del muscolo in questione. Innanzitutto, bisogna tener presente che di contrazioni esso ne effettua tante. E tutte servono per staccare la cute e alimentare i bulbi. Ma, per lo scopo che ci riguarda, mi occuperò soltanto di due di esse, le più essenziali e importanti, tramite le quali presiede, con prerogative e caratteristiche sue proprie, alla funzione già individuate. Con la prima, la più rilevante, spingendo le sopracciglia in alto, tira in avanti il cuoio capelluto coinvolgendo, contestualmente, tutto l'involucro cutaneo che ricopre la nostra testa, compresi il parietale, la zona situata in prossimità delle orecchie e le stesse sopracciglia. La mossa restringe la pelle frontale come se mirasse a far congiungere l'arcata sopraccigliare con i capelli che si trovano al vertice della fronte, dove inizia la capigliatura. Con la seconda, meno periodica ma pur sempre essenziale, fa convergere verso il centro le sopracciglia; per essere chiaro: il classico atteggiamento di chi si cruccia. Anche in questo caso, realizza il massaggio su tutta la superficie cranica, facendola oscillare in continuazione. Le due contrazioni saranno ancor più benefiche se attuate in contemporaneità. Anzi, attuate in contemporaneità e tenute ben contratte, quanto più possibile, la ricrescita sarà molto più veloce. Siccome è abbastanza semplice verificare quanto testé affermato, perché non serve alcuno strumento, si può provarlo subito: nel leggere queste note. Ciò per avere l'immediata conferma. Non può essere sottaciuto che il contrarre e allentare può aggrinzire la pelle frontale, lasciando, nel lungo periodo, il segno delle rughe; però, ciò determina l'aumento dello spessore della cute, rendendola florida. Occorrerà fare una scelta tra i due mali: o le rughe o la calvizie. Chi scrive e quelli che hanno ottemperato alle indicazioni di cui sopra, hanno optato per i capelli, anche perché le rughe appaiono comunque nell'età matura. E, spesso, come abbiamo visto, taluni si portano appresso e le rughe e la calvizie. E poi con la corrugazione si può esprimere anche serenità, gioia e giubilo. Le rughe scompaiono perché il muscolo occipitale ritrae indietro il cuoio capelluto. Stabilita, a grandi linee, la caratteristica del muscolo corrugatore, è doveroso, ora, analizzare le origini che hanno concorso e concorrono al suo rattrappimento e all'anomalia del suo funzionamento nei soggetti calvi. Accertata che la causa primaria risiede nella mancata sua utilizzazione, devo dichiarare che ve ne sono delle altre da addebitare alle deviazioni di alcuni organi. Deviazioni cagionate dal viziato e deformato comportamento del corpo. Dalla reciproca relazione esistente fra gli organi, deriva la elastica funzionalità del muscolo. L'organo più immediatamente coinvolto è la testa. Dalla sua posizione discende la mobilità dell'involucro capelluto: tenuta abbassata, la cute che la riveste risulterà tesa, al massimo, e impedirà la naturale e basilare frizione; l'impulso del muscolo si rivelerà impercettibile e privo 32

33 dell'effetto desiderato, a causa della rigidità cutanea. Per rimuovere l'ostacolo, occorrerà avere cura di mantenerla in normale equilibrio sulla colonna vertebrale, giammai ripiegata sul petto. Anzi, per quanto possibile, sarà bene teneri a ripiegata su un lato, o all'indietro e darle, nello stesso senso, qualche leggera spinta, tipo contraccolpo, verso la spina dorsale per favorire lo staccarsi della cute. Pertanto, non deve essere mai ricurva su se stessa neanche quando si è coricati, vuoi supini, vuoi distesi lateralmente. Al guanciale deve essere adagiata in maniera tale da non comprimere la cute con esso. La cute, a sua volta, deve restare floscia, altrimenti si riattacca. E i capelli cadono. L'indomani, al risveglio, si potrà notare la gradita sorpresa di veder qualche ciocca ribelle, come quelle dell'età giovanile, quando era difficile domarla col pettine. Mi voglio limitare a tale ricordo, volendo dimenticare quello visto al cimitero. In relazione al modo di coricarsi si sappia che ho appurato che le persone, fomite di capelli ben eretti e dalle ciocche che si ergono indomabili verso l'alto, dormono abitualmente poggiando la testa col viso rivolto verso la spalliera del letto, posizione che favorisce la respirazione. Dunque, rispettando puntigliosamente il giusto, e non alterato atteggiamento del nostro fisico, e l'armonia delle sue articolazioni, ci si ritroverà col capo in posa regolare, senza sforzo e alcun impegno. In merito all'armonica concordanza delle articolazioni dell'organismo, ci tornerò più volte e più dettagliatamente. Intanto ricordo quali sono le posizioni più confacenti allo scopo che ci si prefigge: stare seduti comodamente, occupando totalmente lo spazio del sedile, con le spalle appoggiate allo schienale e le gambe libere da qualsiasi impegno; mai, e poi mai, stare ripiegati in avanti perché la pelle, divenendo tesa oltre misura, dalla fronte all'osso sacro, eliminerà le pieghe sull'occipitale, occorrenti al compito, frizionante, del corrugatore; non è consentito neanche stare seduti sullo spigolo anteriore della sedia o stare distesi lasciando un vuoto tra la schiena e la spalliera; e tanto meno fare perno coi piedi puntati sul pavimento per reggersi e sostenersi. Altrimenti, ci si ritroverà, inconsapevolmente e senza volerlo, col capo chinato versò terra, con la corrugazione bloccata e la cute tutta tesa. Altro consiglio importante, da non trascurare, riguarda quello del modo di camminare, di cui parlerò più avanti. Tuttavia, ne faccio cenno in breve: mai camminare col busto proteso in avanti, come se si guardasse la punta dei piedi; e mai con la testa inclinata come se si fosse in un stato pensoso e meditativo. Per convincersi di questo suggerimento è opportuno osservare le donne e imitarle: il riscontro del loro portamento risulterà corretto: conforme a ciò che intendo consigliare e prescrivere. Per restare in tema di esortazioni, vale, infine, ricordare che bisogna rispettare i canoni della posizione eretta. Quando si è fermi, non si deve sostare mai su tutt'e due le gambe: mai col busto ricurvo. Quando ci si appoggia, ad un qualsiasi sostegno, ciò non deve avvenire sul retro del bacino, sulle natiche, ma nel punto più alto della schiena. E quando lo si effettua lateralmente, l'appoggio deve essere esercitato sulla relativa spalla: il peso del busto deve ricadere sul piede contrapposto. Riepilogando: il peso del corpo deve necessariamente ricadere sulla gamba di sostegno, tenuta rigidamente diritta come un bastone, anche all'altezza della giuntura del ginocchio; e il busto sia tenuto leggermente pendente all'indietro, rispetto al baricentro: l'ideale sarebbe quello d'assumere la posizione di riposo, come quelle dei militari. Per convalidare quanto vado dicendo, sarà sufficiente sperimentarlo praticamente. Si constaterà, ipso facto, che la testa automaticamente tenderà a restare sollevata e con la con la cute staccata e mobile. Per di più, rispettando scrupolosamente, tenacemente e pazientemente questi accorgimenti, il corrugatore, preposto a far ondeggiare e scorrere, fluire e far scivolare avanti e indietro la cute, si riprenderà con meraviglia e sorpresa. Bloccherà immediatamente la caduta dei capelli che 33

34 ricresceranno e si rinfoltiranno velocemente stando con le sopracciglia inarcate, tutto il giorno. Ma la cosa più straordinaria è che ricresceranno dello stesso colore che possedevano al momento della caduta, perché il bulbo ha conservato la capacità di secernere e produrre quella sostanza che dava il colore ai capelli, come la melanina per i castani. IMPORTANTE: La veloce ricrescita si verifica tenendo la testa sempre rilassata su una delle due spalle o all'indietro. La testa deve stare col mento sollevato e il collo inclinato sul lato destro, o sinistro, o all'indietro. Ciò facilita e attiva il collegamento tra muscolo corrugatore e muscolo occipitale. Stando così, la corrugazione avviene spontanea. L afflusso del sangue aumenta e consente ai muscoli erettori di pulsare efficacemente bloccando la caduta e facendo ricrescere i capelli. Con la testa rilassata lateralmente si può e si deve restare per lungo tempo perché non stanca. Infatti i bambini e tutti i capelluti stanno quasi sempre così. Osservateli. Pertanto, abituatevi a tenerla così rilassata. 34

35 IL BLOCCO IMMEDIATO DELLA CADUTA. E LA SPONTANEA RICRESCITA Mediante la puntigliosa osservanza dei suggerimenti, sui quali mi sono soffermato con esasperante pignoleria, e mediante la incessante e perenne attività del corrugatore, che si può agevolmente azionare in ogni dove e in qualsiasi situazione, e purché la testa sia posizionata nel modo giusto, la riproduzione dei capelli si riprenderà e si diffonderà nelle zone calve. Le radici germinali riacquisteranno vigore e vita. La peluria, anche se scarsa e rada, si rinforzerà e crescerà più solida e rigogliosa. Le zone rimaste sane, e in particolare, le parietali, che sane si sono conservate e dalla cui vitalità sono stato indotto, ispirato e trascinato nella ricerca, si infoltiranno ulteriormente. I peli superstiti, sopravvissuti nelle parti calve, diventeranno più robusti; si allungheranno e, attorno ad essi, inizierà a formarsi un piccolo nucleo che, lentamente e con costanza, si propagherà a macchia d'olio. I bulbi rigenereranno; e la calvizie regredirà e scomparirà. Il positivo fenomeno sarà possibile avvertirlo tramite il risveglio delle radici che, pian piano, ma progressivamente, si rivitalizzeranno, iniziando dai siti folti per dirigersi verso quelli deserti, aridi e secchi: si riprenderanno in maniera inversa a quella verificatasi durante il diffondersi della calvizie. Le radici riconquisteranno le zone perse. La reversibilità sarà costante. E la cute riacquisterà la sua originaria caratteristica. Il fenomeno lo si rileverà in tempi brevi e in misura proporzionale alla riacquistata funzionalità esplicata dal muscolo e alla mobilità oscillante del cuoio capelluto. La ricrescita sarà relativamente veloce e, in ogni caso, avverrà in un periodo di tempo di gran lunga inferiore a quello occorso per la caduta. E dipenderà dalla costanza con cui verrà esercitato il metodo descritto in questo e nei successivi capitoli: il problema può essere risolto in pochi mesi: massimo un anno. È chiaro che appena saranno notati i benefici effetti delle prime sperimentazioni, ognuno si regolerà come meglio crede. Pertanto, il tempo per la ricrescita, dipende dall'interessato. La guarigione, la si avvertirà subito: per prima cosa, cesserà immediatamente la perdita e, con una certa contestualità, si riattiverà la riproduzione in tutti i soggetti, senza distinzione d'età e senza alcuna remora o freno che riguardi l'ampiezza della sterilità o il periodo, più o meno lontano, in cui è cominciata la sofferenza. La caduta sarà bloccata e la perdita non riapparirà mai più, neanche durante la pettinatura e nemmeno durante la periodica e normale lavatura della testa. La ricrescita, la si noterà dal consistente aumento dello spessore e con l'allungarsi degli anemici, fiacchi e superstiti peli, nonché con l'iniziale reinfoltimento dei residui tratti di peluria lanuginosa. Dunque, poiché il corrugatore, con il suo tirare verso la fronte, produce un massaggio nell'osso cranico e poiché da questo sfregamento la cute ne trae giovamento, i giovani e i vecchi calvi dovranno favorirlo con l'ausilio delle mani: le palme o i polpastrelli devono spingere il cuoio capelluto, seguendo e coadiuvando l'impulso del muscolo corrugatore. Il movimento contrattile può essere attivato indifferentemente con impulsi ripetuti velocemente oppure con periodicità più lenta e operando per conservarlo tirato. Ciò vale per i due tipi di contrazione già descritti precedentemente. Per accelerare la ricrescita è consigliabile che alle due contrazioni si aggiunga anche l'azione dei due nervi facciali che permette di arricciare il naso. Infatti, l'arricciamento consente un ulteriore 35

36 massaggio in quanto la cute del viso, muovendosi, coinvolge il cuoio capelluto e in particolare modo quello che si trova dove inizia l'attaccatura dei capelli. Un altro utile massaggio è quello relativo al movimento delle sopracciglia che consiste nel sollevarle, abbassarle e restringerle fra di loro come se roteassero intorno a se stesse: tale azione coinvolge la cute cranica, quella attorno alle orecchie e gli angoli laterali della fronte, le stempiature. È il caso di ribadire che non esiste alcuna differenza tra le prerogative de1 corrugatore e gli altri muscoli. Il contrarsi e rilassarsi è la loro insita caratteristica. Ogni muscolo, dopo la contrazione, deve necessariamente rilassarsi per riposarsi e quindi riprendersi. La contrazione, quando è richiesta dalla volontà, può durare e protrarsi oltre la norma: più è prolungata più affluisce l'ossigeno. Nel nostro caso è bene protrarla finché si può. Per rendere chiaro il concetto e per essere più comprensibile il consiglio, conviene dedicarsi alla correzione dell'anomalia, comportandosi come accade con la respirazione allo stato di riposo: in un minuto primo, mediamente, se ne effettua poco più di una diecina; di impulsi corrugatori, nello stesso arco di tempo, ne bastano quattro o cinque. Considerata e constatata che nei casi cronici, cioè di calvizie ormai consolidata, la ripresa della contrattilità, inizialmente, non sarà agevole, è bene favorirla con ogni mezzo, fino a rimuovere la rigidità della cute. L'operazione, lo ripeto, dovrà essere replicata con periodicità costante. Così trattato il cuoio capelluto riacquisterà la sua fertilità. Già dopo poche applicazioni del metodo, si avvertirà il sensazionale e incontrovertibile prodigio: il blocco della caduta. Ovviamente non ci si dovrà limitare soltanto a qualche sporadico intervento, ritenendolo sufficiente alla bisogna, ma si dovrà persistere fino a che il corrugatore non avrà ripreso la sua capacità originaria. Non ci vorrà molto tempo, se si starà a testa alta ma curvata sulla schiena, o sulle spalle. Il muscolo, riabilitato, si riprenderà dopo qualche giorno di regolare allenamento. Una volta riacquistata la sua autonomia funzionale sarà sufficiente dargli gli impulsi con la propria volontà. Questi stimoli, poi, ridiventeranno abitudinari e, quindi, spontanei e naturali. E la mioglobina adempierà al suo compito. Nel frattempo i capelli, pian piano, ricresceranno e si conserveranno tramite l'efficienza e l'azione del corrugatore che sarà favorito dall'elasticità del cuoio capelluto e stando a ciglia inarcate. Coloro che intendono seguire la cura dovranno, prima di tutto, fare, con la massima severità, una ricognizione sui propri organi, corrugatore, cute, testa, articolazioni, posizioni, per verificare e valutare se i loro comportamenti abitudinari corrispondano ai canoni che già sono stati rilevati e indicati, confrontandoli con quelli dei soggetti sani: sicuramente li riscontreranno degenerati. Da questo riscontro riceveranno la conferma al criterio comportamentale, abbondantemente evidenziato in queste pagine. A questo punto devo doverosamente dare risposta ad un ovvia e prevista domanda, Ci si chiederà se il metodo, fin qui descritto e collaudato, valga anche per i calvi, cosiddetti lisci, quelli, cioè, che nella sommità della loro testa sono privi, da antica data, persino di scarsa peluria. Ebbene, rispondo dicendo che in costoro i bulbi piliferi, non sono scomparsi del tutto: si trovano in uno stato di vita latente. Pertanto, in linea di massima e salvo rarissime eccezioni, posso affermare che; pur non avendo più proliferato da tanto tempo per la mancata irrorazione della linfa vitale, cioè l'ossigeno, fornita dalla mioglobina tramite il corrugatore, i bulbi si sono soltanto rimpiccioliti e inariditi: non sono scomparsi, ma sono rimasti sempre vivi sotto l'aspetto vegetativo e riproduttivo. Uso i verbi vegetare e proliferare con cognizione di causa perché ogni bulbo, nell'arco della sua esistenza, genera molti capelli. Il capello, si sa, possiede una vita che nei soggetti sani, dura qualche anno, mediamente dai tre a quattro. 36

37 Alla sua caduta, il bulbo ne genera un altro, e così via di seguito. Dunque, poiché nelle zone lisce il bulbo, ancorché sterile, esiste, si tratterà di rivitalizzarlo, con la stessa identica procedura e gli stessi esercizi, ormai già noti. Bisogna risvegliarlo dal suo torpore. Occorrerà armarsi di coraggio e buona volontà, e mai desistere. Ci si accorgerà che, dopo aver provveduto a rimettere in funzione tutto l'apparato, compresa la fluidità della pelle cutanea, si formeranno delle circoscritte macchie di peluria che si svilupperanno e si consolideranno, corrugando e restringendo insistentemente la fronte con la testa rilassata su un lato o all'indietro. Inizialmente, esse sorgeranno dove gli invisibili e microscopici nervi del corrugatore si sono ripresi con più immediatezza, ridando vita ai derelitti bulbi e riattivando i piccolissimi muscoli sottocutanei che,tutti i capelli possiedono. Per favorire ciò, consiglio la fascia elastica. Inoltre, la ricrescita inizierà fa sua ripresa, partendo dai siti sani, parietale e occipitale, per propagarsi ed estendersi verso le zone calve. Poiché su questo metodo di cura, così semplice e unico, ci sarà una preconcetta incredulità, gli scettici si tranquillizzino. Sappiano che, in chi scrive, i bulbi si sono ripresi nel disco della chierica, rimasto liscio per decenni, e persino lungo i lati di una vecchia e rimarcata escoriazione. Anche i peli delle sopracciglia sono ricresciuti là dove erano scomparsi, ridisegnando completamente l'arcata terminale e infoltendone la sfumatura esterna, perché hanno tratto beneficio dal massaggio. È proprio il caso di dire: l'ha sperimentato sulla propria pelle. Ordunque, sarà sufficiente insistere, e si avrà la vittoria. E contemporaneamente, si avrà la fine di un incubo e l'inizio di un gradito sollievo. Ad onore della sincerità e della chiarezza, ribadisco: la ricrescita non la si pretenda dalla mattina alla sera! A conclusione di questo capitolo, non posso esimermi dall'incoraggiare, con forza, i più restii e tutti coloro che aspirano a riavere i capelli, avvertendoli che la volontà e la costanza saranno gli unici ed esclusivi unguenti che permetteranno di tornare ad essere persone nuovamente fornite del più bello ornamento della persona umana, donna e uomo. Il presente studio, manco a dirlo, vale anche per i soggetti sani. Se questi desiderano conservare e rendere più rigogliosa e fitta la propria capigliatura, in modo che si sviluppi e cresca con maggior vigore, applichino diligentemente le indicazioni dettagliatamente sin qui riportate e quelle che seguiranno; e otterranno incalcolabili benefici e infinite soddisfazioni. Cessate le peripezie, i calvi torneranno a vivere serenamente e proveranno gioia, contentezza, compiacimento, La calvizie, domata, diventerà un lontano, drammatico e brutto ricordo. D'ora in poi, il pelato, sia esso maschio o femmina, sarà tale per sua esclusiva colpa, per sua libera scelta. Dopo tanti indicibili patimenti e dopo le sofferte peripezie, finalmente il rimedio alla secolare calvizie, pervicacemente cercato, è stato definitivamente scoperto. Si badi bene, però, che la prerogativa del muscolo corrugatore, pur essendosi appalesata vincente, fondamentale e imprescindibile, non è totalmente sufficiente: resta altro da dire e precisare. Altri fattori che saranno via via messi in luce nel proseguo delle spiegazioni e delle delucidazioni. Il lettore, pertanto, dovrà pazientemente seguire il testo sino alla fine per impossessarsi del meccanismo nel suo complesso. Nel frattempo, si adoperi a riattivare la corrugazione e a praticarla ripetutamente, fino a ridiventare abitudinaria come lo era prima della caduta: controlli, guardandosi allo specchio, se l'impulso muove tutto il cuoio capelluto. Se ciò avviene, e avverrà senz'altro, lo scopo sarà raggiunto. Molto presto, però se si insisterà. Insomma, il congegno anatomico sarà efficiente se la fronte si abbasserà di uno, due cm. la fronte, mediamente alta cinque, sei cm., deve restringersi a tre, quattro centimetri. Il lettore provi a controllarsi davanti allo specchio, in questo modo: si metta con la testa 37

38 ricadente all'indietro, sollevi le sopracciglia verso l'alto e vedrà che automaticamente il cuoio capelluto si abbasserà e si sposterà in avanti. Poi si metta a testa china, faccia la stessa mossa corrugatrice e noterà che la cute non si sposterà di un millimetro. Dopo aver fatto questa prova, si convincerà e capirà dove sta il rebus della calvizie. Il calvo, una volta convintosi, faccia subito questa operazione: si procuri una fascia elastica, larga qualche centimetro, se la metta intorno alla testa facendola passare dalla sommità della fronte fino alla nuca in modo che mantenga la cute staccata e sollevata dall'osso cranico. Così sistemata, la fascia ripristina la funzionalità del corrugatore. Ovviamente, la fascia non deve essere molto stretta: è sufficiente che sorregga la cute spiccicata dall'osso cranico. L'uso di tale cintura riattiva immediatamente i legamenti fra corrugatore e cuoio capelluto. Questi, a loro volta, reintegrano il nutrimento del tessuto cutaneo, vivificando le radici germinali dei capelli. Attuando correttamente questo efficace accorgimento, il velo, sul mistero della calvizie, cadrà in men che non si pensi. Inoltre i calvi dovranno accentuare l'inclinazione laterale della testa fin quasi ad appoggiare l'orecchia sulla spalla. Infine è essenziale fare questi massaggi, senza la fascia: mettete la mano nei seguenti punti: sulla fronte, al centro, sulla nuca, e muovetela su e giù pressando sulla cute: fatelo per dieci volte. su ciascun punto, contando sino a dieci. Ripetete il massaggio negli stessi punti, però muovendo la mano dal parietale verso la sommità: dal basso verso l'alto. Tali massaggi fateli col capo inclinato lateralmente. Durante il giorno ne potete fare quanti ne volete: più ne fate meglio è. 38

39 CONFRONTO CON LE DONNE La pignoleria e la mania del perfezionismo, difetti della mia personalità nelle vicende della vita, in questo studio, però, tali inclinazioni, hanno dato la spinta propulsiva per indurmi a continuare nella ricerca, sistematica, e per obbligarmi alla costante e metodica verifica delle mirabili osservazioni acquisite. L'ulteriore indagine non poteva non orientarsi verso chi è meno affetto dal male: le donne. Anche loro sono afflitte da calvizie ma in misura assai minore. Il loro male generalmente consiste nella lieve e uniforme perdita. Nondimeno, ai primi sintomi se ne dolgono e cercano disperatamente di rimediare. Certo, loro ambiscono a possedere una foltissima e florida chioma. Così possono meglio mettere in risalto la bellezza e il fascino; possono cambiare o assumere infinite sembianze del loro volto. Le espressioni del viso variano in relazione alla forma e la taglio, alla foggia e alla leggiadria dei capelli. La donna possiede, connaturata, l'arte di richiamare l'attenzione: le chiome la coadiuvano. È una legge della natura. È l'istinto di conservazione e di mantenimento della specie. Si sa che nel mondo animale il richiamo sessuale, per lo più, è prerogativa delle femmine. Attraverso i meccanismi attrattivi, la vita continua, rinnovandosi e perpetuandosi. Per le donne, quindi, la capigliatura è una condizione sine qua, non. Non è concepibile immaginare ragazze prive dell'ornamento più affascinante e seducente. Pelate non ne esistono, se non in casi eccezionali, dovuti a gravi malattie endocrine, incurabili. Raramente, si riscontrano delle chiazze nel loro capo; ne sarebbe compromessa la loro bellezza e la loro femminilità. La calvizie nel maschio, al contrario, può, in qualche caso, suscitare interesse dal punto di vista affettivo. Addirittura, si è propagata la convinzione, mai dimostrata, che essa sia segno di virilità e di mascolinità. Non ho mai creduto a tale diceria: non ha alcun fondamento. È un pretesto per dare consolazione, o autoconsolarsi. Come tante altre panzane e balle varie, messe in circolazione da qualche buontempone. È da ritenere che la virilità la si possieda in misura pari agli altri, ai capelluti. Ma non è il caso di attardarsi su un argomento assai complesso e non pertinente. Lasciamolo agli studiosi e agli esperti in materia. È bene tornare al nostro tema. Spinto dalla curiosità della diversità fra i due sessi, in fatto di capelli, e del perché si verificasse la sterilità pilifera negli uni e la floridezza nelle altre, intrapresi l'indagine sugli atteggiamenti comportamentali delle nostre consimili. In primo luogo, constatai, con soddisfazione, che il movimento del cuoio capelluto era identico a quelle del mio amico sindacalista: la stessa azione nervosa del muscolo corrugatore. In esse, però, i capelli apparivano, di gran lunga, molto più folti e più rigogliosi. Ci doveva essere un altra ragione. Era il loro contegno nel camminare, nello stare sedute o in piedi. L'andatura delle donne è naturale, corretta, ad ogni passo la testa oscilla leggermente su e giù, come fanno gli uccelli quando camminano. Il loro busto ricade totalmente sulla gamba di appoggio. Il tronco del loro corpo è perfettamente eretto; anzi è leggermente ripiegato all'indietro, rispetto alle gambe. L'andare ancheggiando non deve essere inteso, come comunemente si pensa, un atto di esibizione o un tentativo di attrazione erotica. No. È connaturato alla conformazione fisica e scheletrica. 39

40 Nessuno ignora che la donna possiede la respirazione toracica, a differenza di quella dell'uomo che è addominale; che dispone di un bacino molto ampio, predisposto per reggere e contenere il bambino durante la gravidanza; un peso da portare per un lungo periodo, anche dopo la nascita fino a quando il bambino non sarà in grado di reggersi autonomamente. Per questi motivi, il carico del busto è sempre in equilibrio e il baricentro conservato durante lo stato eretto. In sintesi: le donne camminano con portamento rilassato e poco faticoso. Somigliano ai podisti che, ancheggiando per resistere allo sforzo fisico della marcia, sprecano meno energie, con la corretta utilizzazione del corpo. Inoltre girano il capo a destra e a sinistra, molto spesso. Inoltre, spostandosi ad andatura normale esse poggiano, ordinatamente e quasi in sincronia, la punta, la pianta, il tallone e spingono indietro, con forza, il ginocchio, lasciando l'altra gamba libera da incombenze: i piedi sono appoggiati paralleli tra loro e non divaricati. Questo portamento, tra l'altro, è di ausilio al cuore che viene coadiuvato nel fare affluire il sangue fino all'estremità superiore del fisico. Ciò è ancor più benefico se si tiene presente che nell'essere umano la pressione sanguigna all'altezza del muscolo cardiaco è pari a cento, dal cuore in giù è 140 e di 60 nella parte superiore: è evidente il vantaggio che sé ne trae dall'ordinato comportamento. Oltre a quanto già detto e spiegato, c'è anche da rilevare che, quando esse sono ferme, il peso del loro corpo lo fanno ricadere, alternativamente, sul piede di appoggio; lo spostano con cadenza periodica; ma quasi mai lo tengono su tutti e due, se non momentaneamente e la testa rilassata lateralmente. Normalmente, non restano inclinate in avanti, ma diritte come se dovessero reggere un oggetto in equilibrio sopra il proprio capo. Rimangono ben erette persino quando calzano scarpe a tacco alto: non ne discende, a quanto pare, alcuno scompenso fisico. All'uomo ciò non è consentito. Facendo un raffronto con i maschi di capigliatura sana, si avverte in essi, un contegno analogo: figura eretta e busto lievemente reclinato all'indietro; incedere con i piedi in avanti rispetto al corpo; appoggio totale della pianta; spinta indietro del ginocchio. I calvi si comportano in modo diametralmente opposto, sia eretti, seduti o camminando. Incedono a testa bassa: il baricentro del loro corpo ricade non già sul bacino e sulle anche, ma sulla punta dei piedi. Vanno a passi, corti e veloci senza completare il coordinamento delle articolazioni; oppure camminano col busto proteso in avanti come se stessero correndo. Quando sostano, il cervelletto non risulta mai perpendicolare ai talloni; cambiano continuamente la posizione statica per la stanchezza che si accumula nel sorreggersi scompostamente. Non sono mai rilassati perché stanno eretti sui reni e con le ginocchia flesse e la testa bloccata ricurva in avanti. Nel sedersi, inoltre, non appoggiano la schiena alla spalliera. Reggono la colonna vertebrale con i gomiti tenuti sopra i braccioli; poggiano i glutei sulla punta della sedia e tengono i femori uniti, o quasi; e i piedi, uno in avanti e l'altro indietro: somigliano a quelli degli atleti in atto di pronti a scattare e partire. Le donne, senza alcuna eccezione, siedono sempre composte. Altrettanto, fanno i sani di capelli: adagiano interamente il busto sulle natiche e sui muscoli delle cosce, con le ginocchia divaricate, il massimo possibile, oppure con le gambe ben distese, senza che su di esse ricada il sostegno del corpo che deve, invece, gravare totalmente sulla sedia. È risaputo che dalla posa comodamente assunta nel sedersi, se ne avvantaggia la pressione sanguigna e la forza delle pulsioni del cuore. Da ciò ne discende che il muscolo cardiaco può più agevolmente inviare il sangue, ben ossigenato, nelle parti più periferiche dell'organismo, comprese quelle più in alto, inclusi i capelli. Per spiegarmi: si ha la sensazione che il tragitto del sangue, lungo le arterie, sia meno faticoso in rapporto a quando la persona sta in posizione eretta. Ho ritenuto giusto ed opportuno indugiare sulle differenze comportamentali per dimostrare e 40

41 mettere in risalto quanto le posizione corrette possano incidere nel conservare elastico e mobile il cuoio capelluto. Mentre nei comportamenti scomposti, quelli assunti dai calvi, la cute capillifera, danneggiata, risulterà sempre tesa e tirata a causa del busto e della testa ripiegati in avanti. Ciò determina il blocco della corrugazione. Il parietale, invece, non risente dagli atteggiamenti difformi, essendo una zona autonoma e indipendente dall'influsso degli altri organi: la cute, lì, è permanentemente allentata, mobile e, quindi, florida. È pur vero che la calvizie si sta progressivamente diffondendo anche nelle nostre consimili, è in aumento da quando è cambiata la condizione sociale femminile. Il propagarsi della calvizie nel gentil sesso coincide col crescere del numero delle donne che si dedicano al lavoro e alle professioni. Le nuove attività svolte, le condiziona e le costringe a stare in atteggiamenti non conformi al corretto posizionamento del corpo. Ciò influisce negativamente sulla postura della testa, con la conseguenza di debilitare la struttura anatomica, preposta ad alimentare e vitalizzare la capigliatura. In taluni lavori pesanti, di fatti, sono obbligate a stare col busto e il capo ricurvi; in altre prestazioni, meno faticose, sono comunque, costrette a restare a testa china, per tante ore al giorno. Praticamente, assumono le stesse identiche posizioni dei calvi maschi. Il decadimento delle loro chiome, dunque, trae origine dalle stesse rovinose storture che ho scoperto, studiando la genesi della calvizie. Pertanto, si rimedia e si guarisce, soltanto, nel ritrovare, e conservare, il giusto equilibrio del corpo; e, ovviamente nel praticare la corrugazione con la testa inclinata lateralmente. Ma tornerò a parlare di questi aspetti, per meglio approfondirli. Si sappia comunque che si può piegare il busto tenendo la testa in controtendenza, oppure inclinarlo su un lato. 41

42 LA VECCHIAIA NON CAUSA LA CALVIZIE Sulla base delle interessanti osservazioni, mi imposi di attuare, la sperimentazione pratica. Mi dovevo sincerare se gli effetti comportamentali dessero risultati validi. Dovevo stabilire se tutti gli atteggiamenti precedentemente descritti, in relazione al comportamento fisico della persona, evidenziassero e coadiuvassero la funzione del corrugatore e quale fosse il giovamento che i capelli ne traevano. Amante della natura e attento osservatore delle meraviglie del creato, scelsi il luogo più elevato della città, dal quale si domina un vasto panorama, per porre in essere gli esercizi fisici e rieducare le articolazioni al sano criterio di disporre del proprio corpo. Per la claustrofobia di cui soffro, la passeggiata nel Viale Buon Cammino, specialmente nei pomeriggi estivi, mi apriva il cuore e la mente, dandomi serenità, buonumore e ottimismo. Con la cura del male coglievo momenti di intima felicità. Con le mani conserte o in seconda, per mantenere eretto e in equilibrio il busto, incominciai a camminare con il nuovo modo. Non ero un fanciullo che si avventurava per la prima volta a tenere la posizione eretta! Tuttavia, confesso che, dopo parecchi lustri di stolte abitudini, la funzionalità dei muscoli e delle articolazioni era compromessa. Infatti mi trovai in difficoltà e barcollai, perdendo l'equilibrio. Mi feci violenza, pur di riuscire a congiungere posteriormente la mano destra al polso sinistro e tenerli nel punto più alto possibile della schiena. L'espediente raddrizzava la testa e le spalle da renderle, come mi proponevo, perpendicolari alle caviglie. Passeggiavo al centro di due filari di pini profumati, seguendo una immaginaria linea retta per poggiare i piedi paralleli ad essa. A passi lunghi, cadenzati e senza fretta, rilasciavo, di peso, il busto sull'anca di appoggio; non smodatamente, ma con una certa cautela per evitare probabili crampi; e anche, devo dirlo, per non suscitare equivoci sospetti sul mio conto da parte della gente che spesso affolla il belvedere occidentale di Cagliari. Una volta, in un tardo pomeriggio, mentre la mente era concentrata nella rigida osservanza delle regole impostemi, lo sguardo fu attratto dalla visione del paesaggio. A ovest i monti si rispecchiavano nell'immenso stagno di Santa Gilla. Il sole, a cerchio grandissimo, stava scomparendo tra le tenui nubi rosa e tra le tondeggianti sommità delle montagne. Anzi, era già tramontato come insegna la geografia astronomica: resta ancora all'orizzonte per il giuoco dei riflessi dell'atmosfera. Nello specchio delle acque, lunghe ombre, lentamente, sostituivano il paesaggio riflesso. Sul nuovo ponte di Sa Scaffa, che scavalca l'insenatura della laguna, decine e decine di pescatori dilettanti gettavano e ritiravano le lenze con ampi gesti, o buttavano e ritiravano i giacchi servendosi di carrucole fissate al parapetto. L'improvviso rombo di un DC 9, a bassa quota, puntato sulla pista di atterraggio del vicino aeroporto di Elmas, mi riportò alla realtà. Seguii per qualche attimo il lampeggio dell'aeroplano, finché non scomparve, nascosto dalle fronde degli alberi e dalla sagoma del colle di Tuvixeddu. Le realtà, purtroppo, fu che mi ritrovai a camminare nella posizione che volevo correggere. Nel frattempo il viale era stato letteralmente invaso dai cittadini, alla ricerca del fresco serale. Cittadini, di ogni età, che divennero oggetto della mia indagine. Per essere più a mio agio e al fine di sottrarmi all'affollamento, mi diressi verso il bastione di Santa Croce, nell'ex quartiere ebraico, ove, normalmente, si sta più tranquilli, non essendo 42

43 consentita la circolazione automobilistica. Alla mia destra lasciai il picchiettìo dei carpentieri e dei falegnami che allestivano la scenografia di un'opera lirica nell'anfiteatro romano; più avanti, alla mia sinistra, la porta Cristina e la svettante Torre di S. Pancrazio, e intrapresi la breve discesa. I passi erano disagevoli e l'equilibrio compromesso. Nel leggero pendio poggiavo la pianta dei piedi, attento a non scivolare e a non tenere le gambe semiflesse. Il piccolo quartiere Giudaico, edificato su una stupenda terrazza, è pianeggiante: passeggiare è gradevole e rilassante. Percorsi più volte il tratto più lungo: dalla porta d'ingresso, posta a Nord, alla Torre dell'elefante, situata a sud, che si erge su un'ampia arcata. A costo di suscitare ilarità in chi mi legge, devo dire che, per una volta, il percorso l'ho fatto anche camminando all'indietro, per raddrizzare bene le gambe all'altezza del ginocchio e, pertanto, beneficiare di questa elasticità; e un'altra volta, a passi lunghi in avanti, poggiando punta e pianta come usano fare i ballerini di danza classica. L'allenamento non mi impediva di sentire il vociare allegro dei pochi abitanti che si disponevano con le sedie a godersi la leggera brezza, occupando la sede stradale priva di traffico, e di verificare lo stato della loro capigliatura in relazione alla mia scoperta. Dal parapetto dello spiazzo, che lo protegge da un profondo strapiombo e che nel passato era il baluardo fortificato dell'agglomerato medievale, ammiravo i vetusti tetti sottostanti, zeppi di antenne TV; le due bianche torri ottagonali del palazzo municipale, le acque del golfo sulle quali si riflettevano le luci, fumose per lo smog, degli stabilimenti petrolchimici della zona industriale, i punti luminosi dei moli e, lontanissima la fiamma perenne che si sprigionava dal fumaiolo della raffineria di Sarroch. Passeggiando, completai il giro dello spiazzo non senza avvertire, vicino ai muri dei palazzi, l'irradiarsi del calore accumulatosi durante il giorno; e dalle cucine, data l'ora di cena, il propagarsi di gradevoli odori di soffritti che ti facevano venire l'acquolina in bocca. All'utile aggiunsi il dilettevole. Volevo rivedere, da vicino, il luogo ove sorgeva la Sinagoga che fu distrutta in ottemperanza al famigerato editto del 1492, emesso da Ferdinando e dalla cattolica Isabelle, re di Spagna. Al suo posto fu eretta la chiesa di S. Croce. Pare che sia rimasta, intatta, soltanto l'originaria gradinata antistante l'ingresso, costruita in travertino. Quando stavo per raggiungere gli scalini del sagrato esterno della casa di culto, fui attirato dalla presenza di un anziano signore, seduto su una bassa e comoda poltroncina di vimini, sotto un lampione. Una figura attraente e indimenticabile, da altri tempi: barba argentea, lunga, pulita; una foltissima, spiovente e canuta capigliatura; gli occhi, vispi e lucidi, sormontati da sopracciglia folte e unite. Era il classico volto di un Rabbi ortodosso, gli mancava soltanto il cappello a cilindro. Interessato, intrapresi con lui una breve chiacchierata. Lo abbordai, con un cordiale e sorridente saluto. Era disponibile, come tutti i saggi. Prima di dirmi, per appagare la mia curiosità, che la barba l'avevano portata i suoi antenati e che era segno di saggezza e di cultura, si accigliò, congiungendo le sopracciglia con i folti capelli, e nascose la fronte. Come se fosse un casco, la capigliatura si spostò in avanti e, dopo qualche attimo, ritornò nella posizione originaria, mostrando nuovamente l'ampia fronte, attraversata, orizzontalmente, da tre rughe profonde e parallele. Questo movimento, ritmato e lento, ma costante e spontaneo, non cessò mai: il vecchio stava, perlopiù, simpaticamente accigliato. Mentre il savio e loquace vecchio raccontava degli accadimenti del passato avvenuti nel quartiere, attingendoli dalla memoria storica, io, oltre a seguirlo attentamente nel suo dire, guardavo la sua testa adagiata sul lato destro. Fu in quella occasione che ricavai la certezza che è blasfemo ritenere ineluttabile il divenire 43

44 calvi nella tarda età. Senza accorgersene, quell'uomo, fin dalla nascita, aveva salvaguardato, conservandolo efficiente, l'apparato della corrugazione che ingloba la sfera cranica, e, dunque, quelle belle, intatte e ben alimentate chiome. Mi accomiatai, lasciandolo seduto e comodamente appoggiato allo schienale con le ginocchia ampiamente divaricate e la testa rivolta verso il cielo ad ammirare le stelle, con le sopracciglia sollevate e corrugando continuamente e spontaneamente. Lasciai l'affascinante ghetto con la sensazione di essermi trovato in un'altra epoca e, soprattutto, con la soddisfazione di aver colto una nuova conferma alla mia teoria: la vecchiaia non causa la calvizie. All'indomani mi svegliai con la convinzione,di essere stato protagonista di un bel sogno. Ma, devo ammetterlo. anche con i muscoli indolenziti per l'allenamento della sera precedente: accusavo gli stessi sintomi dolorosi del ginnasta quando riprende l'esercitazione sportiva dopo una lunga inattività. In compenso, però, fui appagato dalla soddisfazione di vedere i miei capelli irti; nel percepire un tenue e benefico prurito nella crosta della testa e con la certezza che le radici si stavano rivitalizzando e diffondendosi per ricostituire la capigliatura originaria. 44

45 IL MUSCOLO ERETTORE, LA MIOGLOBINA E I CAPELLI Dopo essermi scervellato e arrovellato per anni e anni in un mare di ipotesi, adesso, il sollievo, di aver rimediato all'impossibile, e l'intima soddisfazione, per gli insperati risultati ottenuti, mi portano, istintivamente, a concentrare lo sguardo esclusivamente sulla parte superiore del viso di tutte le persone con cui ho l'opportunità di avere dei contatti per ragioni afferenti la mia attività lavorativa, o che incontro casualmente. Non nascondo che spesso mi assale una cena commiserazione nei confronti dei calvi perché ancora non sanno che cosa causa il loro male e perché ancora non conoscono quanto sia semplice e naturale il rimedio. Durante questi incontri, dunque, l'attenzione viene captata magneticamente dalle sopracciglia, dalla fronte, dalla testa e dalla condizione delle capigliatura; oserei dire scherzosamente: una deformazione professionale. Non appena la regione frontale si restringe, mi accerto se contemporaneamente si sposta anche l'involucro cutaneo. Senza alcuna eccezione, il meccanismo funziona nei capelluti. Il funzionamento e la sua periodicità è direttamente proporzionale alla foltezza e all'abbondanza delle chiome. Chi possiede la fronte liscia, priva di segni rugosi e la tiene costantemente immobile, è indiscutibilmente calvo. Anche chi muove le sopracciglia in sintonia con l'epidermide sovrastante, e questa risulti mobile solo nella zona circostante, ma incollata e fissa al vertice della fronte, senza che si rilevi alcun movimento delle chiome, lo si riscontra pelato. Questa categoria di calvi, di positivo, evidenzia soltanto delle foltissime sopracciglia e un rigoglioso parietale; di negativo, le inutili rughe traversali e verticali sopra l'arcata della cavità oculare. In poche parole, si verifica lo stesso fenomeno riscontrato per i capelli: sopracciglia folte e ben rimarcate in tutti coloro che le fanno oscillare; spelacchiate o dai peli tenui e smunti, nei soggetti che le tengono immobili. Dall'evidenza di queste particolari connessioni, si può affermare che la vitalità e la robustezza, la foltezza e la crescita derivano dalla mobilità della pelle in cui sono situati i peli. Come già detto e ripetuto, ho assodato che il fattore di crescita risiede nella micro attività contrattile e che la radice trae alimento dalle serie di cellule che si dipartono dal muscolo corrugatore per abbracciare, a ragnatela, tutta la superficie cutanea della testa. Questi principi applicati alla mia persona, hanno rigenerato i capelli. Se li sono fatti ricrescere anche coloro, cui ho confidato il segreto e che hanno posto in essere la mia collaudata teoria. Gli stessi risultati li hanno ottenuti quelle donne che sono state privilegiate ed edotte, in primis, sulla conoscenza dell'apparato morfologico e sulla funzione che esso svolge nel sistema di rigenerazione e sviluppo dei bulbi. In tutti il segno della ripresa si è manifestato univocamente. La capigliatura ha ripreso a propagarsi a macchia d'olio, partendo dalle zone ave si era conservata per riconquistare quella deserta. È ritornata dove era scomparsa, facendo il cammino a ritroso. Inoltre, attorno ai peletti superstiti, ne sono spuntati altri, a guisa di micro cellule, sparse ovunque. Contemporaneamente alla ricrescita e al naturale reinfoltimento, il sottilissimo cuoio capelluto ridiventava spesso e robusto, riacquistando il classico colore grigio chiaro, uguale a quello 45

46 precedente alla caduta. Avendo quindi constatato e sperimentato con successo che la vitalità delle chiome deriva dalla spontanea e naturale frizione e soprattutto dall'alimento principale delle cellule, che è l'ossigeno, mi restava da capire perché i capelli cadessero e, nello stesso tempo, la cute, su cui crescevano, si conservasse sana e integra, al pari della restante parte corporea: però, non più spessa ma sottilissima e immobile. In un periodo successivo alla mia intuizione e quando ormai ne avevo tratto i benefici effetti, debellando la calvizie, il per me inestricabile dilemma fu sciolto dall'essere venuto a conoscenza dell'esistenza e della funzione esercitata sui muscoli dalla mioglobina. La medicina sapeva della presenza della mioglobina nelle cellule muscolari. La conoscenza, però, era limitata al semplice trasporto dell'ossigeno. Soltanto alla fine degli anni ottanta, uno scienziato italiano ne ha scoperto l'esatta funzione, stabilendo che questo costituente proteico interagisse, con più evidente efficacia, in contestualità all'esercizio muscolare. Che la mioglobina, pigmento del globulo rosso, irrori ossigeno nei tessuti muscolari, non si discute. Ma il fattore più innovativo è che li alimenta in rapporto alla frequenza con cui esercitiamo l'attività della nostra muscolatura; esattamente: quando azioniamo la massa muscolare, contraendola e rilassandola. Più si fa ginnastica e più i muscoli crescono, si sviluppano e si rassodano. I culturisti ne sono l'esempio lampante. Quella scoperta ha il merito di aver dato un valido riscontro alle mie analisi, e un ineccepibile sostegno alla sintesi conclusiva del mio lavoro di ricerca. La conferma scientifica, del dato della mioglobina, convalida e garantisce sulla certezza di quanto sto affermando sul sistema di guarigione dalla calvizie. Difatti, la struttura anatomica, su cui sono impiantati i capelli, non è altro che un complesso apparato di filamenti contrattili, ramificati e intrecciati, che si collegano ai muscoli frontale, occipitale e temporale. È tramite questi legamenti che muoviamo la testa in ogni direzione. E, contemporaneamente, alimentiamo di ossigeno il cuoio capelluto che, a sua volta, incrementa il flusso della mioglobina verso la micromuscolatura degli erettori dei capelli. Con la scoperta della mioglobina, la scienza ha definitivamente stabilito che, come l'emoglobina trasporta l'ossigeno nel sangue, così la mioglobina diffonde l'ossigeno nei tessuti muscolari, consentendo alle cellule di respirare. Così operano il muscolo corrugatore e i muscoli piliferi, nei confronti dei capelli. Prima di porre fine c concludere questa parte espositiva, sento il dovere di indicare dove e con quali strumenti ho proseguito le verifiche. La televisione mi è stata di grande aiuto. Con questo mezzo ho potuto osservare da vicino i soggetti più disparati. Prendevo in esame la zona del volto, oggetto della mia indagine, soprattutto in quelle persone che apparivano in primo piano. Ma i protagonisti li osservavo anche nel contegno che assumevano stando seduti; altrettanto quando si presentavano in piedi e come tenevano la testa. Le trasmissioni più adatte a darmi conferma sono state le te1enovele. In questo genere di spettacolo, a differenza dei film neorealisti, gli attori sono esenti da imperfezioni fisiche; come, d'altronde, lo sono nei fotoromanzi. Per esigenze spettacolari, i protagonisti devono essere graditi a prima vista, allo scopo di attirare l'immediata attenzione del comune telespettatore e quindi la generalità degli ascoltatori. Anch'io sono stato attratto e magnetizzato dal loro integro aspetto e dall'altrettanto perfetto comportamento. Protagonisti calvi non ne ho mai visto in questi filmati: maschi e femmine erano immancabilmente dotati di fluenti chiome, acconciate con vaporose cotonature a ciocche spioventi. Nell'effettuare le rilevazioni e le comparazioni, oltre alle conferme, ho recepito un particolare che può tornare di giovamento non solo a chi deve applicare e servirsi dell'ormai noto metodo, ma 46

47 anche a chi possiede una folta capigliatura e aspira a migliorarla. L'interessante e speciale elemento consiste nell'aver stabilito che per possedere il ciuffo eretto sulla fronte, occorre aggiungere, al normale ritmo anche quello di restringere le sopracciglia verso il centro, quasi a farle congiungere. Con ciò la mioglobina alimenta pure le due stempiature. I due movimenti, cadenzati, saranno ancor più fecondi se eseguiti in sincronia tra loro e tenuti così per un bel po'. Sull'epidermide frontale, in aggiunta alle grinze orizzontali, si noteranno dei segni rugosi verticali che, partendo dal vertice del setto nasale, si diramano verso l'alto fin quasi a raggiungere quelli trasversali, affievolendosi, senza incrociarsi. In breve: sono le tracce lasciate dall'attività a puleggia dall'occipite verso la fronte e, a fisarmonica, dall'osso parietale verso lo stesso punto; e testimoniano l'imprescindibile opera della mioglobina. Per non ingenerare pregiudizi e diffidenze in coloro - e sono tanti - che mirano a salvaguardare il volto delle odiose rughe, nell'intento di conservare a lungo le sembianze giovanili, devo tranquillizzarli, assicurando che le grinzosità formatesi con l'ondeggiante elasticità della pelle si noteranno soltanto al momento della frizione, per scomparire, automaticamente, al cessare del restringimento, perché il muscolo occipitale ritrae indietro la cute. Non dico niente di nuovo nel sottolineare che, purtroppo, le rughe si insediano in ogni parte del nostro corpo con l'avanzare dell'età. Sarà la ricerca scientifica a scoprire il farmaco atto a eliminare queste sgradevoli e indesiderate impronte incise dalla vita vissuta. E poi, alla fin fine, non è che siano così brutte! Perché crucciarsi? In fin dei conti, le rughe ornano il volto, dandogli delle particolari sembianze che diventano segni distintivi della persona. E soprattutto evidenziano l'efficienza della corrugazione che consente alla mioglobina di irrorare l'ossigeno ai bulbi. Nel concludere queste brevi considerazioni, devo confessare che le osservazioni, oltretutto, mi servivano affinché non dimenticassi e non trascurassi di dare, a me stesso, l'impulso alla frizione e a correggere le posizioni malsane del corpo, ritto o seduto, e della testa. Dopo diversi lustri di comportamenti difformi non è stato agevole rimuovere queste sorta di atrofia muscolare e articolare, ma la costanza, la perseveranza, la determinazione e la certezza dei risultati hanno consentito di raggiungere il per me meraviglioso prodigio. Un prodigio ancor più lusinghiero per averlo avvalorato dal dato scientifico della mioglobina. Per assicurarmi ulteriormente del potere della mioglobina sui muscoli dei peli, ho massaggiato insistentemente la pelle di un braccio, ottenendo il risultato sperato. Ora possiedo un braccio più peloso dell'altro. Non ridete, eppure è così. Provatelo! Il massaggio mette in attività i muscoli erettori che fanno crescere i capelli. 47

48 COMPORTAMENTI E REGOLE La pretesa di poter sottoporre alla mia analisi soggetti diversi e disparati non mi è mai passata per la mente. Come potevo! A quale titolo? Chi mi avrebbe dato retta? E poi, data l'insolita e singolare motivazione, probabilmente mi avrebbero preso per un pazzoide. Pertanto, non avendo la possibilità di disporre a mio piacimento di un vasto numero di persone per accertare l'esattezza e la validità del metodo, dovevo approfittare di avvenimenti particolarmente affollati. Una utile occasione la ebbi mentre assistevo allo spettacolo di un opera teatrale. Ogni estate, nella vicina località turistica di Pula, vengono organizzate manifestazioni artistiche dall'attraente titolo: la notte dei poeti. Non solo liriche, ma anche rappresentazioni in prosa di opere classiche, vengono date. Al teatro romano di Nora, quella volta, era in cartellone l'elettra di Sofocle. Nello stabile diroccato dal tempo gli spettatori sedevano a semicerchio, dirimpetto al palcoscenico. Un quadro fascinoso componeva lo sfondo: cielo scuro e stellato; torre spagnola in cima al breve promontorio; il fruscio del mare che accerchia i ruderi dell'antica città; il mobile raggio luminoso del faro costiero fendeva il buio, a ritmo costante. La sera, prima che iniziasse la rappresentazione della tragedia, stetti per un breve tempo sul tavolato del proscenio. Il palcoscenico, pur privo di sipario, era nascosto dall'intensa luce dei riflettori che abbagliava gli spettatori. L'abbaglio nascondeva anche la mia presenza e illuminava a giorno la platea. Una platea, limitata, da salotto, e con diversi turisti: sentivo accenti francesi, inglesi, tedeschi e, al centro dell'emiciclo, notai la presenza di giovani studenti ebrei, con la Kippà, che discutevano alacremente con i vicini. Dunque mi trovavo in un punto strategico dal quale potevo osservare, indisturbato, i comportamenti e le pose che assumevano gli astanti: una molteplicità di persone a mia disposizione. Da quel posto rilevai e redai un elaborato che oserei definire una ricerca statistica. Le donne, tutte, sedevano composte, riposate e rilassate: le spalle, appoggiate alla spalliera, formavano un angolo retto con i femori; le braccia, conserte. Quelle in piedi, sostavano con il corpo totalmente gravante su una gamba, di norma quella di destra, tenendo l altra, priva di carico, allargata ad ampio angolo con funzione di equilibrio della figura; ed il piede divaricato al massimo; leggermente piegati all'indietro, il busto e le vaporose chiome. La loro condotta era uniforme. Tra le tante, soltanto una sedeva scomposta e quando si alzava sembrava che si reggesse sulla punta dei piedi. Osservando la attentamente la vidi spelacchiata, un po', e dai capelli diradati. Gli uomini non si comportavano uniformemente. Quelli, dalla folta capigliatura si atteggiavano come le donne, sia seduti che eretti. I calvi assumevano posizioni scorrette: sedevano senza rilassarsi sullo schienale, posando il sedere sulla parte angolare anteriore del sedile; il peso del busto lo facevano ricadere, in pari misura, sullo spigolo e sulla punta dei piedi, sui quali facevano perno per non scivolare. Allorché si alzavano, ed era un atto che compivano spesso, si tenevano sull'attenti, a piedi uniti, o quasi, e con i talloni impercettibilmente sollevati, le ginocchia flesse, il tronco del corpo proteso innanzi, e la testa chinata, in atteggiamento pensoso. Non ho intravisto un calvo posizionato correttamente. Fu anche in questa evenienza che ebbi la valida conferma alla constatazione che nessuno perde i capelli attorno alla regione parietale. In tale zona i capelli si conservano per il continuo muoversi della testa, dovuto alle naturali esigenze: girarsi intorno per assecondare lo sguardo, per meglio sentire o annusare; e, innanzi tutto, 48

49 per il ripercuotersi, in essa, del movimento attuato dalla mandibola durante la masticazione. Infatti la mandibola, che si articola con l'osso temporale tramite le sue due branche, provoca, col masticare, un massaggio che si riflette sul parietale. Evidentemente, il muscolo che la muove inf1uisce positivamente sui capelli che si trovano nella fascia temporale. Masticando, si muove la cute parietale. La testa, così snodata, impedisce alla cute laterale di attaccarsi all'osso parietale e, allo stesso tempo, favorisce il flusso sanguigno verso i muscoli piliferi. Detto incidentalmente, la cute parietale e occipitale beneficia anche del continuo e casuale massaggio che riceve nelle ore di sonno dal suo contatto col guanciale. La testa, poggiandosi sulle parti laterali per riposare, cambia spesso posizione e, quindi, si automassaggia. Intanto, il tempo per la mia ricerca volò via. Fui costretto a sloggiare e a sospendere le mie analisi: stava per avere inizio la recita. Lasciai il luogo, ideale, di osservazione per assistere alla rappresentazione. Mi accomodai in platea a fianco di un mio conoscente che incontrai per pura combinazione. Dopo il primo atto, ci fu l'intervallo, assai lungo per ragioni organizzative e di arredamento del vecchio stabile. Gli spettatori si riversarono a rifocillarsi nell'improvvisato e modesto bar: un locale angusto, ove si assieparono innumerevoli, non senza qualche involontaria spinta. Arrivarono dal teatro, in fila, in corteo, calpestando la terra battuta e sollevando un polverone che investiva il luogo di ristoro. C'erano diverse coppie. Le più che osservai furono quelle formate dall'accompagnatore calvo, per la diversità di comportamento fra i due. Il calvo, pur tenendola a braccetto, procedeva ricurvo rispetto alla dama che, invece, lo seguiva eretta e tutta impettita. Un contrasto che ho rilevato ogni qual volta mi è capitato di vedere coppie in cui uno dei due fosse pelato. Nella calca, mi sistemai al riparo della ressa, dietro i camerieri, da dove, indisturbato, potevo continuare a ricavare verifiche alle mie supposizioni. Dal retro del bancone, che delimitava lo spazio, potevo scrutare soltanto il viso degli avventori: quello che maggiormente mi interessava. In primis, guardai le donne, ovviamente con discrezione per non apparire il cascamorto di turno e per non ingenerare fastidio, in costoro. Mentre consumavano, puntai lo sguardo esclusivamente sulla fronte. Non è facile autolimitare lo sguardo esclusivamente a quella parte del viso, perché, in genere, si è captati dal complesso degli altri tratti del volto, dagli occhi, dalla bocca, dalle guance e dal mento. Nel sorbire le, bevande calde, le clienti, per attenuare o forse per evitare scottature alle labbra, restringevano, istintivamente, la fronte: la capigliatura seguiva tale flessione. I capelli, ogni volta, si avvicinavano alle sopracciglia e, dopo qualche attimo, riprendevano la posizione originaria, come se fossero stati tirati in avanti e poi rilasciati. Il fenomeno, identico a quello dell'amico sindacalista, si ripeteva senza soluzione di continuità. Anche quando esse parlavano fra di loro. Chi teneva il discorso aggrottava la fronte nel caratteristico sforzo di far memoria per connettere le idee, dare maggior forza al discorso e apparire più convincente, Chi ascoltava, assentiva col capo e spalancava gli occhi inarcando le sopracciglia: altrettanto chi inorridiva per le sensazioni percepite. Sulla fronte delle più giovani apparivano le rughe ma svanivano con la cessazione dell'occasionale espressione. La pelle grinzosa ridiveniva liscia e priva di residua traccia, perché il muscolo occipitale la ritrae. Nelle donne mature, i segni rugosi orizzontali, apparivano anche dopo il corrugamento, ma molto attenuati. Per la precisione, non posso tralasciare di dire che la spettatrice, dai capelli malsani, mostrava la fronte rigida e mai increspava la pelle, neanche attorno alle arcate sopraccigliari; teneva la testa inclinata come se fosse mortificata e avvilita. Le peculiari qualità rilevate nelle donne sane di capelli, le riscontrai negli uomini dalla folta capigliatura: gli stessi atteggiamenti frontali nel bere, nel parlare, nell'ascoltare, nel corrucciarsi e 49

50 nel concentrarsi sull'argomento in discussione. Spontaneamente, gli uomini esercitavano il massaggio completo, della prima vertebra alla fronte, con la testa rilassata lateralmente. In loro, le rughe, tenui o rimarcate, erano più profonde e appariscenti di quelle rilevabili nelle donne. Le differenze, comunque, derivano dall'età del singolo individuo. Dai riscontri di questa indagine e dagli altri che conformemente ne seguirono, ora posso formulare,suggerimenti, norme e regole comportamentali validi per chi intenda e voglia ridare vitalità alla compromessa capigliatura: più si attua il movimento del cuoio capelluto e più i capelli ricresceranno e si svilupperanno; più si tengono aggrottate le sopracciglia e più i capelli si infoltiranno. Azionando frequentemente il muscolo corrugatore, la sommità della testa ridiventerà florida e vegeta. Chi ha perso questo innato istinto, divenendo calvo, si adoperi per recuperarlo, allentandosi con costanza e volontà. Per ottenere e conservare una folta e rigogliosa capigliatura è fondamentale operare sull'involucro cutaneo, tenendolo in moto. Il moto sarà favorito e assecondato sorreggendo la testa, rilassata sulla schiena, oppure sul lato destro o sinistro: ricadente sopra una spalla. A completamento del quadro della rilevazione, non posso tralasciare di descrivere gli atteggiamenti dei calvi. Loro, i diversi, mostrano la fronte rigida. Non ho rilevato nessun accenno o smorfia, impulso o massaggio dato alla cute. La pelle del cranio era immobile, anzi fissata all'osso cranico. Notavo qualche impercettibile movimento nei capelli del cerchio parietale, quando gesticolavano per dissentire o per manifestare consenso a ciò che udivano. Ma notavo anche profonde rughe nel loro collo, derivate dalle pieghe assunte dalla costante ripiegatura sul torace della loro testa. In queste persone ho registrato due fatti particolari. Uno è costituito dall'atto del bere: non accompagnano la tazza alla bocca con la mano, ma inclinano il capo per raggiungere la bevanda. Il secondo, quando nello spostare le sopracciglia in alto o in basso, l'epidermide circostante si muoveva appena, bloccandosi, comunque al vertice della fronte, ove appariva incollata all'osso: impediva di trasmettere 1'impulso al resto del Cuoio Capelluto. In questi casi ho riscontrato della foltissime arcate sopraccigliari perché l'impulso resta circoscritto al margine superiore della cavità orbitale. Non può estendersi a tutto il cranio in quanto difetta il comportamento del resto del fisico. In particolare: il capo reclinato sul mento non consente l'elasticità della superficie cutanea. Su di me ho praticato, con insperati benefici, il comportamento rilevato sugli individui sani. Sono riuscito a far riprendere il naturale spostarsi del cuoio capelluto, in quanto me lo ritrovai fisso e immobile. Con l'aiuto delle mani coadiuvavo la spinta, volontaria, che davo al corrugatore, alla fronte e alle orecchie. Inizialmente, per diverse volte il giorno e per un certo periodo; mi adagiavo su una seggiola bassa, tenendo le ginocchia allargate al massimo. Ovviamente, da quel modo di sedere, le ginocchia stavano più in alto rispetto ai glutei. Inoltre, attuavo l'imprescindibile oscillazione della cute, tenendo la testa piegata all'indietro, oppure appoggiata su una delle due spalle. La sedia non era alta, ma di grandezza proporzionale alle mie dimensioni. Ciò al fine di rettificare la mia maniera di stare seduto che era, manco a dirlo, identica a quella dei calvi. Per facilitare la correzione, me ne sono fatta costruire una col sedile inclinato all'ingiù, verso il punto in cui combaciano il piano e la spalliera, in modo da formare un comodo incavo; con lo schienale ricurvo all'esterno e con il poggiatesta non in coincidenza della cervice, ma all'altezza dell'inizio del collo, così da permettere alla testa di rilassarsi all'indietro. La struttura della sedia era stata congegnata imitando quei sedili, costruiti in lamine di ferro, che si vedono nei giardini pubblici e che sono forgiati anatomicamente. Col piano così concepito, la seggiola mi inglobava e mi obbligava, anche senza volerlo ad assumere la posizione anatomicamente corretta e confacente alla cura. Mi impediva di scivolare in avanti o di sedermi sullo spigolo e consentiva alla pelle, dalla fronte all'osso sacro, di mantenersi 50

51 floscia e allentata. Insomma, una posizione efficace e vantaggiosa per la mobilità dell'involucro cranico. In questa sedia, così comoda trascorrevo le ore, corrugando le ciglia insieme alla fronte e mantenendo la cute sovrastante tirata in avanti a lungo, anche con l'ausilio della fascia elastica. Riepilogando: occorre mettere in evidenza che tutte le posizioni corrette fin qui segnalate e suggerite concorrono a impedire che il cuoio capelluto si attacchi all'osso cranico e a facilitare le contrazioni del muscolo corrugatore e dei muscoli erettori. Le contrazioni sono possibili se la cute interessata risulterà allentata e mobile. Per conservarla mobile, bisogna evitare che la testa stia ripiegata su se stessa, e, tanto meno, col mento appoggiato allo sterno. Nel frattempo che indagavo, estraniandomi dalla realtà circostante, l'intervallo, tra il primo e il secondo atto, ebbe termine. Ebbe fine anche uno dei tanti capitoli dell'appassionata ricerca. E, per quella serata, finirono pure le divagazioni analitiche che corroborarono la mia scoperta. Si tornò ad assistere all'epilogo della tragedia. Con l'eccitante piacevolezza della brezza marina, che faceva svolazzare i capelli, sfiorandoli, mi lasciai attrarre dalla vicenda drammatica e seguii la trama e l'epilogo dell'opera, accanto all'occasionale compagno che, preso dallo scioglimento luttuoso del dramma, non riusciva a mitigare lo spasimo, dal quale si era lasciato avvincere. 51

52 IL PELO NEL DESCO Alla fine della recita e mentre la gente spopolava il teatro per raggiungere il parcheggio delle auto, mi attardai con il casuale amico per rimproverarlo del contegno, non molto ortodosso, tenuto durante le scene del dramma. Gli rimproveravo gli estemporanei e solitari applausi e gli apprezzamenti da lui rivolti agli attori nelle fasi delicate delle scene, spiegandogli che le mie stizzose gomitate avevano lo scopo di zittirlo. Soprattutto quando all'apparire di Elettra, abbigliata più con le sue lunghissime chiome che non con la grigia e succinta tunica, egli, sorprendendo gli stessi protagonisti e il pubblico, aveva esclamato: «che belle chiome, tu hai!». Mi era sembrato che ascoltasse contrito e mortificato, e che avesse capito la lezione. Invece, non volle accettare le ragioni che impongono l'esigenza di applaudire, tutti insieme, le fasi più salienti e convenute di ogni opera, e reagì dicendomi che lui, l'opera, se la gustava a suo piacimento, che dava l'assenso nei momenti per lui più significativi e agli interpreti più graditi, come aveva fatto per Elettra, e che, in definitiva, era contro le convenzioni! Chissà! Forse non aveva torto! Ognuno coglie l'aspetto che più gli aggrada. Lui pensava ai capelli! Nonostante il pacato rimprovero, l'euforico compagno volle brillantemente concludere l'amena serata, invitandomi a cena. Raggiungemmo un locale, all'aperto, in riva al mare, ricavato fra scogli, sui quali si infrangeva la risacca con fragorosa cadenza. L'ora tarda, un fresco venticello impregnato di salsedine e l'odor di cucina stuzzicavano l'appetito. Senza indugio, e non ancora accomodati al nostro tavolo, l'amico ordinò quanto di meglio prevedeva la lista: ostriche, aragoste e grigliata di spigole, orate e saraghi. L'ordinazione avvenne con tono imperioso gesticolando con le mani e urlando. Non era ad uso al galateo di monsignor Della Casa. Proveniva da una famiglia proletaria e aveva fatto fortuna lavorando sodo. Aveva fatto i soldi, ma non aveva arricchito il proprio bagaglio culturale, o, quanto meno, acquisito il comune senso civico e la buona creanza. Per dimostrarlo, c'è voluto poco. È bastato un insignificante contrattempo nella scelta dei vini per redarguire goffamente il povero cameriere. Per controbattere agli argomenti che gli esponevo in difesa del malcapitato cameriere, lamentandomi della non dignitosa scenata, si giustificò: «caro mio, oggi, la gente non ha più voglia di fare niente. Questi giovani vogliono i soldi senza sacrificarsi. Io sì che ho lavorato! Ci ho rimesso pure i capelli! Con queste spalle ho trasportato migliaia di sacchi di sale, dalla mattina alla sera; me le coprivo con un telo, a cappuccio, ancorato alla testa. Non la vedi che testa! Me la sono fatta liscia, grossa e dura come un macigno. Dentro quel cappuccio vi ho lasciato i capelli che mi mancano. Nelle saline, caro mio, i padroni non scherzavano. A noi operai ci facevano filare a testa bassa. Però sgobbando e rimettendoci l'anima, mi sono sistemato: uno, una posizione, se non demorde, se la fa! È così che mi sono fatte le ossa. Dopo tante privazioni e con i risparmi accumulati in anni di sudore, mi sono avventurato in un altro mestiere. Mi sono dato all'edilizia. Ho iniziato da muratore e successivamente con piccoli subappalti sono diventato un impresario serio e rispettato. Ho avuto tutto dalla vita. Però, non sopporto di essere rimasto calvo». Non smetteva di parlare e mangiava da forsennato, la bocca e il naso dentro il piatto; si leccava rumorosamente le dita, dopo averle usate per prendere e spingere il boccone fino all'inverosimile; risucchiava il cibo come un'idrovora, ingoiando le ostriche e mandando giù tante cozze, tantissime, perché erano di una specifica qualità: avevano la conchiglia pelosa. Era goloso di questi ultimi molluschi, non già per lo speciale sapore e la loro rarità, ma per la prerogativa della pelosità esterna: presupponeva che possedessero sostanze confacenti alla ricrescita dei capelli! 52

53 Fingevo di ascoltare il suo dire, invece lo scrutavo attentamente. Era di corporatura mastodontica. Spalle larghe e braccia muscolose, evidenziate dalle maniche cortissime. Camicia sbottonata fino all'ombelico. Petto peloso, da orangutan. Pancia enorme e rigonfia. I lineamenti erano rimarcati. Naso corto, appiattito e dalle ampie narici, occhi piccoli e vispi, areola sopraccigliare pelata e sporgente, fronte bassa e schiacciata, inesistente. Testa liscia. Ornata da due ciuffi irti, situati sopra le tempie, che, di tanto in tanto, lisciava passandovi le mani. Basette lunghe e baffi alla torero. Due tic nervosi sugli zigomi, azionati ad intermittenza: le contrazioni, involontarie, coinvolgevano l'epidermide sino ai due ciuffi. Due incisivi centrali anneriti da incrostazioni di tartaro, sporgevano tra le labbra, anche a bocca chiusa. E nonostante le sue articolazioni inferiori fossero abbastanza dimensionate, sedeva sullo spigolo della sedia e i gomiti sul tavolo. Parlava a mitraglia e dalla bocca oltre alle parole, gli usciva qualche spruzzo poltiglioso del cibo che masticava. Per associazione di idee, pensai che l'uomo di Neanderthal fosse effettivamente esistito. La cena stava per concludersi in malo modo, al momento della consumazione del dolce. Mentre il mio dirimpettaio stava per assaggiare il primo boccone della gustosa sebada, dalla forchetta. oltre al sottile filo del miele, penzolava anche un lungo pelo. Si imbestialì come un bufalo. Buttò via piatti, e posate. E, alzatosi, si mise a sbraitare e a imprecare, tra la sorpresa e la generale curiosità degli avventori. Riuscii a calmarlo dicendogli che quel pelo era suo e non del cuoco. Non volendo credere a questa versione, soggiunsi, mentendo, che l'avevo visto mentre gli cadeva da uno dei suoi ciuffi laterali. Calmatosi e rassicurato, mi confidò sottovoce: «Forse hai ragione. Adesso capisco, anche a casa, mi trovo i capelli dappertutto: nel piatto, nel guanciale e, durante la notte, tra le labbra; in cucina. Povera mia moglie davo la colpa sempre a lei. Quante volte ho interrotto il pranzo per colpa dei peli». Lo capivo. Solo chi, come me, ha vissuto le stesse disavventure, poteva perdonarlo. Il mio commensale, impacciato, forse per l'argomento che doveva impostare, riprese a parlare, quasi balbuzia: «Dunque. Senti. Devo essere sincero. Ti ho invitato a cena perché ti dovevo chiedere in che modo ti sei fatto ricrescere i capelli. Me l'avevi promesso in un'altra occasione. Ora mi devi svelare il segreto. Mi devi dire che cosa hai usato. Sono di sposto a spendere qualsiasi somma. Ti garantisco la riservatezza. Stai più che tranquillo che il segreto lo tengo per me. Non lo dirò a nessuno. Tu eri calvo peggio di me. Ho prurito, ho forfora, non ne posso più! Con la massima schiettezza, ti confesso che è per questo motivo che mi sono voluto trattenere con te, oggi». Le implorazioni mi furono rivolte umilmente, bisbigliate. Guardandosi attorno, preoccupato di non essere sentito e perché nessuno potesse ascoltare le sue afflizioni, l'ex salinaio modificò repentinamente il suo contegno. Dalla spavalderia tipica del nuovo ricco, passò alla modestia: scomparvero la boria e la iattanza. Nessuno gli avrebbe negato di rivelargli i misteri esoterici più reconditi, tanta era la passione nell'esternare la richiesta. Cedetti. Gli svelai il metodo, con dovizia di particolari. Nel separarci, mi salutò con un caloroso arrivederci, accompagnato da un viso sorridente e rasserenato. Andandosene, mise subito in pratica i consigli. Si allontanò a testa alta e a sopracciglia inarcate, permanentemente. Lo rividi dopo qualche mese. Venne appositamente a trovarmi per mostrarmi la ricrescita e manifestarmi la sua gratitudine. I suoi occhi brillavano e sprizzavano tanta gioia. Mi esimo dal riferire le sue effusioni. Mi limito solo a riportare che assaporai il piacere, squisito, di ricevere grandi lodi. E di ammirare la sua testa pelosissima, e non più liscia e lucida, come una bottiglia di vetro. 53

54 L'EREDITARIETA E IL VU' CUMPRA In un giorno della stagione balneare ho avuto modo di appurare, convincermi e avere la certezza che è infondata la teoria secondo la quale la calvizie si formi per trasmissione del patrimonio cromosomico; e che, pertanto, la calvizie non è, ripeto non è, una malattia ereditaria. Quel giorno, lo volevo dedicare ai giovani: osservarli nel loro contegno e fare una previsione circa il futuro della loro capigliatura. Tentavo di preconizzare se e chi fosse destinato alla calvizie. Come al solito andavo alla spiaggia per adempire all'annuale cura elioterapica e anche per diletto. In quella circostanza sistemai lo sdraio sulla terrazza del lido, luogo di ritrovo dei giovani. Mentre i raggi del sole mi arrostivano e mentre mi accingevo a scrutare i miei soggetti, confrontandoli fra loro ai fini della mia indagine, mi ritrovai, d'improvviso, accerchiato da un nugolo di rubicondi adolescenti, dal fisico perfetto e ben pasciuto, che urlavano e tifavano per i loro beniamini che gareggiavano sulle tavole a vela, nella distesa di mare antistante l'arenile del Poetto. Abbandonai le mie fantastiche, ma concrete, elaborazioni. Mi alzai dallo sdraio e mi lasciai coinvolgere nella tifoseria. Uno spettacolo meraviglioso, mi apparve. Pilotate da atleti con le chiome al vento, numerose vele dai colori cangianti si incrociavano fra loro, scivolando sull'acqua azzurra, calma e trasparente. Le tavole filavano diritte o roteavano disegnando ampie circonferenze e lasciandosi dietro bianche scie schiumose; di tanto in tanto si, sollevavano di slancio e ricadevano, planando. Non tele rigonfie dal vento, ma stormi di gabbiani nella stagione degli amori, sembravano. Una esibizione che vivacizzava l'immenso scenario che si estende dallo strapiombo della Sella del Diavolo alla scogliera di Cala Regina e, nello sfondo, l'orizzonte reso indefinibile dalla foschia, che si librava dall'acqua: il mare si congiungeva col cielo. I bagnanti, assiepati sulla sottilissima, soffice e farinosa sabbia, assistevano allo sfrecciare delle coloratissime vele. Per me la manifestazione sportiva ebbe fine dall'invito di un vu' cumprà per acquistare qualcosa della sua mercanzia. L'extracomunitario era un giovane spilungone senegalese. Col pretesto di fare compere, lo guardai in viso e notai che era affetto da una iniziale e diffusa calvizie: stavano scomparendo gli inanellati e corvini capelli. Anche lui stava per diventare un diverso. Indicandogli la testa, gli chiesi se anche suo padre fosse pelato. Con mia inaspettata sorpresa, reagì stizzito e furente. Con la solita stentata pronuncia e storpiando le labiali, mi rispose che il padre non era pelato, che la malattia, a lui, gliela avevamo contagiata in Sardegna e che nel Senegal nessuno era calvo. Finì di biascicare. Si prese le misere banconote da mille lire, accartocciandole. Mi girò le spalle, offeso. Si mise il fardello in groppa e riprese il suo girovagare tra gli ombrelloni. Nell'allontanarsi, registrai l'innaturalezza della sua andatura: veloce e ripiegata sulle ginocchia, col carico sulla schiena, ricurva a gobba. Ebbi conferma a quanto stavo mirando. Al ragazzo di colore, non la calvizie gli era stata contagiata, ma la malattia della fretta; quella di cui è affetta l'opulenta società nordoccidentale. Quella abnorme fretta che diuturnamente ci assilla, ci tormenta e ci opprime nell'ansia di conquistare e possedere chi sa cosa! Che non ci lascia in pace; che non ci concede il tempo di rilassarci, neanche quando siamo fermi; e, in riferimento al nostro argomento, neppure quegli attimi necessari a dare il tenue impulso al muscolo corrugatore per alimentare i nostri capelli. 54

55 Puntai oltre, per arguire, avendone avuta la conferma, che era inconsistente la convinzione, erroneamente consolidatasi, di addebitare la disfunzione pilifera a connessioni ereditarie. Non si eredita il male. Ma si deteriorano gli atteggiamenti comportamentali con l'avanzare dell'età, coinvolgendo, in qualche modo, il nostro apparato motorio e influendo negativamente sulla riproduzione dei capelli. Ho, infine, considerato che se corrispondesse al vero il fattore ereditario, le donne non dovrebbero essere immuni dalle disfunzioni che cagionano la penuria o la poca secrezione di sostanze ormonali. Sostanze, alla cui mancanza, si è fatta risalire la causa della calvizie, ovviamente sbagliando. Mentre invece la calvizie deriva dall'assottigliamento del cuoio capelluto che ha rimpicciolito le venuzze, riducendo l'afflusso del sangue; e ha compresso il muscolo erettore, costringendolo all'immobilità e impedendogli di pulsare e spingere il capello fuori dalla cute. Tutto ciò è dovuto all'errata postura della testa. 55

56 ORIGINE E CURA DEI TRE CASI DI CALVIZIE: CHIERICA STEMPIATA PELATA Dopo il raggiungimento dell'obbiettivo che mi ero prefisso, con la scoperta del meccanismo che presiede alla vita e alla ricrescita dei capelli, restava da stabilire quale fosse l'origine, l'evoluzione e da che cosa dipendessero i vari tipi di calvezza. La calvizie, generalmente, si manifesta in tre maniere diverse: la prima, al sommo della testa, sopra l'osso occipitale, al centro della congiunzione delle ossa parietali, dove si trova la fontanella; la seconda, con uno spiazzo pelato anteriore che dalle tempie arriva al centro della testa, ampliando la fronte e dandole un aspetto antiestetico, non molto gradito; la terza, la più appariscente, la più grave e la più odiata, investe completamente la piana, dalla fronte alla nuca, lasciando intatta e integra la peluria esistente nell'occipitale e nella cintura che ricopre la parte bassa delle ossa temporali e parietali e dando luogo ad un peloso semicerchio a forma di ferro di cavallo, simile a quello che si lasciano i monaci quando si radono l'ampia chierica. Come ho già riferito, spiegandone i motivi, la calvizie mai si instaura e mai si stabilizza nell'occipitale e nel parietale. Nel rilevare le diversità, ho cercato di afferrare e capire quali fossero le cause che determinano le differenze. Assodata, in via definitiva, che la perdita derivava dall'inefficienza funzionale del muscolo corrugatore e dal fatto che la cute si era assottigliata, rendendosi sterile per essersi incollata alla parte alta della scatola cranica, restava da superare l'ultimo scoglio: quello relativo all'individuazione delle ragioni per cui la calvizie si verifichi nelle tre zone; capire il perché in alcuni si stabilizzi posteriormente in altri nella parte anteriore e, infine, la pelata totale. Volevo accertare e determinare, con precisione e sicurezza, le origini delle tre differenti categorie di calvezza: distinguerle e classificarle. Il proposito mirava a studiare e approfondire la conoscenza di quelle degenerazioni capillifere che nel gergo comune sono chiamate con gli appellativi di chierica, stempiata e pelata. La domanda, spontanea, nasceva nel constatare la diversità del loro modo di manifestarsi. Mi chiedevo: se la calvizie fosse una malattia del bulbo, essa si sarebbe dovuta diffondere ovunque; altrettanto se fosse del cuoio capelluto. Invece è parziale, limitata e circoscritta. Alla severa e meticolosa indagine, anche se già grandemente appagante per i risultati ottenuti, non era più sufficiente accontentarsi e limitarsi alle cognizioni acquisite. La sete insaziabile di sapere spronava ancora di più la ricerca e lo studio della tricologia. Orbene, c'era da stabilire da che cosa derivasse il fissaggio della cute del cranio nei tre distinti punti della nostra testa e perché soltanto lì. Ho già accennato del perché il cuoio parietale inferiore non si attacchi, spiegando che ciò lo impedisce sia la mobilità della testa sia il corrugatore col restringere le sopracciglia verso il centro frontale tramite il suo reticolo di fibre e nervi. Un congegno biologico che stimola la crescita spontanea, salvaguarda la conservazione dei capelli, bloccandone la caduta, e consente alla mioglobina, che trasporta l'ossigeno, di alimentare i muscoli piliferi erettori. Pertanto, siccome la perdita dei capelli non è una malattia provocata da uno stato patologico dovuto alla degenerazione o alle condizioni atipiche di qualche ghiandola vitale e poiché, se fosse un morbo, si sarebbe diffuso un po' ovunque, la logica imponeva di soffermarmi nell'ambito dello stesso meccanismo anatomico scoperto. Il ragionamento permetteva di considerare che se la degradazione capillifera fosse dovuta ad 56

57 una disfunzione derivata da un male sconosciuto, e perciò stesso incurabile, essa doveva necessariamente manifestarsi ed estendersi su tutto l'involucro cutaneo, senza discriminare e risparmiare alcuna parte, o, quanto meno, propagarsi e diffondersi anche in altri punti, diversi dai tre indicati. E ancora: il fatto stesso che fosse delimitata e ristretta, dava a significare che ci doveva essere un ostacolo da trovare nell'apparato già individuato, ma che ancora sfuggiva alla perspicacia dell'osservazione e dell'analisi. Dunque, a forza di minuziose indagini e di felici esperimenti ho stabilito, con certezza, da che cosa deriva la causa che impedisce la mobilità e il conseguente formarsi del blocco cutaneo. Nel presente testo è stata posta la massima cura nel parlare, parecchio, degli atteggiamenti, corretti, da far assumere al corpo nelle diverse posizioni per permettere al cuoio capelluto di restare floscio, sensibile e scorrevole ai comandi e agli stimoli del corrugatore e del muscolo erettore. Ecco, quindi, perché sono sorte le raccomandazioni da porre in essere per riappropriarsi delle originali posizioni dell'organismo. Se finora la disquisizione è stata imperniata sul generale e sulla complessità del problema, adesso è il caso di entrare nel particolare per indicare le cause che hanno dato origine ai tre diversi tipi di calvizie. Ordunque, la chierica si forma in tutti coloro che quando siedono, oltre a non osservare le posizioni corrette già menzionate, si adagiano con l'abitudine di poggiarsi soltanto sul bordo anteriore della sedia e non anche sulla spalliera, col busto ripiegato in avanti, e sorretto dai lombi, dai reni, dai piedi; e la testa ripiegata all'ingiù. In questo stato, il busto e la testa formano una sorta di ellisse i cui due punti fissi, i fuochi, stanno uno sopra l occipitale e l'altro nell'osso sacro. L'ellisse è costituita dalla colonna vertebrale che, come si sa, non è rigida. Quando essa si piega in avanti, tira, stendendola al massimo, l epidermide esterna di cui è rivestita, e coinvolge anche il cuoio capelluto. Il peso, che ne consegue da questa ovale ricurvatura, ricade sul fuoco più in alto: sulla chierica, dove si avverte il prurito, quale riflesso della pressione. Ecco, quindi, che al verificarsi dell'anomalia, scatta il segnale: la prurigine. Con l'andar del tempo, lì, in quel punto, si verifica il soffocamento dei bulbi con tutto ciò che ne consegue: forfora, caduta, chiazza tondeggiante pelata, assottigliamento della cute e relativa sterilità. Se si volesse sperimentare il fenomeno, praticamente, basterebbe prendere un nastro o uno spago e fissarne una estremità alla fronte e l'altra io prossimità dell'osso sacro. Per una semplice e curiosa conferma e non essendo molto complicato, si provi l'esperimento: dopo essersi seduti nel modo anormale appena descritto, si pieghi la testa fino a far combaciare il mento sul petto e ci si accorgerà che la pressione del nastro, unitamente all'attrito, la si avrà sulla fontanella, al disopra dell'occipitale, esattamente dove si accusa il prurito e la perdita. Nessuno ha mai pensato a tale tipo di fenomeno e nessuno lo ha mai osservato, neanche tramite una conoscenza diretta, rilevabile su se stesso. Non lo si riscontra perché non cagiona alcun avvertibile sintomo o scompenso. Non è percepibile in modo palese, se non nei sintomi di prurito cui si è soliti dare poca importanza. Lo si trascura perché lo si ritiene passeggero e insignificante. Purtroppo, nessuno se ne cura, non sapendo che ciò è l'inizio del male. Se poi qualcuno se ne preoccupa. ricorre sempre ai consueti medicamenti. E per arginare la caduta che ne consegue, tenta di frenarla e limitarla con i cosmetici, ma non interviene sull'origine. Il prurito, pertanto, è la concreta manifestazione dello stato di anormalità della corrugazione. La natura ha stabilito che l'epidermide goda di una specie di autonomia funzionale nei confronti degli altri organi. In ogni parte del nostro corpo, la pelle risulta mobile e scorrevole, anzi oscillante. Ciò è avvertibile in tutti gli esseri del mondo animale. Ogni organismo vivente è rivestito da questo involucro protettivo esterno. 57

58 Di simile membrana protettiva è dotato anche il mondo vegetale: si pensi alla corteccia degli alberi e alla buccia della frutta. Passiamo ora ad analizzare il secondo caso: lo stempiato. Chi accusa la cute impigliata e il relativo prurito e la conseguente forfora nella zona che si estende dall'osso frontale al centro della testa, vuol dire che siede abitualmente sdraiato, quasi ripiegato su se stesso e curvando il busto e la testa a semicerchio. In questo caso il calvo non si appoggia totalmente allo schienale ma solo, con le spalle come se fosse gobbo. Costui soffre della calvizie nella forma dello stempiato. La stempiatura avviene sia per le note e ribadite posizioni scorrette, sia per l'arresto della corrugazione e sia per il blocco dell'epidermide circostante. Nel caso in esame, però, il blocco si verifica sopra le tempie e oltre la fronte. È lì che la cute si attacca opprimendo il bulbo, impedendo l'attività dei nervi e cagionando una sorta di asfissia ai bulbi ivi esistenti. Volendo, anche questa verifica la si potrà sperimentare con lo stesso strumento del nastro o dello spago. L'esperimento serve per l'immediatezza del riscontro, perché, altrimenti, è difficile ricavarlo osservando soltanto la cute. La verifica è però possibile anche in questo modo: si assuma la posizione ricurva, si dia l'impulso alla corrugazione e si noterà che il cuoio capelluto non si sposterà di un millimetro nella predetta zona: l'oscillazione non si verificherà. Per concludere sui tre aspetti in esame, ora è giunto il momento di parlare dell'ultimo, il più grave e il più appariscente: la pelata. È totalmente calvo chi siede indifferentemente nelle due predette posizioni; e a testa abbassata. Ad avvalorare questa tesi, anzi questa constatazione, occorre ricordare e tenere presente che mai, e poi mai, la calvizie inizia al centro della testa. Non inizia mai nella zona mediana. Incomincia sempre da uno dei due lati estremi della superficie che copre la sommità della testa. Dunque, la pelata non è altro che il palese progredire, l'ampliarsi e il congiungersi degli altri due casi degenerativi. Quindi, giammai si noterà una insolita chiazza pelata centrale. Si tenga conto che in quel punto esiste un leggero avvallamento che protegge, per qualche tempo, la rigogliosità delle radici ivi situate. È una curvatura concava che ritarda l'attaccatura della cute al cranio. Per effetto di questa minuta cavità e pur in presenza della comparsa del male alle due estremità, lì, al centro, si potranno riscontrare dei residui e rari peli, destinati, nel breve termine, a scomparire anch'essi per il diffondersi della pressione cutanea anche su quella delimitatissima e ristretta area centrale della testa. Sono destinati a cadere, e cadranno, quando la cute, tutta la cute, si amalgamerà con le ossa che compongono l'estremità sferoidale del cranio. L'estensione dell'amalgama terminerà dove non arriva l'effetto dell'irrigidimento cutaneo, salvaguardando ed esonerando la regione protetta: quella laterale. Perché, questa, non viene né colpita né lambita dall'atto del premere, esercitato dalla forte tensione della cute. La superficie cutanea della testa, sottoposta alla pressione, diventerà ancora più sottile, rigida e sterile in coloro che usano stare a lungo in piedi nell'arco della giornata, sorreggendosi, per ore e ore, sulla punta dei piedi e sui lombi. Allungano il busto, spingendolo verso 1'alto, come se tentassero di arrivare ad un punto al disopra dalla proprie capacità, dilatando, oltre ogni limite, la loro epidermide. Questo genere di calvizie, quasi totale, e il suo ulteriore degenerarsi, l'ho accertato osservando il già citato barbiere, mio amico, e, successivamente, in altri soggetti di consimile condizione. Costui, per adempiere al suo lavoro, era costretto a stare eretto al massimo al fine di poter meglio arrivare al taglio e allo sfoltimento dei capelli esistenti sopra le basette e sopra le parti 58

59 laterali. Essendo bassotto, e nonostante adeguasse la snodabile poltrona alla sue dimensioni fisiche, egli doveva, comunque, fare un ulteriore sforzo in alto, e poi curvare la propria testa affinché potesse vedere dove doveva far svolazzare le forbici e tagliare senza pericolo e senza danno per il cliente. Per dare un'esatta rappresentazione, c'è da dire che, similmente al barbiere, erano colpiti il Vù Cumprà e l'ex salinaio. Il senegalese, come già riferito, sedeva e camminava quasi ripiegato su stesso: l'andatura era aggravata anche dal fardello della mercanzia che gli ricadeva sull'epidermide delle spalle, spingendola e pressandola verso il basso. Nel parlare dell'altro, mi sarebbe gradito se si notasse che l'ex salinaio, quando recrimina sul male riferendo di aver lasciato i propri capelli dentro il cappuccio del sacco protettivo delle spalle, centra, inconsciamente, l'obbiettivo: la verità. Costui, ovviamente, non si è mai reso conto neanche di essersi ulteriormente danneggiato, perché, alle difformi posizioni del busto e della testa, aggiungeva il logorio dei pesanti carichi di minerale salino, trasportati. S i consideri, però, che, in quel cappuccio, vi ha lasciato soltanto i capelli che si trovavano nella zona che subiva la pressione del carico, non quelli laterali. Mi sia consentito di tornare, per un attimo, sulla calvizie, a chierica, per non dimenticare di dire che questa forma, l'ho riscontrata nel compagno collegiale. Su di lui ho continuato l'osservazione anche successivamente al periodo degli studi in comune. Nell'età matura, egli aveva conservato, aggravandoli, gli stessi atteggiamenti che mostrava in collegio. Egli, allora, sedeva nei modi che ho già considerato e indicato, in riferimento a questa specifica categoria. Egli, pur essendo di statura media, appariva il più alto, soprattutto quando si sedeva alla mensa del refettorio, proprio perché allungava il busto nel tenersi sui lombi. Insomma non stava seduto: sfiorava appena la panca e si appoggiava al tavolo con i gomiti e reggendosi sui piedi. Per continuare nell'esemplificazioni, ricordo che della stempiatura era affetto il dermatologo. Costui appariva non seduto, ma sprofondato e sdraiato sulla poltrona, quasi arrotolato su se stesso. L'arrotolamento era ancor più rimarcato dal fatto che poggiava il ginocchio sullo spigolo della scrivania, facendolo congiungere quasi col proprio mento. Inconsapevolmente, si era procurato la calvizie. La stessa malattia che egli intendeva lenire nei suoi pazienti con le vitamine e gli shampoo speciali. Infine, devo nuovamente sottolineare una caratteristica, comune a tutti i calvi: camminano a passi corti e veloci; non attuano mai la totale e completa corrugazione; e tengono la testa rigidamente immobile. Per totale e completa corrugazione intendo includere anche il periodico aggrottare delle sopracciglia, il loro restringersi al centro, perché, con ciò, avviene l'abbondante ricrescita, persino nelle due stempiature degli angoli della fronte. Per guarire dalla calvizie in tempi ragionevolmente brevi, nel capitolo che segue indico le corrette posizioni con cui tenere obbligatoriamente la testa, al fine di rendere scorrevole, avanti e indietro, il cuoio capelluto, agli spontanei comandi di contrazione del muscolo corrugatore e del muscolo occipitale. 59

60 CORRUGAZIONE E POSTURA DELLA TESTA Come abbiamo visto, la testa occupa, e non poteva essere altrimenti, una posizione centrale nel procedimento volto alla conoscenza e all'apprendimento del criterio che presiede alla conservazione e alla ricrescita dei capelli. E poiché è l'elemento determinante nella comprensione e nell'applicazione del metodo, è necessario soffermarvisi ulteriormente per afferrare più facilmente il meccanismo che tutela la capigliatura e la fa sviluppare. Anche se ho tediosamente insistito, attardandomi ad indicare le posizioni più congeniali da far assumere al nostro corpo perché la testa si mantenga sollevata col minimo sforzo, devo tornare, ed ora in via definitiva, a parlare di questo importantissimo organo anatomico. Il fenomeno, inerente e connesso alla capigliatura, è situato nello stesso ambito e luogo ove il bellissimo ornamento dell'essere umano ha sede, si forma, cresce e si sviluppa: dalle sopracciglia all'occipite. Vale anche ripetere e ulteriormente ribadire che dall'atteggiamento del nostro capo deriva la possibilità che il cuoio capelluto aderisca all'osso cranico. Una volta attaccatovisi, la prerogativa e la singolare caratteristica del movimento a biella del muscolo corrugatore sarà improduttiva. I capelli cadranno e i bulbi piliferi, così soffocati, non rigenereranno mai più, salvo la rimessa in azione dell'apparato nei modi già ampiamente illustrati e proposti. Per la loro ricrescita e conservazione è, quindi, essenziale, anzi obbligatorio, porre molta premura e grande impegno sul posizionamento della testa che deve stare in equilibrata armonia con lo stato degli altri organi. I calvi, per in volontaria abitudine, la tengono abbassata come se fosse un grande peso che non si possa reggere col solo ausilio della struttura scheletrica: camminano tutti a testa bassa! Se li si osserva, non in modo episodico e superficiale, ma con insistenza e metodicità, la loro testa apparirà non già collegata al vertice della colonna, ma ricadente sullo sterno, sul quale, periodicamente, vi si adagia col mento. Per rendere meglio l'idea, molti di essi sembrano privi di collo: ne nascondono la parte anteriore ove si trovano il gozzo e la ghiandola tiroidea. Con il capo, così ripiegato, la cute diviene tesissima; pressa e comprime al massimo le radici e ne determina l'asfissia e la conseguente sterilità. Il collo, rispetto alla colonna che lo sorregge, dovrà formare un semicerchio aperto verso la parte posteriore del busto: la nuca dovrà ripiegarsi all'indietro, oppure lateralmente sulle spalle. Con il collo così posizionato, la testa assumerà la posa ideale, la condizione richiesta: si raddrizzerà di qualche grado rispetto all'insana e abitudinaria curvatura su se stessa, ed eliminerà, correggendolo, il deleterio ripiegamento sul mento e sulla mandibola. La propulsione del corrugatore si manifesterà più sciolta e darà la spinta necessaria per superare e vincere la resistenza che si oppone al movimento massaggiatore di cui ha tanto bisogno il cuoio capelluto per alimentare i bulbi piliferi, con l'ossigeno profuso dalla mioglobina. Riportato alla normalità il meccanismo, il processo di ricrescita è garantito: i capelli si risveglieranno gradatamente e progressivamente. A costo di correre il rischio di apparire ripetitivo, devo tornare a parlare delle mie esperienze personali. Durante l'allenamento cui mi sono sottoposto per riportare alla posizione naturale il mio cranio, ho trascorso qualche settimana a leggere libri o riviste poggiando i testi sul piano di un leggio, alto quanto il mio fisico, per essere, io, costretto ad alzare lo sguardo e contestualmente il capo, e corrugare. Nell'attuare questa ulteriore esperienza curativa, percepivo, in corrispondenza della cute pelata, una sensazione di benessere simile a quella che si prova quando si rimargina una ferita. Non solo, ma nell'ampia chiazza pelata, oltre all'azione dei tendini del muscolo corrugatore che, lì, si 60

61 ripercuoteva, avvertivo una lieve prurigine come se fossi punzecchiato da una miriade di spilli: era il risveglio dei bulbi. E lungo la sottile striscia della cute sopraccigliare, percepivo un tenue solletico: erano i peletti che vi ricrescevano. L'esercizio di cui sopra, unitamente alla concreta esecuzione delle altre operazioni più volte menzionate, si è rivelato il toccasana, il migliore e unico stratagemma per la ricrescita: la vera terapia. Lo sviluppo e il fitto reinfoltimento si è concluso perseverando e insistendo, con metodica tenacia, nell'ondeggiante movimento dell'involucro capelluto. Perseveranza costante! Nel lavoro, nel camminare, stando seduto, in piedi, o quando riposavo. Coricato, la testa l'adagiavo rivolgendo il viso verso la spalliera; anziché verso i piedi del letto, come facevo precedentemente. Quando poi riuscivo a prendere sonno, così posizionato e restringendo al massimo la fronte con la corrugazione, al risveglio, mi ritrovavo i ciuffi diritti come se fossero sorretti dalla lacca. Visto il giovamento che ne traevano i capelli da tale posizione, ho modificato la vecchia abitudine di coricarmi, imponendomi di dormire con il capo rivolto verso la testa del letto. L'accorgimento, messo in atto durante la cura e dopo la totale guarigione della calvizie, mi ha dato la possibilità di modificare la qualità della mia capigliatura: non più ondulata e riccia, ma eretta, quasi a spazzola. Come nelle precedenti, anche per questa nuova esperienza, sono andato alla ricerca di conferme, sia sul piano pratico che su quello inerente alla funzionalità fisiologica dell'apparato anatomico, per stabilire se i risultati fossero identici anche sugli altri calvi. Per non essere troppo prolisso, tralascio di narrare gli episodi dai quali ho ricavato valide e univoche controprove. Il lettore mi dovrà credere sulla parola. Se poi ha dei dubbi, lo può provare per conto suo, dormendo nel modo testé riportato. Mentre, per quanto riguarda la connessione anatomica, ritengo che la maggior rigogliosità sia derivata dalla migliore disposizione dell'apparato preposto all'alimentazione delle radici. Infatti, durante il sonno, il muscolo corrugatore continua la sua funzione, irrorandole di ossigeno tramite la mioglobina. Riposando supini, il muscolo funziona a meraviglia; di fianco meno; stando carponi si blocca. A cambiare il mio modo di dormire, vi sono giunto a seguito di un fatto che mi è rimasto fortemente impresso nella memoria. Lo devo raccontare non già per convincere gli increduli e gli scettici, ma per mettere in risalto quanto il caso abbia influito sulla guarigione della mia trentennale calvizie. L'episodio eclatante, indelebile, mi è rimasto impresso perché riguardava un infortunio, occorso a mio padre. Il mio genitore cadde fortuitamente all'indietro da un'altezza di due metri e riportò la lussazione della seconda vertebra cervicale. Ricoverato d'urgenza, fu curato per broncopolmonite, sopraggiunta, a detta dei sanitari, per l'immobilità dovuta alla breve degenza. Della lussazione, nella cartella clinica, neanche un cenno; però fu dimesso con la testa storta. Alla richiesta di spiegazioni sull'anomalia, ci fu risposto che si trattava di un insignificante torcicollo che sarebbe scomparso in breve tempo per effetto della somministrazione di una buona quantità di antibiotici! Purtroppo, la diagnosi si rivelò sbagliata, per non dire scandalosa e assurda. Il torcicollo non spariva e il fisico si stava progressivamente paralizzando nella parte sinistra. Noi familiari provvedemmo a ulteriori accertamenti che stabilirono il male effettivo: la vertebra spostata. La lussazione aveva compresso il midollo spinale, causando la paresi, l'immobilità muscolare. Per farla breve, alla clinica traumatologica, ove fu successivamente preso in cura, fu posto in trazione: la testa veniva tirata da un peso di circa tre chili. Il peso, ancorato a due ganci ficcati e saldati agli zigomi fu fatto pendere tramite una carrucola, posta dietro la spalliera del letto. Successivamente a tale provvidenziale tortura, gli fu imposto un collare, rigido, che portò, fisso, per un paio di mesi. Questa costrizione lo obbligava, giocoforza, a mantenere la testa col mento sollevato. 61

62 Il rimedio, finalmente, era stato azzeccato e diede esiti insperati, perché guarì e riacquistò la sua autonomia comportamentale. Ma l'aspetto che più mi sorprese, oltre alla guarigione, furono i capelli: apparvero rinvigoriti. Quei pochi che possedeva ricrebbero; e una consistente peluria era riapparsa al centro e nelle zone periferiche della sua vasta calvizie. Il fatto non passò inosservato. Nel periodo delle mie ricerche e sperimentazioni, l'inspiegabile, sorprendente e inaspettato fenomeno mi tornò in mente e lo misi in pratica; certo, non con gli stessi strumenti. Però tenevo la testa piegata all'indietro, o di lato. L'episodio di mio padre, in uno alle altre intuizioni, e la pratica rimessa in funzione del congegno anatomico, hanno dischiuso un segreto, rimasto inviolato nel buio del tempo e mi hanno gratificato, della più bella soddisfazione della mia vita. Anche se il detto latino, repetita iuvant, giova ripetere le cose, è sempre attuale, non mi attarderò ulteriormente a ribadire, con nuovi dati ed altri esempi, la validità del metodo. Ritengo che sia più che sufficiente quanto ho affermato, sostenuto e dimostrato finora. Ripeto soltanto: corrugate, corrugate, corrugate! Un utile consiglio: Per impedire che la cute si attacchi al cranio, e affinché resti permanentemente scorrevole, la testa deve essere sistemata, alternativamente, in una delle seguenti posizioni: ricadente all'indietro oppure inclinata sulla spalla destra o sulla sinistra. Con la testa così posizionata la corrugazione avverrà spontaneamente, al minimo impulso, il corrugatore tirerà in avanti la cute; a sua volta, il muscolo occipitale la tirerà indietro. Tra i due muscoli esiste un collegamento. Appena il primo si rilassa, l'occipitale ritrae il cuoio, capelluto verso la nuca. È questo il modo ideale per far funzionare alla perfezione l'apparato capillifero, consentendo l'abbondante afflusso di sangue e di mioglobina verso il muscolo erettore che potrà, così, far crescere il capello in piena salute. Osservate i capelluti che vi stanno attorno, parenti, amici, colleghi, bambini, e noterete che la posizione della loro testa è sempre conforme a quanto appena descritto. Pertanto, imitateli. Correggete la vostra postura, e sconfiggerete la calvizie con successo. Infine si sappia che la testa è sorretta da un solo punto d'appoggio: la prima vertebra, però, per non piegarsi in avanti ha necessità di trovare una posizione di equilibrio. Tale equilibrio lo trova stando girata verso il lato destro, o sinistro, e col mento sollevato. Io, per riabituarmi a tenerla equilibrata (e ci sono riuscito), mi ponevo sempre di lato, rispetto a ciò che dovevo guardare, per costringere la testa a stare girata. Facevo così nel leggere, nel guardare la televisione, e gli interlocutori; e qualunque cosa attirasse la mia attenzione. In più, per far affluire motto sangue nel cuoio capelluto, ho fatto, per un mese, un esercizio che ripetevo due volte al giorno, e che durava mezz'ora. Esso consisteva nello stare sdraiato con la schiena sul letto e le gambe sollevate, e appoggiate su tre guanciali, posti uno sull'altro. 62

63 L'ORIGINE DEI CAPELLI LISCI, RICCI E ONDULATI Gli esseri umani possiedono i capelli lisci, ricci oppure ondulati: crescono con queste diversità in base alle specifiche condizioni del cuoio capelluto. I miei studi sull'involucro cutaneo che riveste la cassa cranica, mi hanno consentito di stabilire, anche quale sia l'origine delle tre differenti tipologie della capigliatura. Le riassumo qui appresso, precisando che la diversità è di natura ereditaria, genetica. CAPELLI LISCI Coloro che possiedono il cuoio capelluto molto spesso sono dotati di capelli lisci. Tale spessore risulta essere più consistente di almeno il quadruplo, rispetto alla sottigliezza dell'epidermide che riveste il loro corpo. Ciò determina l'invidiabile massa di capelli che cresce fitta e molto velocemente: di qualche centimetro nell'arco di una settimana. CAPELLI RICCI Al contrario delle persone dai capelli lisci, in coloro che li possiedono riccioluti e inanellati si riscontra la sottigliezza del loro cuoio capelluto. Infatti esso non si differenzia granché dalla pellicina che riveste il resto del loro corpo: la loro epidermide è uniforme dalla testa ai piedi. Quindi, essendo tutto ridotto, spessore, bulbo, venuzze, erettore, la crescita risulta stentata, lentissima; e lo stelo si arriccia, ricevendo meno alimento, in confronto a quello che ricevono i capelli lisci. Pensate che dopo un taglio a raso, i capelli ricci impiegano almeno un anno per ricrescere di qualche centimetro. CAPELLI ONDULATI L'ondulatezza si forma, per lo più, nella sommità della testa. Nel parietale sono quasi lisci poiché, lì, la cute è leggermente più spessa. Però, la sottigliezza del vertice della testa, seppur minima, determina la crescita più lenta, e quindi ondulata, rispetto al parietale dove avviene più veloce. Ovviamente, l'eventuale calvizie si cura, in tutti e tre i casi, col presente metodo. 63

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