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1 SCHEDA 4 Genesi 3,1-24 1] Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: "È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?". 2] Rispose la donna al serpente: "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3] ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete". 4] Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete affatto! 5] Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male". 6] Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. 7] Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono 1 / 18

2 foglie di fico e se ne fecero cinture. 8] Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9] Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". 10] Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". 11] Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". 12] Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". 13] Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato". 14] Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 15] Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". 16] Alla donna disse: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà". 2 / 18

3 17] All'uomo disse: "Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. 18] Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre. 19] Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla terra, perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!". 20] L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi. 21] Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì. 22] Il Signore Dio disse allora: "Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!". 23] Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. 24] Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita. 3 / 18

4 v.1. Il serpente è uno degli animali creati da Dio (2,19), perciò è impossibile che sia per l Agiografo una potenza demoniaca. Ciò che lo fa emergere tra gli animali è una certa sua scaltrezza. Ed è su questa proprietà che l Agiografo punta. Se l Autore sposta al di fuori dell uomo l impulso della tentazione, dipende da una chiarezza descrittiva più che presentare il male come qualcosa che sta al di là dell uomo: la colpa e la responsabilità della colpa e solo dell uomo! Nella storia delle religioni il serpente è animale sospetto e strano e si può supporre che il nostro racconto in origine celasse un lontano ricordo di un mito. Ma come si presenta a noi, è fuori da ogni mito. Serpente = nachas; indica anche praticare la magia ; a ricordo forse della religiosità cananea presso la quale ils erpente era utilizzato come simbolo della fertilità nei riti religiosi in cui la donna (sacerdotessa o prostituta sacra) aveva un ruolo determinante. È simbolo di ogni voce che pretende di offrire all umanità la via facile della felicità (come fanno la magia o la divinazione). L interesse va spostato non sulla natura del serpente, ma sulle sue parole. Il suo discorso è un fine capolavoro di sfumature psicologiche: lo inizia in maniera circospetta, con una domanda colma di interesse, ma generica. La domanda contiene una distorsione del divieto divino: Dio non ha detto che gli uomini non possono mangiare da alcun albero! Grazie a questo, però, trascina la donna in un dialogo. E non dice nemmeno di che albero si tratti, lo lascia intuire alla donna. Ma già con la semplicità della domanda, ha inferto un colpo all obbedienza. vv.2-3. La donna, senza sospetti, rettifica la distorsione contenuta nella domanda del serpente. 4 / 18

5 Ma nello zelo della risposta fa un piccolo passo che è di troppo! Rettifica ciò che è distorto nella domanda dicendo: il veto è solo per un albero. Il troppo è nella frase che dice: non lo si può toccare! Questo, Dio, non lo ha mai detto. vv.4-5. Ormai il serpente può togliersi la maschera e parlare apertamente. Ora non interroga più, ma afferma! Ciò che Dio ha detto non è vero. E ne porta le ragioni. Dichiara di conoscere Dio meglio della donna che rimane nella sua credula obbedienza. E l induce a sottrarsi all obbedienza e a giudicare Dio e il suo comando come ponendosi al di fuori. A Dio sono attribuite intenzioni di gelosia. Come se Dio, proprio perché Dio, fosse geloso nei riguardi delle sue creature. Ma è come se l uomo volesse capire Dio in seguito all idea che si è fatto di Dio piuttosto che fidandosi della Parola che Dio gli rivolge. Il serpente fa delle promesse che sono i sogni dell uomo. dice all uomo ciò che l uomo vuole sentirsi dire. - Non morirete affatto: è il esiderio o sogno dell uomo di vivere in eterno. - Diventereste come Dio: Non che gli uomini diventano come JHWH, ma divini, vale a dire simili a Dio; Dio in terra. - Conoscendo il bene e il male: jada = conoscere: non significa solo la conoscenza intellettuale astratta, ma un avere esperienza, una familiarità con, un essere capaci di. Per gli antichi il bene non è concetto, a esperienza di bene, il vivere bene. Dunque il serpente sta dicendo che si potenzierà la capacità sperimentabile di vivere bene? No, c è di più: il serpente punta sull autonomia di giudizio che permette all uomo di decidere da sé ciò che è bene e male: 5 / 18

6 un atteggiamento nuovo per cui l uomo si sottrae alla provvidente tutela di Dio. Dio aveva disposto ciò che fosse bene per l uomo (2,18) dandogli modo di essere al sicuro. Ora invece deciderà da sé. L insinuazione del serpente dà possibilità di una dilatazione dell essere umano oltre i limiti posti da Dio nel crearlo; un accrescimento di vita, nel senso conoscitivo e di un esperienza, di una padronanza dei misteri che stanno oltre l uomo. E l autoraggiungimento della felicità. Il serpente non mente e non dice il vero: conduce il suo interlocutore al suo gioco. Non rivolge esortazioni: si limita ad insinuare nell uomo lo stimolo dal quale procederà liberamente verso la decisione. La colpa è dunque dell uomo. v.6. Il serpente si sottrae allo sguardo del lettore. La donna è sola. Inizia a considerare che forse è meglio l indipendenza che l obbedienza a Dio. La scena è muta. La donna è pensierosa davanti all albero. In lei i sentimenti si rincorrono: - Buono da mangiare: lo stimolo grossolano dei sensi (concupiscenza della carne). 6 / 18

7 - Gradito agli occhi: l attrazione più fine, quella estetica (concupiscenza degli occhi) - Desiderabile per acquistare saggezza: l allettamento supremo e più insinuante (superbia della vita). Ecco che il frutto viene raccolto e mangiato. mangiare è eliminare qualcosa della realtà che ci piace. Questo è il vero peccato che sta all origine di tutte le scelte sbagliate della persona. Desiderare di raggiungere la pienezza indipendentemente da Dio. La donna sedotta diviene seduttrice. (che frutto è? Non il fico, simbolo di vita nella Scrittura. Non la mela puramente latino/cristiana forse derivante dall associazione malus-malum). v.7. si aprirono gli occhi di tutti e due. Le parole del serpente si realizzano: per loro inzia qualcosa di nuovo. Ma non sono diventati Dio! L uomo non è riuscito a far entrare nella sua vita quanto gli era stato interdetto da Dio. Ora è deglorificato. Alla perdita di innocenza gli uomini non reagiscono con un senso spirituale di colpa, ma con la vergogna della propria nudità. Volevano divenire sapienti (arumin) ma si scoprono nudi (erumin): trovano una mancanza di qualcosa di essenziale in se tanto che si vergognano. 7 / 18

8 La vergogna diviene una frattura che si fa sentire come senso profondo dell essere. La vergogna tende a nascondere, teme di mettere allo scoperto. La corporeità cade in basso, è deglorificata. E viene coperta. I versetti a seguire ci fanno capire le conseguenze delle scelte maturate in 3,1-7. Fino ad ora abbiamo colto il cuore della narrazione che potremmo intitolare: la persona umana, una creatura ferita. Vi è il capovolgimento delle relazioni che fondano l esistenza dell umanità e della sua felicità. Presentate positive in 2,4-25, appaiono ora in 3,8-27 spezzate e problematiche. vv La pagina biblica non spiega l origine del male come forza che induce l essere umano a disobbedire alla parola del Signore. È però evidente che il male c è e si presenta come proposta di felicità alternativa a Dio. lo scopo del testo non è colpevolizzare le persone, ma fa loro prendere coscienza della serietà del problema del male. E lancia un invito a prendere netta posizione di fronte ad esso. Il maloe si insinua nella vita travestito da bene apparente che soddisfa nell immediato, ma non porta alla meta indicata dal Signore. 8 / 18

9 L incontro con Dio fa comprendere l azione compiuta quale peccato. Si ode Dio che passeggia (qol non dice la voce, ma il rumore dei passi). Dio non discende dal cielo, ma abita sulla terra con l uomo. Dio viene immaginato come un re che viene a spasso nel giardino della sua reggia fingendo di non sapere l accaduto. È il linguaggio scelto dall Autore per far comprendere che il Signore non visita la coscienza delle persone per condannarle, ma per camminare assieme a loro anche se lo hanno sospettato di gelosia e se hanno rifiutato la sua compagnia. L uomo non può nascondersi da Dio. perciò confessa che è stato il timore a farlo fuggire e nascondere. L uomo era stato posto nel giardino per custodirlo e coltivarlo, ora lo sfrutta per nascondersi. In seguito a questo per Israele presentarsi nudo di fronte a Dio era cosa terribile: nel culto era vietata la nudità. Per l umanità la vergogna diviene segno della frattura tra gli uomini. Ora la paura di Dio è il segno della frattura tra gli uomini e il Creatore. 9 / 18

10 Il Signore si mette alla ricerca dell umanità stanandola dai suoi nascondigli e cercando di condurla a verità. Dove sei? a dire: dove ti nascondi? Che ne è di te? Che tipo di scelta stai facendo? In tal modo l uomo, scoperto peccatore da Dio, riceve mediante l interrogatorio un ulteriore spazio di libertà grazie al quale giungere alla verità dei fatti. A chi ha peccato il Signore concede la possibilità di far luce sul proprio operato, per smascherare il male e per contrastarlo con una risposta efficace. Questa è la prima volta in cui l uomo parla. Nella seconda risposta (v.12) l uomo viene a confronto con la propria colpa, ma la storna da sé e la rigetta in Dio stesso: La donna che mi hai posta accanto! Un accusa contro Dio considerato responsabile ultimo dell accaduto; ma anche segno di una comunione ormai distrutta tra gli uomini. I quali non riconoscono la solidarietà della colpa che ora li lega davanti a Dio. L uomo accusa la donna e il peccato li ha isolati. Neppure la donna vuole assumere la responsabilità davanti a Dio: Il serpente mi ha ingannata. Dio non si rivlge però al serpente. Non lo interroga per non dargli diritto di esistere davanti a Lui, per relegarlo al silenzio; per far prendere coscienza all uomo delle sue personali responsabilità. 10 / 18

11 vv Le sentenze di punizioni sono nell ordine al contrario dell interrogatorio. Nelle sentenze l Agiografo rende conto di inquieti enigmi e miserie e risponde alle domande della vita (sono perciò eziologiche). Il serpente. Il serpente, a differenza degli altri animali, fa forza sul ventre strisciando per terra. Sembra nutrirsi della polvere che solleva. Per serpente l Agiografo non intende la specie zooligica, ma il male personificato che è misteriosamente presente all interno del mondo creato e ha preso di mira l uomo, lo spia, lo combatte fino all estremo. Il serpente è maledetto : Dio cioè prende le distanze da lui e non è con lui connivente Perciò ogni incontro uomo-serpente porterà ad una lotta di vita e di morte. Suf = stritolare, ma anche avventarsi, cercare di afferrare. Una battaglia che si protrarrà per generazioni e dell uomo e del serpente. Secondo il testo la stirpe della donna ossia il genere umano essendo più forte, schiaccerà la testa al seprente che le insidia il calcagno. 11 / 18

12 Questa è la maledizione: una lotta senza speranza per il serpente. v.16. La donna e l uomo non sono maledetti. La donna. Gravi angustie e contrasti irrompono nella vita della donna quale sposa e madre. Tre realtà: - angustie nella gravidanza, dolori del parto; - un profondo desiderio dell uomo; - non trovare appagamento nell uomo, ma un assoggetamento umiliante. Queste sono segni: dolori del parto e violazioni nelle relazioni danno il senso di un malessere profondo e inquietante causato dal peccato. La bellezza del partorie e della relazione amorosa viene oscurata. L uomo. E colpito dal castigo della fatica e dalla miseria dei mezzi di sostentamento che dovrà procurarsi da solo. L uomo è colpito nel più intimo, il lavoro, nella preoccupazione del 12 / 18

13 sostentamento. La parola maledizione non colpisce direttamente l uomo, ma va oltre, entra nell intimo, nel fondamento dell esistenza umana, investendo l opera dell uomo: la terra. La terra, matrice dell esistenza dell uomo da cui è tratto, ora subisce una frattura, un opposizione. È rotta la solidarietà fra terra e uomo. Viene richiamata la situazione degli agricoltori (fellahim) che a fatica traggono dalla terra il sostentamento; viene richiamata la situazione del beduino del deserto che non coltiva i campi, ma è ugualmente povero il suo sostentamento. Con ciò l Autore non considera il lavoro come una maledizione. L uomo infatti lavorava anche nel giardino Eden (2,15). Ora però il lavoro rende faticoso il vivere ed è spesso colmo di fallimenti e delusioni; l esigente sproporzionata fatica non appagata fanno perdere al lavoro il suo senso. Il tutto riconduce alla morte vista come un ritorno dell uomo alla terra. La morte è vista come una pena? La sentenza di condanna non parla di morte, ma di vita e dichiara che la fatica accompagnerà l uomo fino alla sua morte. Si parla della morte in modo tenebroso attraverso cui ogni essere vivente torna ad essere polvere della terra. Un ombra che l uomo ha in ttta la sua vita. Ma di morte non si è mai parlato così fino ad ora. Ma la morte non è legata alla maledizione 13 / 18

14 quale minaccia. v.20. Con le sentenze eziologiche succitate, si risponde alle domande sul perché di tante lacerazioni nell umanità, tra l uomo e gli animali, nel creato e con Dio. Questo versetto è di sicura seconda mano: troppo vicino alla sentenza. Madre di tutti i viventi è infatti un titolo onorifico e non presuppone forse che la donna abbia già generato? Per il nome della donna, Eva, l Autore ha collegato il termine hawwa (Eva) con l ebraico haj, hajja = vita. Nell imporre questo nome è un atto di fede sulla vita, un afferrarsi alla vita vista come un grande miracolo e mistero che la maternità della donna trasmette e conserva al di là della fatica e della morte. Questa vita, continuata dalle madri oltre la morte dei singoli, ora l uomo l abbraccia anche se è sotto la minaccia della morte. C è un insieme di dolore, fierezza, amore. v.21. Di bello in questa frase si dice che per la prima volta Dio, il Creatore, si presenta come Colui che viene in aiuto : li prende così come sono, nudi e colmi di vergogna per la loro nudità e li riveste anche se con un corredo di miseria ; loro che ormai sono decaduti. 14 / 18

15 v.22. Ecco l'uomo è diventato come uno di noi. Questa frase ha tono ironico e commiserante. Esiste un termine di confronto tra l uomo e gli dei: l uomo è uscito da un rapporto di dipendenza, si è rifiutato di obbedire e si è reso indipendente con la propria volontà. Principio della sua vita non è più l obbedienza, ma la scienza e la volontà autonoma, per cui realmente cessa di considerarsi creatura. Anche l allontanamento dall albero della vita è una disposizione del Signore. Da una parte è punizione, dall altra è conferma di morte. Ebbene, l uomo, pur piegato dalla punizione divina, continua ad aspirare all immortalità. vv L uomo ha perduto il paradiso ed è diventato agricoltore. Non solo ha perduto il giardino, ma a causa dei guardiani alle porte, è divenuto impossibile per lui ostinarsi a volerlo riconquistare con le proprie forze. 15 / 18

16 La difesa del paradiso è duplice. I cherubini (secondo la mentalità dell Oriente, esseri alati, mezzo uomo e mezzo animale che accompagnavano la divinità e avevano il compito di custodire i luoghi sacri); la spada di fiamma sguainata (tipo fulmine). Conclusione. La lettura di questo testo conduce ciascuno a riflettere su se stesso per accettarsi guardandosi con gli occhi del Creatore, anche in quelle dimensioni che sono diagio e vergogna. L ascolto della Parola non ha lo scopo di condannare le persone, quanto offrire loro speranza, ragione di vita. È possibile trovare il coraggio di affrontare il male e le sue manifestazioni storiche, per smascherarlo e ridurne l efficacia ponendo in atto azioni che lo fermino, compresa la richiesta di perdono. Dio a tutti chiede: Dove sei? E a tutti è data opportunità di risposta sapendo che l umanità non è in balia del male per cui nascondersi; da Dio abbiamo la possibilità di riscatto. 16 / 18

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