E ditoriale. Le Bone Morphogenetic Proteins (BMPs): dalla ricerca alla clinica Focus sulla BMP-7 (OP-1) RIASSUNTO. U. Ripamonti 1 F.

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1 G.I.O.T. 2003;29: E ditoriale Le Bone Morphogenetic Proteins (BMPs): dalla ricerca alla clinica Focus sulla BMP-7 (OP-1) U. Ripamonti 1 F. Pipino 2 1 Professor and Director: Bone Research Laboratory, MRC/University of the Witwatersrand, Johannesburg, Medical School, Parktown, South Africa. 2 Professore, Clinica Ortopedica Di.S.M., Università di Genova; Direttore Scientifico, Dipartimento di Ortopedia, Policlinico di Monza RIASSUNTO L affascinante fenomeno dell induzione ossea è definito come un processo biologico a cascata dove alla mitogenesi di cellule mesenchimali perivascolari indifferenziate segue la differenziazione di cellule osteoblastiche capaci di formare nuovo osso in sedi eterotopiche cioè non-scheletriche, in seguito all interazione con segnali solubili molecolari. Tali segnali sono, infatti, in grado di stimolare recettori appropriati nelle cellule mesenchimali indifferenziate dando inizio così al processo osteoinduttivo. Mentre numerosi fattori di crescita (Growth Factors, GFs) sono coinvolti nella sequenza di eventi che esita nella neoformazione ossea, le bone morphogenetic proteins/osteogenic proteins (BMPs/OPs) sono capaci di dare inizio all intero processo di neoformazione ossea sia in sedi eterotopiche e sia soprattutto in sedi ortotopiche intrascheletriche. Delle numerose BMPs/OPs isolate e purificate, solo la BMP-7 e la BMP-2 hanno una documentazione clinica che ne supporta l uso nell uomo. In entrambi i casi grazie alle tecniche di bioingegneria, le BMPs/OPs in questione sono disponibili in clinica in quantità farmacologiche, sebbene un aspetto essenziale sia costituito dal carrier che le veicola: esso deve idealmente assicurare un adeguata permanenza nel sito di applicazione, permettere la crescita del nuovo tessuto osseo (essere cioè osteoconduttivo), avere caratteristiche di biocompatibilità, di resistenza meccanica, ma soprattutto essere capace di veicolare l attività biologica delle BMPs/OPs a dosi relativamente basse. La BMP-7, chiamata anche OP-1, è la prima BMP/OP ricombinante umana ad essere stata approvata per l uso clinico come farmaco in Europa, Australia e Canada (negli USA la molecola è classificata come Device). In quanto farmaco, è stato indispensabile documentare scientificamente con trials randomizzati nell uomo il rapporto rischio/beneficio. Inoltre il sistema della farmacovigilanza tipico del farmaco, costituisce indubbia garanzia per il medico e per il paziente. La proteina ricombinante umana OP-1 (rhop-1) è disponibile in combinazione ad un carrier biologicamente ottimale (collagene di tipo 1) rispondente a molti dei requisiti ideali, ed ha dimostrato efficacia (con un trial randomizzato) nella più complessa delle situazioni cliniche in traumatologia ossia la pseudoartrosi tibiale, compresi i casi con precedenti autotrapianti inefficaci. I successi clinici e radiologici sono risultati analoghi a quelli ottenuti con l autoinnesto, ma si è registrata una migliore tollerabilità con l assenza di complicazioni al sito di prelievo, tra cui il dolore cronico, la riduzione della perdita ematica intraoperatoria e dell osteomielite. 124

2 Altri studi starebbero ad indicare un attività riparatrice anche in casi di pseudoartrosi di varie ossa lunghe alcune delle quali particolarmente gravi con numerosi interventi pregressi e lunga durata della malattia. Esistono sicuramente, inoltre, altre possibilità di utilizzo: nelle fratture tibiali esposte, ove il farmaco si è dimostrato in grado di prevenire significativamente la pseudoartrosi, nelle fusioni del rachide lombare ed in chirurgia ricostruttiva, che sicuramente rappresenta per un fattore osteoinduttivo un ambito di applicazione a potenziale molto elevato dopo ottimi risultati ottenuti in primati nonumani sia in chirurgia cranio-facciale che ortopedica. Il profilo di tollerabilità di rhop-1/collagene è favorevole non essendosi riscontrati in tutti gli studi considerati effetti clinici secondari degni di nota, nonostante esistano alcune controindicazioni, tra cui l immaturità dello scheletro, le infezioni locali o generali in atto e le neoplasie, In conclusione, alla luce di quanto noto, l uso di rhbmp- 7(rhOP-1)/collagene, preparato morfogeno di provata capacità osteoinduttiva, è potenzialmente indicato in tutti i casi in cui è necessario rigenerare tessuto osseo deficitario e soprattutto come alternativa ad altri trapianti ossei, in particolare l autotrapianto. SEGNALI MOLECOLARI SOLUBILI SCOLPISCONO L ARCHITETTURA DEI TESSUTI MINERALIZZATI Definiamo la morfogenesi come la genesi di forma e di forma con funzione e l ingegneria tissutale come il connubio tra le conoscenze più straordinarie di biologia molecolare e chirurgia ricostruttiva, conoscenze biologiche che vengono dirette in modo specifico per la rigenerazione tissutale in contesti clinici 1 2. Ma i tessuti, le ossa, i tessuti parodontali, la dentina, il cemento come si formano? Come si formano i vari tessuti ed organi? Esiste un piano costruttore e morfogenetico comune? La formazione degli organi, dei tessuti e delle strutture biologiche anche totalmente diverse, è regolata e modulata da prodotti genici generanti forma,le proteine morfogenetiche, in grado di generare e indurre morfogenesi tissutale e da morfogeni che già esistevano più di 800 milioni di anni fa, nella Drosophila melanogaster il moscerino della frutta decapentaplegic Dpp e 60A, sono, infatti, capaci di indurre osso encondrale nel mammifero 1 2 ed in roditori con lo scheletro La Natura ha voluto mettere in atto un piano creatore bellissimo, stupendo ed invece di creare e sagomare nuovi prodotti genici capaci di creare lo sviluppo dei vertebrati, ha optato piuttosto per qualcosa di differente, più evolutivo e più parsimonioso, certamente biologicamente perfetto. La Natura parsimoniosa, cioè, già costruì lo sviluppo dei vertebrati più di 800 milioni di anni fa perché aveva già creato morfogeni omologhi alle proteine morfogenetiche/osteogeniche ossee (BMPs/OPs) Dpp e 60 A. È questo certamente uno dei tratti salienti degli ultimi anni di ricerca in biologia molecolare che dimostra come il piano costruttore del vertebrato e del mammifero fu costruito già almeno un miliardo di anni fa 1-3. E tutta la potenza costruttiva morfogenetica della Natura è esplosa modificando in modo minore la sequenza degli aminoacidi nella parte carbossilica terminale delle proteine morfogenetiche e non solo creando tante proteine BMPs/OPs simili ed omologhe tra di loro nella struttura aminoacidica terminale, ma anche creando un effetto ridondante o effetto di ridondanza. Nel primate, in particolare, la Natura ha creato l emergenza di tanti prodotti genici capaci tutti di indurre osso, di iniziare l induzione encondrale, ha creato, cioè, proteine appartenenti alla medesima superfamiglia, ma molecolarmente differenti tutte capaci di iniziare l induzione ossea encondrale. Ed è questo un concetto molto importante che spiega la presenza di tanti prodotti genici tutti capaci di indurre osso nel primate, che spiega questa ridondanza apparente di proteine capaci di indurre osso ed anche e particolarmente il pleiotropismo di questi prodotti genici vale a dire la capacità di indurre attività molecolari e morfogenetiche plurime usando prodotti genici diversi ma omologhi nella struttura aminoacidica della parte attiva della proteina 1-3. Infatti, ad ogni variazione, anche minima nella struttura aminoacidica della parte terminale delle proteine corrispondono attività biologiche diverse. E sono attività biologiche fini, che controllano in modo specifico aspetti di tessuti diversi e mineralizzati 1-3. Ma perché è proprio nel primate ed è questo molto importante perché l essere umano in altre parole il nostro paziente - non è altro che un primate Homo sapiens che esiste questa ridondanza di prodotti genici, di segnali molecolari, di morfogeni tutti in grado di indurre la formazione di osso encondrale e, inoltre, quali sono questi segnali molecolari? Le proteine morfogenetiche/osteogeniche dell osso (BMPs/OPs) inducono osso encondrale in tessuti eterotopici non scheletrici. Nel primate adulto e soltanto nel pri- 125

3 mate, anche i fattori di crescita trasformanti-β (TGF-β) inducono osso ma nel muscolo retto addominale, quindi in sedi eterotopiche con induzione minima in sedi scheletriche ortotopiche 2-6. Per indurre morfogenesi e creare tessuti bisogna avere prodotti genici, morfogeni, che sappiano attivare recettori specifici sulle cellule mesenchimali, staminali e totipotenti e che attraverso la fosforilazione di tali recettori, siano in grado di indurre una cascata di eventi molecolari consequenziali capaci di determinare fenomeni molecolari e fenotipici per cui una cellula mesenchimale viene indotta a trasformarsi in un condroblasta e poi in un osteoblasta secernente le sostanze molecolari e proteiche che formano l osso 1-3. Il meccanismo di questo fenomeno è così affascinante che ha ammaliato molti scienziati e ricercatori che hanno dato, fatto, scoperto, pubblicato in tutti i campi della biologia cellulare e molecolare e che insieme hanno arricchito le nostre conoscenze sulla cultura biologica dell essere umano. Dopo tanti anni di ricerche sperimentali a Chicago, Los Angeles, Bethesda, Boston abbiamo imparato molti concetti importantissimi, in particolare che morfogeni usati durante il periodo embrionale vengono ri-usati durante la morfogenesi riparativa postnatale dei tessuti adulti. Ed ancora, forse la cosa più importante è stato capire che la matrice ossea demineralizzata contiene i segnali molecolari solubili e quando la matrice ossea viene demineralizzata è induttiva. Ma perché questi segnali molecolari vengono chiamati solubili? Perché possono essere estratti dalle matrici ossee e solubilizzati in liquidi caotropici come l urea o il guanidinio. Le proteine morfogenetiche o segnali solubili, però, non riescono ad indurre osso encondrale se usate da sole, c è bisogno di un substrato, di un segnale insolubile e di una matrice insolubile veicolatrice dell attività biomolecolare dei segnali solubili, matrice capace di presentare i segnali solubili ai recettori di cellule totipotenti e capace di indurre la differenziazione di cellule condroblastiche e osteoblastiche Ecco perché, quando si estraggono BMPs/OPs da matrici ossee umane, bovine o di babbuino, si creano due segnali: i segnali solubili proteine BMPs/OPs estratte dalla matrice demineralizzata da un lato e il residuo primariamente collagenico dopo l estrazione proteica dall altro. I due segnali quando sono ricostituiti o ricombinati hanno attività biologica di induzione come la matrice ossea demineralizzata ed intera, mentre il segnale solubile ed il segnale insolubile se testati da soli non inducono l osso , dimostrando molto chiaramente come il carrier o sistema veicolante sia di importanza fondamentale nei contesti clinici 1-4. LA PROTEINA MORFOGENETICA OSSEA-7 (BMP-7) ANCHE CHIAMATA PROTEINA OSTEOGENICA-1 (OP-1) Negli ultimi anni le conoscenze sul meccanismo di rigenerazione dell osso, sia a livello cellulare che molecolare, sono fortemente progredite. In particolare, si è raggiunto un sensibile progresso nel campo della biologia molecolare con la caratterizzazione dei segnali molecolari solubili capaci di regolare, modulare e controllare il reclutamento, differenziazione ed attività delle cellule implicate nel processo di formazione e rimodellamento osseo Le fondamentali osservazioni di Marshall Urist prima 11 e di Sampath e Reddi successivamente 12 hanno portato alla scoperta e dimostrazione delle attività biologiche delle bone morphogenetic/osteogenic proteins (BMPs/OPs), una numerosa famiglia di molecole che, assieme ad altri membri della superfamiglia del TGF-β e relativi fattori di crescita e differenziazione, sono direttamente coinvolte nei processi di rigenerazione tissutale incluse le fratture ossee Le BMPs/OPs in particolare ricoprono un ruolo importante nella formazione scheletrica sia durante lo sviluppo embrionale (topi senza la BMP-2, 4, o 7 muoiono durante lo sviluppo embrionale o subito dopo la nascita) che nell adulto. Sebbene siano state individuate almeno 40 diverse BMPs/OPs, una chiara dimostrazione clinica del potenziale osteoinduttivo è disponibile ad oggi solo per la BMP-7 detta anche OP-1 (Osteogenic Protein-1) e la BMP In particolare la proteina ricombinante umana OP-1 (rhop-1), costituita da due monomeri di 139 aminoacidi ciascuno, legati da un ponte disolfuro, è stata clonata e riprodotta con la tecnologia del DNA ricombinante (recombinant human OP-1, rhop-1). Quando ricostituita con il collagene di tipo 1 come veicolo, ha dimostrato di indurre neo-formazione ossea come pure di rigenerare difetti ossei in un ampia varietà di modelli animali La rhop-1, ora nota come Eptotermina alfa, associata al collagene di tipo 1, è il principio attivo di un farmaco recentemente disponibile per uso clinico dotato di capacità osteoinduttiva particolarmente importante per uso clinico. 126

4 Una volta applicata nel sito di riparazione ossea, rhop-1 avvia l osteogenesi inducendo la differenziazione osteoblastica delle cellule staminali pluripotenti, attirate per chemiotassi al sito dell impianto dai tessuti circostanti (midollo osseo, periostio, muscolo) ed anche dalla rhop- 1 per sé. Dapprima la proteina determina una condizione favorevole alla replicazione delle cellule staminali; il legame a recettori specifici sulla superficie cellulare determina la trasmissione del segnale osteoinduttivo al nucleo della cellula staminale, segnale che orienta alla differenziazione nel fenotipo osteoblastico; si tratta di un complesso processo a cascata che, con la mediazione di altri fattori come il TGF-β, altre BMPs/OPs, fattori di crescita vascolare come il VEGF (vascular endothelial growth factor) induce angiogenesi, neoformazione vascolare e, quindi, la generazione di matrice ossea da parte degli osteoblasti neoformati; parallelamente si osservano la comparsa di osteoclasti ed elementi ematopoietici midollari; il nuovo osso si organizza e rimodella in base agli stimoli biologici e biomeccanici, in modo naturale con la formazione dell osso corticale e la generazione degli elementi midollari, risultando meccanicamente e radiograficamente paragonabile al normale tessuto osseo La matrice di collagene, che rappresenta il veicolo della rhop-1, è insolubile e fornisce un appropriata impalcatura bioriassorbibile per i processi di proliferazione e differenziazione delle cellule, indotti dal principio attivo Inoltre, la matrice di collagene è osteoconduttiva, ossia consente la ricrescita ossea dal tessuto osseo vascolarizzato e sano circostante verso l area interna che ne difetta Lo scopo del presente lavoro è quello di esaminare i dati disponibili su tale farmaco, in special modo quelli relativi all uso nell uomo. Se è vero infatti che sono ormai trascorsi molti anni dal momento della scoperta delle proteine morfogenetiche e la ricerca di laboratorio ed animale ha prodotto una vastissima mole di dati, l introduzione in clinica è invece recente ed il cammino di questi morfogeni verso un uso allargato a tutti i possibili campi di applicazione è appena iniziato. Prima di essere stata usata nell uomo, la proteina rhop- 1/collagene tipo 1 è stata ed è tuttora oggetto di una estremamente vasta ricerca preclinica al fine di testarne l efficacia in modelli animali predittivi di particolari condizioni cliniche come pure, ovviamente, la sicurezza d uso. A questo proposito vale la pena ricordare che il rigoroso e controllato processo produttivo assicura un farmaco biocompatibile, bioriassorbibile e scevro dal rischio di trasmissione di patogeni (ivi incluso il rischio di trasmissione di Encefalopatia Spongiforme Bovina), rischio possibilmente associato ad alcuni materiali di trapianto osseo, come verificato dall EMEA (European Medicine Evaluation Agency) nel corso della revisione dei dati sul farmaco ai fini dell autorizzazione alla commercializzazione 24. La capacità osteoinduttiva è stata valutata in vari modelli animali riproduttivi di situazioni cliniche tra cui: i difetti segmentali critical size di ossa lunghe in numerose specie animali compresi i primati (Fig. 1); nei difetti ossei a livello di calotta cranica ; nei difetti ossei in assenza ed in presenza di contaminazione batterica 25 ; nell incorporazione di trapianti massivi 17 (Fig. 2); nei difetti della testa femorale 21, in vari tipi di fusione spinale anche in presenza di nicotina che, com è noto influisce negativamente sui processi di riparazione ossea (Fig. 3) ed in combinazione/confronto con auto/allotrapianto 19. Non entrando nel merito dei singoli studi, si può genericamente affermare che la proteina rhop-1 veicolata dal collagene ha chiaramente dimostrato la capacità di indurre neoformazione di osso morfologicamente, istologicamente, radiograficamente e biomeccanicamente maturo nella grande maggioranza dei modelli testati, con efficacia simile se non superiore all autotrapianto, talvolta con ridotti tempi di osteoinduzione; sembrerebbe parzialmente conservato il potenziale osteoinduttivo anche in presenza di infezione batterica 25 ed in presenza di nicotina 26 che, com è noto gioca un ruolo negativo nei processi di riparazione ossea (Fig. 3). Quando il farmaco rhop-1 è stato addizionato a trapianti ossei in varie concentrazioni (allo/autotrapianto, da 0 a100%), se ne è dimostrata la compatibilità biologica; inoltre la guarigione ottimale del difetto osseo si è ottenuta mescolando 33% di allotrapianto e 67% di rhop DATI PRECLINICI DOCUMENTAZIONE CLINICA IN TRAUMATOLOGIA Pseudoartrosi tibiale e delle ossa lunghe in generale La pseudoartrosi (PA) detta anche non-unione, è una condizione che si verifica dal 5 al 25% delle fratture post- 127

5 Fig. 1. Capacità osteoinduttiva di OP-1/collagene valutata su difetti segmentali critical size di ossa lunghe nei primati (per gentile concessione di S. Cook). a: Difetto ulnare: post-operatorio (quadro radiografico). b: Impianto di solo collagene o nessun impianto a 20 settimane (quadro macroscopico). c: Impianto di OP-1/collagene a 20 settimane (quadro istologico). d: OP-1/collagene vs. controllo a 20 settimane (quadro macroscopico). traumatiche (a seconda delle casistiche) e la tibia rappresenta una delle ossa più colpite (fino ai due terzi di tutte le pseudoartrosi) 28. La sintomatologia clinica è tale da interferire in maniera sostanziale con la vita personale e di relazione del paziente con inevitabili ripercussioni oltre che sulla qualità della vita del malato, sui costi sanitari e sociali 29. Sfortunatamente la PA tibiale, specie nella variante atrofica, è spesso restia al trattamento per cui molti approcci terapeutici vengono tentati; tra questi l autotrapianto risulta ad oggi la terapia di riferimento, questo poiché l osso autologo presenta capacità osteoconduttiva ed osteoinduttiva, è biocompatibile, non presenta il rischio di trasmissione di malattie ed ha una elevata percentuale di successo clinico (intorno al 70%). D altro canto è noto, da una revisione della letteratura sull argomento 30, che i casi che non guariscono in seguito ai primi tre interventi (circa il 30% dei casi) divengono estremamente refrattari a successivi tentativi, tanto che solo il 38% risponde positivamente ad un quarto tentativo e nessun successo si osserva dopo tentativi multipli 30. Oltre a ciò va considerata la morbilità correlata all autotrapianto. Alcuni studi sull argomento hanno evidenziato un incidenza di complicazioni a livello del sito di prelievo (aumento della durata del periodo di ospedalizzazione, infezioni superficiali, complicanze minori della ferita, perdita temporanea di sensibilità, dolore postoperatorio transitorio) in percentuali variabili tra il 4% e il 22% mentre complicanze maggiori (infezioni profonde, ematomi, necessità di reintervento, perdita sensoriale permanente, cicatrizzazione anomala, dolore persistente oltre i 6 mesi) si sono riscontrati nel 2,4-8,6% dei casi

6 Fig. 2. Aumento dell incorporazione di trapianto massivo applicato in corrispondenza del femore di cane, interponendo o meno tra osso ospite e trapianto l OP-1/collagene. Si nota all esame una neoformazione ossea più intensa nel gruppo trattato rispetto al controllo (da Cook et al. 17 ). a: Trapianto corticale senza OP-1/collagene. Reperto post-operatorio a 6 settimane (sezione istologica). b: Trapianto corticale senza OP-1/collagene. Reperto post-operatorio a 6 settimane (sezione microradiografica). c: Trapianto corticale con OP-1/collagene. Reperto post-operatorio a 6 settimane (sezione istologica). d: Trapianto corticale con OP-1/collagene. Reperto post-operatorio a 6 settimane (sezione microradiografica). Il dolore a livello del sito di prelievo rimane la complicanza più frequente. In letteratura è riportata presenza di dolore dopo 6 mesi dall intervento nel 38% dei pazienti e dopo 24 mesi nel 19% dei pazienti. La presenza di un dolore persistente, anche dopo anni dall intervento, rappresenta una complicanza che interferisce negativamente sul benessere e sulla funzionalità del paziente. È stato condotto uno studio multicentrico, comparativo, prospettico randomizzato in cieco parziale nelle pseudoartrosi tibiali verso autotrapianto, richiesto dalla Food and Drug Administration (FDA) a dimostrazione dell efficacia del farmaco rhop-1/collagene tipo 1 nell uomo dopo la revisione dei dati preclinici. È stata prescelta esattamente questa patologia in quanto ritenuta una delle più difficili da risolvere quindi altamente predittiva di una capacità osteoinduttiva anche in altre condizioni morbose. Sono stati inclusi in totale 122 pazienti con 124 PA tibiali diagnosticate a distanza di almeno 9 mesi dal trauma, senza segni di guarigione nei tre mesi precedenti, escludendo i pazienti in cui, a giudizio del medico, la sola stabilizzazione meccanica avrebbe potuto essere efficace ed includendo viceversa pazienti con precedenti falliti di autotrapianto (vedi Tab. I per le caratteristiche demografiche della popolazione studiata). L impianto di rhop-1/collagene tipo 1 ha mostrato un ef- 129

7 Fig. 3. Capacità di OP-1 di contrastare l effetto inibitorio della nicotina sul processo di formazione ossea in un modello consolidato di fusione lombare posterolaterale nel coniglio. Gli animali sono stati divisi in due gruppi e trattati con autotrapianto oppure con OP-1. La nicotina è stata somministrata per via sottocutanea attraverso pompe mini-osmotiche. Si è riscontrata fusione nel 100% degli animali trattati con OP-1 e nel 25% degli animali trattati con autotrapianto (da Patel et al. 26 ). a: Fusione indotta da trattamento con OP-1 (sezione istologica dei processi transversi di L5 e L6). b: Pseudoartrosi nel gruppo trattato con autotrapianto (sezione istologica dei processi transversi di L5 e L6). Tab. I. Caratteristiche demografiche dei pazienti nello studio sulle pseudoartrosi tibiali (modificata da Friedlaender et. al. 35 ). OP-1 Autotrapianto P-value Durata della malattia (media) 17 mesi 17 mesi 0,858 Non-unione atrofica 41% 25% 0,048 s Frattura comminuta 67% 56% 0,212 Frattura grado III (a-c) 30% 36% 0,480 Precedente autotrapianto 43% 31% 0,177 Precedente inchiodamento endomidollare 54% 44% 0,280 Uso di tabacco 74% 57% 0,057 Età (media) 38 aa 34 aa 0,071 Sesso (% maschi) 67% 77% s: significativo ficacia clinica e radiologica (endpoint rilevati a 9 mesi dall intervento) elevata e pari statisticamente a quella riscontrata con l autotrapianto: 81% vs 85% di guarigione clinica e 75% vs. 84% di guarigione radiologica rispettivamente. Degno di nota è il fatto che simili percentuali di guarigione clinica si siano osservate anche nel sottogruppo di pazienti che avevano ricevuto in precedenza un autotrapianto. Anche da rilevare è la diminuzione (statisticamente significativa) rispetto all autotrapianto della perdita ematica operatoria, del tempo d intervento e dei giorni di degenza ospedaliera come pure il fatto che si è osservata, nel gruppo autotrapianto, una percentuale doppia di pazienti in cui, nei 12 mesi successivi all intervento, si è reso necessario un nuovo atto operatorio: 10% vs. 5% dei pazienti trattati con OP-1 (Tab. II-III). Il profilo di tollerabilità di rhop- 1/collagene rispetto all autotrapianto si è mostrato estremamente positivo: un primo rilievo è ovviamente l assenza di complicazioni a livello del sito di prelievo come pure di effetti collaterali gravi correlati al farmaco; i pazienti autotrapiantati hanno lamentato dolore postoperatorio da moderato a grave nel 75% dei casi mentre dolore cronico si è riscontrato nel 23% dei pazienti a 6 mesi e nel 5% dei casi dopo 2 anni dall intervento (Tab. IV). Il fatto che nel 10% dei pazienti trattati si sia riscontrata presenza transitoria di anticorpi specifici a basso titolo non ha presentato correlati clinici di efficacia o tollerabilità 35. Un aspetto molto importante è anche la diversa incidenza di osteomielite, osservata nel 3% dei casi trattati con rhop- 1 e nel 21% di quelli trattati con autotrapianto. L osteomielite infatti, oltre a complicare notevolmente il decorso postoperatorio è spesso responsabile delle mancate guarigioni e può essere quindi la causa dell insuccesso clinico della terapia 35. Sono riportate nella Figura 4 le caratteristiche cliniche e 130

8 Tab. II. Esiti clinici e radiologici a 9 mesi dal trattamento nei pazienti dello studio sulle pseudoartrosi tibiali (da Friedlaender et al. 35 ). Criterio valutativo Impianto di OP-1 Autotrapianto P* (N. = 63) (N. = 61) N. Successo N. Successo Resistenza al carico 54 86% 52 85% 0,94 Dolore al carico 56 89% 55 90% 0,82 Criteri clinici combinati 51 81% 52 85% 0,52 Evidenza di ponti ossei (1proiezione) 47 75% 51 84% 0,22 Evidenza di ponti ossei (3 proiezioni) 39 62% 45 74% 0,16 Nessun reintervento 60 95% 55 90% 0,28 Soddisfazione del medico 54 86% 55 90% 0,45 *: Test del χ2. le radiografie di un paziente trattato con rhop-1 in questo studio. Il farmaco si è anche mostrato efficace (70% casi), in un contesto sperimentale non controllato, ossia in una popolazione di 113 pazienti con non-unione di ossa lunghe estremamente complesse (uso compassionevole del farmaco, ultimo tentativo prima dell amputazione), con ripetuti precedenti di autotrapianto (35% dei pazienti), con una media di due tentativi chirurgici pregressi e con durata media della malattia di 23,3 mesi (Figg. 5-6). Nel sottogruppo con precedente autotrapianto (3,1 media di interventi pregressi, 28 mesi di durata media della malattia) si sono avute le stesse percentuali di successo. Considerata la gravità dei pazienti, il farmaco era combinato ad autotra- Tab. III. Perdita ematica, durata del ricovero e tempo operatorio nei pazienti dello studio sulle pseudoartrosi tibiali (da Friedlaender al. 35 ). Impianto di OP-1 Autotrapianto media (range) media (range) N. = 61 N. = 61 Perdita ematica operatoria (ml)* 254 ( ) 345 ( ) Giorni di degenza ospedaliera 3,7 (0-18) 4,1 (1-24) Tempo operatorio (minuti)** 169 (58-420) 178 (58-420) * Statisticamente significativo (p=0,049). ** Basato sul numero di pseudoartrosi. Tab. IV. Eventi avversi più frequentemente riportati nei pazienti dello studio sulle pseudoartrosi tibiali (da Friedlaender et. al. 35 ). Evento avverso Impianto di OP-1 Autotrapianto Totale N. = 61 N. = 61 N. = 122 N. N. (%) N. N. (%) N. N. (%) Artralgia gamba Dolore (siti multipli) Osteomielite acuta/subacuta gamba * Iperpiressia Vomito Edema (gamba) Complicanze del mezzo di sintesi interno Ematoma postoperatorio Infezione postoperatoria *: Statisticamente significativo (p=0,002). 131

9 pianto nel 57% o allotrapianto nel 12% dei casi 36. Nella sequenza radiografica riportata (Fig. 7), è evidente l efficacia del solo farmaco in un caso particolarmente complesso trattato a distanza di 7 anni dal trauma con infezione e 5 interventi pregressi; nella Figura 8 viene riportato un caso di grave perdita ossea risolto anch esso solo con l impianto del farmaco rhop-1. In altri studi pilota sempre relativi a pseudoartrosi di ossa lunghe particolarmente resistenti al trattamento anche con autotrapianto 37 38, si sono riscontrate percentuali elevate di guarigione clinica (Figg. 9-10). Fig. 4. Maschio di 34 anni, frattura comminuta di tibia in seguito ad incidente stradale. Precedenti trattamenti con chiodo endomidollare, autotrapianto, osteotomia di fibula, stimolazione elettrica (da Friedlaender et al. 35 ). a: Quadro radiografico post-operatorio. b: Quadro radiografico a 9 mesi dal trattamento con OP-1. c: Quadro radiografico a 24 mesi dal trattamento con OP-1. 31% 3% 7% 5% 7% 8% 28% 11% Bacino Femore Tibia Omero Radio/Ulna/Fibula Clavicola Scafoide Navicolare FRATTURE FRESCHE In questo caso l esperienza è limitata ad un solo studio prospettico, randomizzato, multicentrico, per valutare l effetto sulla guarigione e la necessità di reintervento in pazienti con fratture diafisarie esposte della tibia, candidati alla fissazione con chiodo endomidollare Di tale studio sono disponibili dati preliminari. Dei 124 pazienti totali, 62 sono stati trattati in modo usuale (debridement, irrigazione e posizionamento di chiodo bloccato) mentre gli altri 62 pazienti hanno ricevuto rhop1 veicolata dal collagene oltre al trattamento standard prima di suturare la ferita. Le valutazioni cliniche (SF36, WOMAC) e radiografiche a 6 mesi hanno evidenziato un significativo miglioramento clinico ed una riduzione dei ritardi di consolidamento nel gruppo trattato (7/58 trattati vs 17/55 non trattati, p<0,02) con riduzione del numero di reinterventi (Fig. 11). Fig. 5. Studio osservazionale non controllato in cui OP-1 è stato utilizzato come ultimo tentativo prima dell amputazione (uso compassionevole), condotto su 113 pazienti con pseudoartrosi complesse di vari segmenti ossei, con una media di 2 interventi precedenti. 40 pazienti erano stati precedentemente sottoposti ad autotrapianti, con una media di 3.1 interventi. In molti casi era presente una patologia pre-esistente, come infezione, osteomielite cronica, artrite reumatoide, osteoporosi, osteogenesi imperfetta, displasia fibrosa, malattia di Paget (da Giltaij et al. 36 ). DOCUMENTAZIONE CLINICA NELLE FUSIONI SPINALI Considerata la crescente diffusione dell artrodesi spinale in virtù dell aumentare della patologia degenerativa del rachide soprattutto a livello lombare, considerato che il golden standard, l autotrapianto da cresta iliaca, è grava- 132

10 to da una morbilità intra/post operatoria e data anche l incidenza spesso rilevante di pseudoartrosi descritta nelle varie casistiche è evidente l elevato potenziale terapeutico delle BMPs/OPs. Dopo l acquisizione di una estremamente vasta mole di dati preclinici in numerose specie animali, attestanti la validità di rhop-1 nell induzione di artrodesi spinale, si è passati allo studio nell uomo ed osservazioni cliniche sono disponibili in letteratura. Una sintesi di quanto noto al momento della stesura del presente lavoro è riportata nella review di Alex Vaccaro pubblicata nel Esamineremo ora i principali dati disponibili. È stato condotto uno studio randomizzato, prospettico, comparativo di rhop-1/collagene verso autotrapianto nelle fusioni posterolaterali non strumentate L5-S1 su 20 pazienti (10 per gruppo) con spondilolistesi di L5 nei quali è stata effettuata una valutazione clinica, radiografica standard e radiografica con l ausilio del RSA (Radio Stereometric Assay); questa consiste nel posizionamento intraoperatorio di markers metallici tra L5 e S1 per il follow up radiostereometrico con valutazione dei movimenti tridimensionali 41. La valutazione ad un anno ha mostrato risultati analoghi tra i due gruppi di trattamento per quanto Tutti Fig. 6. Risultati di uno studio osservazionale non controllato con uso compassionevole di OP-1. È stato riscontrato un successo nel 70% dei casi, fallimento nel 25% dei casi, mentre nel restante 5% l esito è rimasto sconosciuto, sia nel totale dei pazienti che nel gruppo di pazienti precedentemente sottoposti ad autotrapianto (da Giltaij et al. 36 ). 28 Precedenti autotrapianti falliti Fallimenti Esito sconosciuto Successi Fig. 7. Maschio di 27 anni, frattura esposta al terzo prossimale di femore in seguito ad incidente stradale. Gli interventi pregressi includono il trattamento dell infezione e 5 osteosintesi, utilizzando fissazione interna con placche e viti, chiodi endomidollari (4 volte), autotrapianti (2 volte). Dopo 7 anni dal trauma, il paziente è stato trattato solo con OP-1 senza variazione del mezzo di sintesi. Unione raggiunta in 9 mesi (da Giltaij et al. 36 ). a: Quadro radiografico pre-operatorio. b: Quadro radiografico a 4 mesi. 133

11 Fig. 8. Maschio di 35 anni, frattura comminuta di ulna in seguito a incidente stradale. Rimozione di frammenti avascolari e presenza di grave difetto osseo. Il difetto è stato riempito con solo OP-1. Follow-up radiografico fino a 30 mesi (da Giltaij et al. 36 ). Successo clinico e radiografico si è registrato a due anni rispettivamente nel 94 e nel 65% dei casi trattati con OP1; nel 60% e nel 40% dei casi trattati con autotrapianto. Anche in questo studio non si sono riportati eventi avversi correlabili al farmaco 42. Infine è stato di recente pubblicato uno studio prospettico non comparativo su 9 pts ad alto rischio testando rhop-1 più osso autologo; la valutazione clinica (SF36, Oswestry Disability Index) e l esame RX sono stati condotti a 5,2 (media) mesi di distanza. Sono stati trattati pazienti ad alto rischio di mancata fusione quali: mucopolisaccaridosi, insufficienza surrenale, artrite reumatoide con uso cronico di corticosteroidi, obesità, forti fumatori; 5 interventi erano sul tratto cervicale e 4 a livello lombare, inclusi 3 casi di chirurgia intradurale. Risultati: l ODI è sceso da 46,9 a 34,6 nel post-operatorio; l SF36 ha registrato miglioramento generale nelle aree benessere fisico e mentale; fusione radiologica si è osservata in tutti i casi (con FU > 3 m); non si è registrato nessun evento avverso attribuibile al farmaco 43. riguarda tutti i parametri considerati; nessun evento avverso si è riscontrato nel gruppo rhop-1; un paziente dei 10 trattati con autotrapianto ha riferito dolore lieve ma persistente a livello della cresta iliaca. Sono inoltre disponibili i dati preliminari di un secondo studio prospettico, controllato su 36 pts con stenosi spinale e spondilolistesi sui quali è stata praticata artrodesi intertrasversaria non strumentata con posizionamento di autotrapianto o di rhop1/collagene/carbossi Metil Cellulosa (una formulazione sperimentale non registrata); la valutazioni clinica (Oswestry Disability Index, ODI) e l esame RX (statico e dinamico) con doppia lettura indipendente sono stati effettuati a 6 mesi, uno e due anni. DOCUMENTAZIONE CLINICA IN CHIRURGIA RICOSTRUTTIVA Al momento attuale non sono disponibili studi clinici in quest area sebbene alcuni studi nell animale indicano un effetto positivo dell uso di rhop-1 in alcune situazioni quali ad esempio l incorporazione di allotrapianti massivi 17 e la ricrescita ossea su superfici porose 44. Studi in quest area sono in corso sebbene non sia agevole in questo ambito la definizione degli endpoint, soprattutto quelli a lungo termine. In un lavoro su primati non umani, rhop-1 è stata veico- 134

12 Studio pilota su pseudoartrosi di ossa lunghe 15 pazienti con non-unioni refrattarie, complesse delle ossa lunghe 2,8 interventi pregressi (range: 0-6) 11/15 pazienti: pregresso autotrapianto Tutti i pazienti: rimozione del mezzo di sintesi, debridement, fissazione con chiodo endomidollare ed applicazione di OP-1 Follow-up 22 mesi (range: 6-52) Fig. 9. Dati riassuntivi dello studio pilota su pseudoartrosi refrattarie di ossa lunghe (da McKee 38 ). lata da idrossiapatiti sinterizzate porose ed innestate in difetti di 25 mm in diametro preparati nella calotta cranica di Papio ursinus 45. Il lavoro sia istologico che biochimico ha dimostrato come sia possibile rigenerare osso nello scheletro craniofacciale del primate non umano usando sistemi veicolanti non collagenici che hanno indotto ottima neoformazione ossea veicolando rhop-1 con ottima incorporazione del sistema veicolante nel cranio del primate adulto 45. In un recente studio, inoltre, Cook et al. hanno descritto alcuni casi clinici in cui rhop-1/collagene è stato usato con successo 46. Nel primo caso rhop-1 insieme con allotrapianto morcellizzato è stato posizionato tra l osso ospite ed un allotrapianto massivo di femore prossimale in una seconda revisione di fallita artroprotesi di Charnley. È stata osservata a 6 mesi dall intervento una precoce ed intensa neoformazione ossea con eccellente incorporazione dell allotrapianto. In un secondo caso, come già osservato in modelli animali, rhop-1 è stato usato insieme con un trapianto massivo per rinforzo ad un femore prossimale posizionandolo tra il femore ospite ed il trapianto sulla parte distale di quest ultimo. Anche in questo caso si è osservata una precoce neoformazione di osso a livello distale dell allotrapianto, osso che nel tempo si è consolidato determinando così una solida incorporazione dello stesso. Nel terzo caso, rhop-1 con osso morcellizzato è stato usato per ricostruire un area della corticale femorale fortemente deficitaria; dopo sei settimane si è osservato radiologicamente un riempimento del difetto. Negli ultimi due casi, rhop-1 è stato utilizzato per la ricostruzione dell acetabolo. In un caso è stato usato insieme ad un trapianto massivo di testa femorale. L OP-1 è stato interposto tra trapianto e osso ospite. È stata evidenziata precoce formazione ossea e progressiva incorporazione del trapianto. In un altro caso rhop-1 è stato usato all interfaccia tra una coppa acetabolare porosa e la superficie dell osso. In questo paziente, a causa di una dislocazione insorta a quattro settimane dall intervento, non risolta con riduzione a cielo coperto, si è reso necessario intervenire ed è stato così prelevato ed esaminato istologicamente l osso dall interfaccia acetabolo/coppa: l esame ha evidenziato estesa neoformazione ossea (Fig. 12) /15 % segmenti ossei /15 4/15 4/15 2/15 % successo /15 0 tibia clavicola omero femore 0 Successi Insuccessi Fig. 10. Studio pilota condotto su pseudoartrosi refrattarie di ossa lunghe (da McKee 38 ). a: Siti anatomici delle pseudoartrosi. b: Risultati dello studio: si è riscontrata unione clinica/radiologica a 11 settimane in 13 casi su 15 (86,7%), mentre in 2 casi su 15 si è riscontrato un insuccesso: 1 tibia (infezione profonda, amputazione) e 1 difetto segmentario della clavicola (unione ritardata a 6 mesi, ma successiva formazione ossea, non necessita di ulteriore intervento). Non si è registrato alcun Evento avverso riferibile ad OP

13 *** ** * 13 0 Reintervento Nessun dolore con attivit Pieno carico Standard rhbmp-7 Fig. 11. I dati preliminari a 6 mesi di uno studio prospettico condotto su pazienti con fratture esposte di tibia mostrano un miglioramento clinico e una riduzione dei ritardi di consolidazione nel gruppo trattato con OP-1/collagene, con riduzione del numero di reinterventi (da McKee 38 ). *: statisticamente significativo (p=0,02). **: statisticamente significativo (p=0,04). ***: statisticamente significativo (p= 0,11). SICUREZZA D USO Il profilo di tollerabilità clinica di rhop-1/collagene anche rispetto all autotrapianto, desunto sia dallo studio controllato nelle pseudoartrosi tibiali 35 sia in tutti gli studi pubblicati sul farmaco nelle varie applicazioni e qui considerati si è mostrato positivo: va infatti ricordata l assenza di effetti collaterali gravi correlabili al farmaco anche nei casi di utilizzo nelle artrodesi spinali. Gli effetti collaterali con frequenza tra 1 e 10%, segnalati prima e dopo la commercializzazione comprendono principalmente: eritema, dolorabilità/tumefazione nel sito d impianto, ossificazione ectopica 47. Si può ritenere quest ultima l unica reale possibile complicanza che può essere però prevenuta con un adeguato posizionamento e contenimento dell impianto nel sito del difetto osseo. Si stima che, al momento della stesura del presente lavoro, oltre 5800 pazienti (comunicazione personale) siano stati trattati con rhop-1 veicolata da collagene tipo 1, commercializzato nel mondo da circa un anno e mezzo, alcuni dei quali con un follow-up di oltre 10 anni. Sebbene una definitiva convalida della sicurezza d uso sarà possibile solo quando il database clinico sarà più esteso, si può sin d ora ritenere il farmaco di impiego sicuro, considerati i dati preclinici nell animale soprattutto dopo lavori estesi nel primate non umano e l assenza di segnalazioni nell uomo di eventi gravi. 136

14 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Fig. 12. Utilizzo di OP-1 nella ricostruzione dell acetabolo: l OP-1 è stato usato all interfaccia tra una coppa acetabolare porosa e la superficie dell osso. In questo paziente, a causa di una dislocazione insorta a quattro settimane dall intervento, non risolta con riduzione a cielo coperto, si è reso necessario intervenire ed è stato così prelevato ed esaminato istologicamente l osso dall interfaccia acetabolo/coppa: l esame ha evidenziato estesa neoformazione ossea (Cook et al. 46 ). La necessità di rigenerare tessuto osseo funzionale o morfogenesi ossea, è esigenza molto sentita anche perché comune ad una serie di condizioni cliniche diverse di natura ortopedica, traumatologica e craniomaxillofacciale; prima della disponibilità di specifici segnali solubili molecolari capaci di indurre la formazione di nuovo osso, sono state e sono tuttora praticate numerose scelte terapeutiche che, sulla base di evidenze più o meno probanti, danno al chirurgo la possibilità di riaccendere un osteogenesi che per vari motivi è assente o insufficiente. Si stima che negli Stati Uniti si pratichino oltre procedure di trapianto osseo autologo ogni anno 48 ; data però la morbilità ad esso legata e la limitata disponibilità, si sono ovviamente sviluppate strade alternative costituite prevalentemente dai trapianti alloplastici (osso di banca), eteroplastici e dai sostituti ossei costituiti specialmente da diverse varianti del DBM (Demineralized Bone Matrix); in entrambi i casi però, com è noto, la capacità osteoinduttiva è minima se non assente Le proprietà dei vari trapianti ossei sono riassunte nella Tabella V. In tema di sostituti ossei osteoinduttivi andrebbero ricordati alcuni aspetti fondamentali chiaramente espressi da Scott D. Boden, membro del Biological Implant Committee, sull AAOS bullettin del Marzo Un primo aspetto è che differenti condizioni di applicazione influenzano notevolmente l efficacia dell agente osteoinduttivo. In altri termini esistono situazioni in cui la rigenerazione ossea è più difficile da ottenere come ad esempio nelle pseudoartrosi atrofiche rispetto alle fratture fresche, nelle fusioni spinali e nei difetti diafisari piuttosto che nei difetti metafisari; per tale motivo è importante che un agente osteoinduttivo abbia provato la sua efficacia anche e soprattutto in condizioni challenging ossia quando il processo riparativo spontaneo è difficile o compromesso e non quando anche l utilizzo di sostituti ossei di scarsa capacità osteoinduttiva potrebbe comunque determinare una riparazione. È poi critica la disponibilità di dati clinici per ogni specifica applicazione in quanto è noto che la trasferibilità dei dati in vitro e sugli animali all uomo è gravata da molte incognite, anche se molto importanti sono stati gli studi ed i lavori pubblicati testando rhop-1 in primati non umani ; i test più predittivi sembrano essere i difetti segmentali e la fusione spinale nel coniglio o in animali di grossa taglia. La fusione spinale posterolaterale /intersomatica o i difetti ossei diafisari critical size nei primati sono considerati i modelli che più correlano al risultato clinico, ma è evidente che i dati da preferire sono quelli ottenuti nell uomo e possibilmente attraverso trials clinici randomizzati. Il terzo ed ultimo punto è costituito dal differente grado di supervisione regolatoria per differenti prodotti, ad esempio la DBM ed il gel piastrinico contenente fattori di crescita autologhi (AGFs). Recentemente, infatti, l FDA al fine di regolamentare usi 137

15 Tab. V. Caratteristiche comparative dei trapianti ossei (da Committee on Biological Implants 49 ). Innesto Resistenza meccanica Osteo-conduzione Osteo-induzione Osteo-genesi Autotrapianto Spongioso No Corticale Allotrapianto spongioso Congelato No ++ + No Liofilizzato No ++ + No Allotrapianto corticale Congelato No No Liofilizzato + + No No Chips d osso allogenico demineralizzato No + ++ No empirici e privi di controllo, ha chiarificato che la DBM addizionata di fattori biologici con lo scopo di ottenere effetti biologici sull organismo, deve sottostare a criteri di valutazione di efficacia e sicurezza al pari di un presidio: è infatti noto che molti prodotti vengono utilizzati nell uomo in quasi totale mancanza di dati animali di efficacia e sicurezza. Essendo nota la variabilità del potere osteoinduttivo, vanno almeno stabiliti degli standard minimi di documentazione prima di procedere all uso clinico. In tema di osteoinduzione è opportuno ricordare una definizione recentemente data da Thomas Ehinorn: l Osteoinduzione è un fenomeno in cui si osserva mitogenesi da parte di cellule mesenchimali indifferenziate perivascolari che porta alla formazione di cellule osteoprogenitrici con la capacità di formare nuovo osso 13. Mentre numerosi fattori di crescita (Growth Factors, GFs) sono coinvolti nella sequenza di eventi che esita nella neoformazione ossea, inclusi il PDGF (Platelet Derived GF), il TGF-β, il VEGF (Vascular Endothelial GF), l IGF (Insulin Growth Factor), l FGF (Fibroblast GF) le evidenze disponibili suggeriscono che solo le BMPs/OPs sono capaci di iniziare l intero processo di neoformazione ossea sia in sede eterotopica che ortotopica intrascheletrica 2-4. Le BMPs/OPs essendo espresse e localizzate primariamente nelle matrici ossee, sono ovviamente presenti seppure in piccole quantità nella matrice ossea demineralizzata o DBM. Usando l ingegneria genetica sono ora disponibili in quantità farmacologiche per varie applicazioni cliniche. Un punto focale è però rappresentato dal sistema veicolante (carrier) portante le BMPs/OPs, che idealmente deve assicurare un adeguata permanenza nel sito di applicazione evitando allo stesso tempo la migrazione della sostanza al di fuori del sito d impianto, cosa che potrebbe causare ossificazione ectopica; permettere la crescita del nuovo tessuto osseo (essere cioè osteoconduttivo); essere biocompatibile, bioriassorbibile, dotato di resistenza meccanica, scevro da rischi di contaminazione batterica o virale e soprattutto capace di favorire angiogenesi, crescita capillare e vascolare per un ottima formazione ossea da induzione La prima BMP/OP ad essere stata approvata per l uso clinico come farmaco in Europa, Australia e Canada (negli USA la molecola è classificata dall FDA come Device) è la BMP-7 detta anche OP-1. Lo status di farmaco conferisce alla molecola l onere di dimostrare in clinica con studi randomizzati un positivo rapporto rischio/beneficio, cosa non necessaria per i vari sostituti ossei che sono in tutto o in parte deregolamentati; in altri termini l approvazione regolatoria sancisce il fatto che il medicinale ha prodotto chiara evidenza non solo di efficacia ma soprattutto di sicurezza d uso considerato anche il supposto utilizzo in soggetti che, aldilà della specifica patologia ortopedica o traumatologica, sono prevalentemente soggetti sani. Va anche ricordata la garanzia da parte degli Enti di controllo di una farmacovigilanza che, tipica dei farmaci, continua a sorvegliare nel tempo il prodotto a tutela del medico e soprattutto del paziente. In ultima analisi rhop-1, in quanto farmaco ha ricevuto e riceve il massimo grado di supervisione regolatoria. Ciò premesso riprendiamo gli altri punti sopra esposti. Il Carrier: la proteina ricombinante umana rhop-1 risul- 138

16 ta dotata di un carrier o sistema veicolante adeguato ossia osteoconduttivo, biocompatibile, bioriassorbibile e sicuro, che risponde a molti dei requisiti del carrier ideale. La combinazione rhop-1 e veicolo collagene tipo 1 crea un farmaco ricombinante altamente osteoinduttivo. Evidenza di efficacia in condizioni cliniche impegnative: rhop-1/collagene ha prodotto evidenza di efficacia con un trial randomizzato nella più complessa delle situazioni cliniche in traumatologia ossia la pseudoartrosi tibiale anche e soprattutto nei casi in cui era stato attuato senza successo il trattamento di elezione, l innesto autologo (condizione nella quale il farmaco è indicato in Europa); esistono inoltre positive evidenze anche in casi di pseudoartrosi di varie ossa lunghe particolarmente gravi (numerosi interventi pregressi, lunga durata della malattia) per i quali è l intervento con il farmaco potrebbe essere l ultimo tentativo terapeutico prima dell amputazione. Evidenze cliniche in ambiti applicativi diversi: si dispone ad oggi di studi nelle fratture tibiali esposte, ove il farmaco si è dimostrato in grado di prevenire significativamente la pseudoartrosi e nelle artrodesi spinali, nelle quali sembra mostrare analoga o superiore efficacia rispetto all autotrapianto. Sono comunque attesi in questi ambiti i risultati degli studi randomizzati tuttora in corso. In chirurgia ricostruttiva gli studi clinici sono in corso e si dispone al momento di dati isolati ma incoraggianti; considerata la forte necessità di agenti inducenti rigenerazione ossea specie nelle revisioni protesiche c è da prevedere che la ricerca futura sarà concentrata specialmente in quest area. Il profilo di tollerabilità di rhop-1 è favorevole non essendosi riscontrati effetti collaterali gravi ad esso imputabili. Data l assenza di documentazione clinica, il farmaco è controindicato in alcune condizioni tra cui l immaturità scheletrica, le malattie autoimmuni, le infezioni locali o generali in atto, in caso di fratture patologiche, particolari condizioni della frattura, neoplasie e gravidanza 47. In conclusione, alla luce di quanto noto, l uso della proteina rhbmp-7 chiamata anche rhop-1, agente e segnale molecolare solubile di provata capacità osteoinduttiva, può trovare una giustificazione in tutti i casi in cui è necessario rigenerare tessuto osseo deficitario, anche in alternativa ad altri trapianti ossei, in particolare l autotrapianto. Le evidenze cliniche derivanti dalle sperimentazioni tuttora in corso e future potranno comunque meglio caratterizzarne il profilo di efficacia e quindi orientarne un appropriato utilizzo clinico; quello che appare sicuro è l impatto certamente rilevante che avrà la proteina rhbmp-7 (rhop-1) veicolata da collagene tipo 1 nel futuro della chirurgia ortopedica traumatologica e ricostruttiva. Ugualmente è prevedibile un significativo impatto anche in ambiti diversi come la chirurgia ricostruttiva craniomaxillofacciale con inclusione della chirurgia parodontale rigenerativa BIBLIOGRAFIA 1 Reddi AH. Morphogenesis and tissue engineering of bone and cartilage: inductive signals, stem cells, and biomimetic biomaterials. Tissue Eng 2000;6: Ripamonti U, et al. Bone induction by BMPs/OPs and related family members in primates. J Bone Joint Surg 2001;83A(Suppl.):S Ripamonti U, et al. 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