Ai fini economici i costi di un impresa sono distinti principalmente in due gruppi: costi fissi e costi variabili. Vale ovviamente la relazione:
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- Florindo Costa
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1 1 Lastoriadiun impresa Il Signor Isacco, che ormai conosciamo per il suo consumo di caviale, decide di intraprendere l attività di produttore di caviale! (Vuole essere sicuro della qualità del caviale che consuma). Che cosa è il profitto Isacco acquista un impianto per la produzione di caviale a 000 euro (costi fissi) che chiede in prestito ad una banca al tasso di interesse annuo (fisso) del %. Isacco ipotizza di poter sfruttare l impianto per anni e deve, quindi, imputare ad ogni esercizio una quota di costo del 0% (ammortamento). Supponiamo che egli riesca a vendere, ogni anno, unità di caviale al prezzo di 1 euro per ognuna. Assumere un dipendete che abbia le sue stesse capacità gli costerebbe 8000 euro l anno. Come si può rappresentare la situazione annuale (conto economico) dell impresa di isacco sapendo che non ha costi variabili? Table 1: L impresa di Isacco - Conto Economico Conto Economico Parziali Totali Ricavi totali Ammortamenti 1000 Interessi passivi 0 Costi totali 10 Utile (contabile) 970 Costo opportunità 8000 Profitto (economico) 170 Fino alla voce "utile" il conto economico qui presentato coincide con quello della legislazione civile (e della pratica contabile). Tuttavia, a livello economico, l utile contabile non rappresenta una buona misura della redditività di un impresa poiché non tiene conto dei costi opportunità a cui è soggetto Isacco. Poiché un impiegato alle dipendenze di Isacco guadagnerebbe 8000 euro l anno, è evidente che Isacco desidera guadagnare, almeno, quanto un simile dipendente. Ecco, così, che il profitto (economico) anche definito extra-profitto deve essere calcolato al netto anche dei costi opportunità. I costi Ai fini economici i costi di un impresa sono distinti principalmente in due gruppi: costi fissi e costi variabili. Vale ovviamente la relazione: Costi Totali = Costi Fissi + Costi Variabili. 1
2 Icostifissi (C F ) non dipendono dalle quantità prodotte ma devono essere sostenuti, in ogni caso, perché l impresa resti attiva (anche solo potenzialmente). I costi variabili (C V ) sono una funzione delle quantità prodotte. In genere, più quantità si producono e maggiori sono i costi variabili. Definendo Q la quantità allora si può scrivere C T (Q) =C F + C V (Q). Per i calcoli che seguiranno sono rilevanti le seguenti misure di costo: 1. costi medi: sono dati dal rapporto tra i costi totali e le quantità prodotte C T /Q;. costi fissi medi: sono dati dal rapporto tra i costi fissi e le quantità prodotte C F /Q;. costi variabili medi: rapporto tra i costi variabili e le quantità: C V /Q;. costo marginale: è il costo che si sostiene per produrre ogni quantità aggiuntiva. Il costo marginale riveste un importanza notevole nelle analisi economiche (come tutte le misure marginali). Duranteunannodiattivitàdellasuaimpresa,Isaccoosservaicostimarginali riportati nella Tabella. Sapendo che il costo fisso medio per produrre quantità è pari a 0, aiutiamo Isacco a ricostruire tutta la tabella dei costi. Table : Derivazione dei costi dai marginali e fissi Q Costo Costo Costo C. Tot. C. Fisso C. Var. Costo Totale Fisso Var. Medio Medio Medio Marg , , , , , , , Poiché il costo fisso medio di produrre quantità è 0, 10, allorailcostofisso èdatoda0, 10 =0, 0. La colonna del costo fisso, dunque, contiene, per qualsiasi quantità prodotta, un valore di 0, 0. La colonna del costo fisso medio si determina dividendo il costo fisso per le quantità prodotte. Due colonne sono state così completate. Ricordiamo, adesso, che il costo marginale indica di quanto aumenta il costo totale all aumentare della produzione. Se producendo 0 quantità si ha un costo marginale di 0, 0, significa che aumentano di 1 la quantità il costo totale aumenterà di 0, 0. Il costo totale di produrre zero unità è di 0, 0 (parialcosto fisso) e, dunque, il costo totale di produrre un unità è 0, 0 + 0, 0 = 1, 10. Ancora, il costo marginale in corrispondenza di un unità prodotta è 0, e quindi il
3 costo totale di passare a produrre unità è 1, , = 1,. Cosìdiseguito si completa la colonna del costo totale (aggiungendovi il costo marginale). Il costo totale medio è derivato, banalmente, dividendo il costo totale per le quantità prodotte. I valori da mettere nella colonna del costo variabile sono dati dalla differenza tra i valori del costo totale e quelli del costo fisso (ricordiamo: Costo Totale = Costo Fisso + Costo Variabile). Notiamo una relazione importante: il costo variabile è dato dalla somma di tutti i costi marginali! Infine, il costo variabile medio è dato dal rapporto tra il costo variabile e le quantità prodotte. Abbiamo così completato la tabella. Table : Derivazione dei costi dai marginali e fissi (soluzione) Q Costo Costo Costo C. Tot. C. Fisso C. Var. Costo Totale Fisso Var. Medio Medio Medio Marg. 0 0, 0 0, 0 0, 0 1 1, 10 0, 0 0, 0 1, 10 0, 0 0, 0 0, 1, 0,0 0,9 1, 0, 0 0, 9 0, 0,1 0,0 1,, 1 0, 0 1, 0, 90, 0 0, 0,, 0 0, 0,, 0, 0,,0,0, 0,0 0,0 0, 10, 1, 00 1, 0,, A seconda di come crescono i costi al crescere delle quantità prodotte, si possono distinguere tre diversi casi: 1. rendimenti di scala decrescenti: è il caso in cui un aumento della produzione comporti un aumento più che proporzionale dei costi;. rendimenti di scala costanti: un aumento della produzione determina un aumento proporzionale dei costi;. rendimenti di scala crescenti: un aumento della produzione determina un aumento meno che proporzionale dei costi. Una rappresentazione grafica di tali funzioni di costo è data nella Figura 1 dove in rosse si è indicata la curva di costo (totale) con rendimenti di scala decrescenti, in nero la curva di costo con rendimenti di scala costanti ed in verde la curva di costo con rendimenti di scala crescenti. Facendo un analisi della sua attività, Isacco scopre che per piccole quantità prodotte (minori di ) egli ha dei rendimenti di scala che sono crescente, poi per quantità prodotte tra e ha rendimenti di scala costanti ed infine, quando produce più di quantità va incontro a rendimenti di scala che sono decrescenti. Come si può rappresentare, dunque, la sua funzione di costo totale sapendo che ha un costo fisso pari a? Si fa notare che le curve della Figura 1 hanno gli stessi tipi di rendimento lungo tutta la loro lunghezza. Tuttavia è possibile rappresentare una curva lungo la quale si alternino i tre casi prima discussi (come nella Figura ).
4 otali Quantità Figure 1: Costo totale e rendimenti di scala Quantità Figure : Curva di costi totali con rendimenti di scala crescenti, costanti e decrescenti
5 Nel primo tratto della curva della Figura gli aumenti dei costi sono meno che proporzionali agli incrementi delle quantità (quindi si hanno rendimenti di scala crescenti). Da fino a quantitàprodotteirendimentidiscala,invece, sono costanti. Infine, oltre la quantità di, ulteriori incrementi di quantità portano ad incrementi di costo più che proporzionali (rendimenti decrescenti). Massimizzazione dei profitti In quanto consumatore il signor Isacco massimizzava la sua utilità, in quanto imprenditore egli, essendo un soggetto "ottimizzante", massimizza profitto della sua impresa. Quanto bisogna produrre per massimizzare il profitto? Il ragionamento da effettuare riguarda i ricavi ed i costi MARGINALI. Poiché icostifissi non sono influenzati dalle quantità prodotte, allora la quantità ottima da produrre non dipende dai costi fissi. I costi fissi, infatti, possono influire sulla decisione dell impresa di chiudere o di continuare la sua attività, ma non influenzano la quantità ottima da produrre. Appare chiaro che se una quantità prodotta in più è costata (costo marginale) meno rispetto al ricavo a cui dà origine (ricavo marginale) allora conviene produrre tale quantità in più. Quando, invece, una quantità aggiuntiva costa più di quanto consente di ricavare, non conviene produrla. Tale ragionamento porta all ovvia conclusione che un impresa continua a produrre fino al momento in cui i suoi costi marginali di produzione uguagliano i ricavi marginali. Come può dunque determinare la quantità ottima il signor Isacco supponendo che i costi della sua impresa siano quelli rappresentati nella Tabella? Table : Quantità da produrre per massimizzare il profitto Q Costo Costo C. Tot. C. Var. Costo Ricavo Ricavo Profitto Totale Var. Medio Medio Marg. Totale Marg. 0 0, 0 0, , 0 1 1, 10 0, 0 1, 10 0, 0 0, 1 1 0, 10 1, 0, 9 0, 77 0, 7 0, 0 1 0,, 1 1, 0, 717 0, 17 0, , 8, 0, 0, 7 0, 88 1, , 9, 0, 0, 81 0, 9 1, 0 1 0, 9,, 0, 87 0, 77 0, 7 Nella Tabella si sono aggiunte le colonne del ricavo totale, del ricavo marginale e del profitto. Si è supposto che Isacco possa vendere qualsiasi quantità prodotta sempre allo stesso prezzo (di 1 euro). Sotto tale ipotesi il ricavo marginale (cioè il ricavo che si ottiene per ogni quantità venduta) è costante e pari al prezzo a cui ogni quantità viene venduta. Dalla tabella appare chiaro che Isacco deciderà di produrre quantità (per le quali il costo marginale è uguale al ricavo marginale). Facciamo notare che
6 il costo totale medio ed il costo variabile medio hanno un punto di minimo in corrispondenza di quantità. Tuttavia lo scopo dell impresa, in questo contesto, non è quello di minimizzare i costi medi, bensì quello di massimizzare il profitto.
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