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1 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica Funzioni reali di più variabili Indice Insiemi in R n. Simmetrie degli insiemi Funzioni da R n a R 6 2. Simmetrie di una funzione Insiemi di livello e curve di livello Restrizione di una funzione ad una curva Limite 3 4 Continuità 7 5 Funzioni definite attraverso integrali 8 6 Soluzioni degli esercizi 2 In questa parte del corso studieremo alcuni concetti analitici sulle funzioni di più variabili reali. Come le funzioni di una variabile reale sono definite in genere in particolari sottoinsiemi di R, così le funzioni di due variabili sono definite in sottoinsiemi di R 2, quelle di tre variabili in sottoinsiemi di R 3, e così via. Nella terza parte del corso abbiamo già parlato estesamente di R 2, R 3,..., ma l approccio qui è un po diverso, diciamo che è più analitico e meno algebrico (per farmi capire: è più simile a quello della parte II piuttosto che a quello della parte III). Inizio richiamando alcuni concetti generali già visti (nella parte I) sulla rappresentazione di R 2 nel piano cartesiano e su alcuni sottoinsiemi di R 2, R 3, e in generale di R n. Insiemi in R n L obiettivo di questa sezione è quello, come detto, di famigliarizzare lo studente con alcuni sottoinsiemi di R 2 (e in generale di R n ). Richiamiamo però anzitutto alcuni concetti e simbologie, già incontrati in R, che ci saranno utili nel seguito. Attraverso la corrispondenza biunivoca tra i punti di un asse cartesiano e i numeri reali, abbiamo visto come associare ad ogni punto la sua ascissa e, viceversa, ad ogni numero reale il punto che può essere considerato la sua immagine geometrica. Nella parte II di questo corso abbiamo spesso utilizzato alcuni importanti sottoinsiemi di R, gli intervalli. Dati a, b R, con a b, sappiamo che è un intervallo di R ad esempio l insieme Altri esempi di intervalli sono, come noto, [a, b] = { R : a b}. (a, b) = { R : a < < b}, [a, b) = { R : a < b}, (a, b] = { R : a < b}. I numeri a e b sono gli estremi dell intervallo. Se gli estremi sono entrambi compresi nell intervallo di cui si vuol parlare si dice che l intervallo è chiuso; se invece sono entrambi esclusi si parla di intervallo aperto. Sono gli stessi concetti visti per le funzioni di una variabile (limiti, continuità, derivabilità, integrabilità) adattati alla presenza di più variabili. Vedremo che per alcuni di questi non è necessario aggiungere molto, essendo l estensione del tutto immediata, per altri invece le cose non sono altrettanto dirette.

2 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 2 Abbiamo incontrato molto spesso anche intervalli illimitati, precisamente gli insiemi del tipo [a, + ) = { R : a}, (a, + ) = { R : > a}, (, b] = { R : b}, (, b) = { R : < b}, dove a, b R. Dato un punto R, abbiamo poi definito intorni di di raggio δ gli intervalli del tipo ( δ, + δ), dove δ può essere un qualunque numero reale positivo, che viene detto il raggio dell intorno. Abbiamo anche definito, dati due punti e in R, la distanza di e come il numero reale non negativo dopodiché abbiamo potuto scrivere d(, ) =, ( δ, + δ) = { z R : d(z, ) < δ } = { z R : z < δ }, dove si esprime in una identità insiemistica il fatto che l intorno di di raggio δ è costituito dai punti che distano da meno di δ. δ δ { }} { + δ In R abbiamo detto che cosa intendiamo con punto interno, punto esterno, punto isolato, punto di accumulazione e punto di frontiera di un insieme. Infine abbiamo detto quando un insieme si dice aperto e quando si dice chiuso. 2 Ora facciamo lo stesso in R 2. 3 Se ora nel piano consideriamo due assi cartesiani ortogonali con l origine nel loro punto comune, possiamo stabilire, così come fatto tra i punti di una retta ed R, una corrispondenza biunivoca tra i punti del piano e l insieme R 2 delle coppie di numeri reali. Chiamiamo intervallo di R 2 un sottoinsieme di R 2 che è prodotto cartesiano di due intervalli di R. Ad esempio è un intervallo di R 2 l insieme A = [a, b] [c, d] = { (, ) R 2 : a b, c d }, con a, b, c, d R. 4 Esso ha come immagine geometrica un rettangolo con i lati paralleli agli assi. d c a b L intervallo è aperto se è prodotto cartesiano di due intervalli aperti ed è chiuso se è prodotto cartesiano di due intervalli chiusi. Le altre possibilità danno origine ad intervalli che non sono né aperti né chiusi. 2 Non sto ripetendo cose già dette poco fa: prima dicevo degli intervalli aperti o chiusi, qui dico degli insiemi in generale. Gli intervalli sono soltanto un caso molto particolare di insiemi. 3 R 2 è sempre l insieme delle coppie ordinate di numeri reali, come nella parte III. È cioè il prodotto cartesiano R R. Ricordo che, se A e B sono due insiemi, si definisce prodotto cartesiano di A e B l insieme A B delle coppie ordinate (a, b) di elementi rispettivamente di A e di B. Sapete già che non dovete fare confusione con la notazione (a, b), che purtroppo serve ad indicare sia una coppia di reali sia un intervallo di R. 4 Ecco, in questa scrittura potrebbe sorgere il dubbio se (, ) voglia indicare un intervallo di estremi e (cioè un sottoinsieme di R) oppure la coppia di numeri reali e (cioè un elemento di R 2 ). La scrittura (, ), isolata dal contesto, è come detto ambigua. Ma nel contesto in cui viene usata non lo è più. Qui trovo scritto esplicitamente (, ) R 2, e quindi non ci possono essere dubbi: sto indicando una coppia di reali. A

3 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 3 Possiamo anche qui parlare di intervalli illimitati: sono quelli che sono prodotto cartesiano di due intervalli, di cui almeno uno illimitato. È un intervallo illimitato ad esempio l insieme [, ] (, + ) = { (, ) R 2 : ; > }. Altri esempi notevoli di sottoinsiemi di R 2 sono poi anche gli intorni (circolari) di un punto. Per definirli, esattamente come avviene in R, definiamo prima la distanza in R 2. Diciamo distanza (euclidea) di = (, 2 ) e = (, 2 ) il numero d(, ) = ( ) 2 + ( 2 2 ) 2. 5 Fissato allora un punto = (, 2 ), si dice intorno circolare di di raggio δ > l insieme dei punti del piano che hanno da distanza (euclidea) minore di δ. Essi, come è ovvio, riempiono un cerchio di centro e raggio δ (cerchio in realtà privato della circonferenza). È da notare che gli intorni circolari di sono infiniti, tutti contengono il punto e, considerato uno di essi di raggio δ, ne esistono infiniti altri di raggio minore, tutti contenuti in esso. È chiaro che tutte queste proprietà valevano anche per gli intorni dei punti in R. 2 2 δ Richiamiamo brevemente in R 2 le nozioni topologiche, già note in R, di punti interni, esterni, isolati, di frontiera e di accumulazione di un insieme. Definizione Dato un insieme A R 2, un punto si dice interno di A se esiste almeno un intorno circolare di tutto contenuto in A; esterno di A se esiste almeno un intorno circolare di tutto costituito da punti non appartenenti ad A; di frontiera di A se non è né interno né esterno ad A. Significa allora che in qualunque intorno circolare di cadono almeno un punto di A e almeno un punto non appartenente ad A; isolato se A ed esiste almeno un intorno circolare di che non contiene alcun punto di A eccetto ; di accumulazione di A se in qualunque intorno circolare di cadono infiniti punti di A. È importante inoltre l ulteriore Definizione Un insieme A R 2 si dice aperto se ogni punto di A è interno ad A; chiuso se il suo insieme complementare 6 è aperto. Osservazioni ed esempi. Si può osservare che un punto isolato è certamente di frontiera, un punto interno è certamente di accumulazione, punti esterni e punti isolati non possono essere di accumulazione. Inoltre si noti che i punti isolati di un insieme appartengono certamente all insieme, quelli esterni certamente non appartengono e infine quelli di frontiera, o di accumulazione, possono appartenere oppure no all insieme. R 2 è aperto e chiuso nello stesso tempo, da cui è anch esso aperto e chiuso. Lo stesso accadeva in R. Abbiamo già visto che un intervallo in R 2 è aperto se e solo se è prodotto cartesiano di due intervalli (di R) entrambi aperti ed è chiuso se e solo se è prodotto cartesiano di due intervalli entrambi chiusi. 5 Per indicare le coppie di numeri reali, cioè gli elementi di R 2, possiamo usare due notazioni alternative: o (, ), come abbiamo fatto fino ad ora, oppure (, 2 ). È bene che lo studente si abitui ad utilizzare l una o l altra indifferentemente, anche perché nei corsi successivi potrà vederle utlizzate entrambe. La prima è forse più semplice, ma la seconda ha il vantaggio di poter essere estesa ad un qualunque numero di variabili. Tornando al significato della definizione di distanza, non dovrebbe essere difficile capire che sotto questa definizione si nasconde uno dei più famosi teoremi della geometria, il teorema di Pitagora, e dovreste avere tutti una qualche conoscenza in merito. 6 Ricordo che, dato in generale un insieme X ed A X, l insieme degli elementi di X che non appartengono ad A si dice complementare di A (rispetto ad X). Nel nostro caso abbiamo A R 2 e sottointendo che il complementare sia rispetto a tutto R 2.

4 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 4 In generale i punti esterni sono quelli che risultano interni al complementare dell insieme in questione. I punti di frontiera di un intervallo sono i punti che stanno sui lati del rettangolo, a prescindere dal fatto che questi facciano parte oppure no del rettangolo stesso. I punti di accumulazione di un intervallo sono tutti i punti che sono interni oppure di frontiera per l intervallo. Il loro insieme coincide quindi con l intervallo chiuso. Vediamo ora alcuni esempi sugli intervalli. Consideriamo in R 2 l insieme I = [, ) (, ]. Si tratta sostanzialmente di un rettangolo, in cui alcune parti del bordo sono comprese ed altre escluse. È un insieme che non è né aperto né chiuso. L insieme dei suoi punti interni è l insieme (, ) (, ), cioè il rettangolo aperto. L insieme dei suoi punti di frontiera è costituito dai lati del rettangolo. 7 L insieme dei punti di accumulazione di I è l intervallo [, ] [, ], cioè il rettangolo chiuso. Altro esempio. Consideriamo l insieme A = (, ) {}. L insieme A è il prodotto cartesiano dell intervallo (, ) (sulle ascisse) e del punto sulle ordinate, cioè è l insieme delle coppie che hanno come prima componente un numero scelto tra e e come seconda sempre. Ovviamente si tratta di un segmento orizzontale sull asse. L insieme A non ha punti interni. Questa è una situazione in qualche modo interessante, dato che l intervallo (, ) ha punti interni in R. Poi possiamo affermare che tutti i punti di A sono di frontiera e sono di frontiera anche gli estremi del segmento, cioè i punti (, ) e (, ), che pure non fanno parte del segmento. I punti di accumulazione di A sono dati dal segmento con i suoi estermi, cioè dall insieme [, ] {}. Gli studenti si costruiscano altri esempi in proposito. Tutto quanto detto per R 2 può essere esteso in modo del tutto naturale ad R n, l insieme delle n-uple ordinate di numeri reali. Da notare che, in tal caso, solo per n = 3 si può dare ancora un immagine geometrica, che sarà ambientata in quello che si può chiamare lo spazio a tre dimensioni nel senso elementare e intuitivo del termine, attrezzato con una terna di assi cartesiani ortogonali. Si possono chiamare intervalli in R n i prodotti cartesiani di n intervalli di R. Ad esempio è un intervallo di R 3 l insieme A = [, ] (, ) [, ] la cui immagine geometrica è un parallelepipedo con le facce parallele ai piani coordinati. Si osservi che non tutte le facce appartengono al parallelepipedo. Si dirà intorno circolare di un punto R n di raggio δ l insieme dei punti di R n che hanno distanza euclidea da minore di δ, definendo distanza euclidea di e, dove = (,..., n ) e = (,..., n ), il numero d(, ) = n ( i i ) 2 8. L intorno circolare di un punto R 3 di raggio δ è rappresentato dalla sfera di centro e raggio δ. i= Si estendono ai sottoinsiemi di R n, in modo del tutto analogo a quanto fatto in R 2, tutte le nozioni topologiche. Come già in R e in R 2, anche in R n si dice aperto ogni insieme i cui punti siano tutti punti interni. Abbiamo già visto che, ad esempio, in R 2 un rettangolo privato dei lati è un insieme aperto, e così pure un cerchio privato della circonferenza. In R 3 sono aperti ad esempio un parallelepipedo privato delle facce oppure una sfera privata della superficie sferica. Si dirà poi chiuso un insieme che sia complementare (rispetto a R n ) di un insieme aperto. 7 Si può darne una scrittura formale, ma non preoccupatevi più di tanto di questo. Si può scrivere che l insieme dei punti di frontiera di 3 2 I è l insieme `{} [,] `{} [, ] `[,] { } `[,] {}. 8 Ricordo che, se = (,..., n) R n, si definisce norma euclidea di il numero reale non negativo = `P n i= 2 i /2. Dati allora, R n, si può allora ridefinire d(, ) =.

5 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 5. Simmetrie degli insiemi Può essere utile in molti casi sfruttare un qualche tipo di simmetria degli insiemi di R 2 (il discorso vale anche in R 3 e in R n ma noi vedremo solo esempi in R 2 ). Anzitutto vediamo quali tipi di simmetrie considerare. Qui indico con e (anziché con e 2 ) le coordinate cartesiane. Definizioni Sia A R 2. Diciamo che A è simmetrico rispetto alle se vale la seguente proprietà: se (, ) A allora (, ) A. Diciamo invece che A è simmetrico rispetto alle se vale la proprietà: se (, ) A allora (, ) A. Quindi in pratica un insieme è simmetrico rispetto alle se è simmetrico rispetto all asse delle ordinate e, viceversa, è simmetrico rispetto alle se è simmetrico rispetto all asse delle ascisse. Nelle figure qui sotto sono rappresentati un insieme simmetrico rispetto alle (a sinistra) ed un insieme simmetrico rispetto alle. A A Esempi L insieme A = { (, ) R 2 : 2} è simmetrico rispetto alle. Se disegniamo l insieme A la cosa è evidente, ma lo stesso si può dimostrare anche con la definizione: se (, ) A significa che 2. Ma allora anche (, ) A dato che ( ) 2, essendo questa equivalente alla precedente. Non c è invece simmetria rispetto alle. 9 L insieme A = { (, ) R 2 : ( ) } è simmetrico rispetto alle. Anche qui la rappressentazione grafica di A porta subito ad accorgersi della simmetria. Con la definizione: se (, ) A significa che ( ) Allora anche (, ) A dato che ( ) 2 + ( ) 2 equivale alla precedente. Non c è simmetria rispetto alle. Osservazione Ci sono insiemi che risultano simmetrici sia rispetto alle sia rispetto alle. Ad esempio il cerchio unitario A = { (, ) R 2 : } lo è. Conviene considerare anche un altro tipo di simmetria. Definizione Sia A R 2. Diciamo che A è simmetrico rispetto all origine se vale la seguente proprietà se (, ) A allora (, ) A. La figura a fianco presenta un esempio di insieme in cui vale questa proprietà. A Esempio L insieme A = { (, ) R 2 : = } è simmetrico rispetto all origine. Si tratta ovviamente della retta bisettrice del primo e terzo quadrante. Con la definizione: se (, ) A allora =, ma quindi =, e pertanto (, ) A. Si osservi che A non è simmetrico né rispetto alle né rispetto alle. Si osservi che anche l insieme raffigurato qui sopra, pur essendo simmetrico rispetto all origine, non è simmetrico né rispetto alle né rispetto alle. Osservazione Come osservato un attimo fa un insieme può non essere simmetrico né rispetto alle né rispetto alle ma esserlo rispetto all origine. Invece vale senz altro che un insieme simmetrico rispetto alle e rispetto alle è simmetrico rispetto all origine. Lo si intuisce da considerazioni grafiche o lo si dimostra facilmente con le definizioni: se A è simmetrico sia rispetto alle sia rispetto alle, dal fatto che (, ) A possiamo dedurre che (, ) A (per la simmetria rispetto alle ) e da quest ultima dedurre che (, ) A (per la simmetria rispetto alle ). Quindi è provata la simmetria rispetto all origine. 9 Dovrebbe essere (, ) A, cioè 2, cosa che non possiamo dedurre dalla 2. Non è rilevante che sia quello unitario, cioè di raggio : qualunque cerchio con centro nell origine è simmetrico sia rispetto alle sia rispetto alle. Esercizio: qual è la condizione necessaria e sufficiente affinché un cerchio sia simmetrico rispetto alle sole?

6 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 6 2 Funzioni da R n a R Nella seconda parte del corso abbiamo studiato le funzioni reali di variabile reale, cioè le funzioni da R a R. Qui consideriamo le funzioni da R n a R, dette anche funzioni reali di n variabili. Più in generale ci occuperemo di funzioni definite in un sottoinsieme A di R n, a valori reali. Scriveremo f : A R n R. Come sempre, se vogliamo riferirci alla funzione nel suo complesso, scriviamo semplicemente f; se invece, posto = (,..., n ), vogliamo indicare il numero reale che è immagine di attraverso la funzione f, scriveremo f() oppure f(,..., n ). Si dice come sempre dominio (o campo di esistenza o insieme di definizione) della funzione f l insieme dei punti per cui esiste il corrispondente secondo la legge f, cioè l insieme degli per cui esiste f(). L insieme di definizione può essere fornito esplicitamente, unitamente alla legge che definisce la funzione. Oppure, nel caso sia fornita soltanto la legge, può essere chiesto di determinare l insieme di definizione: in tal caso questo è il più grande sottoinsieme di R n in cui è definita l espressione che fornisce la legge di corrispondenza. Se f : A R n R, il simbolo f(a) indica come sempre l immagine della funzione f, cioè l insieme dei valori che la funzione assume in corrispondenza degli elementi di A. Chiaramente f(a) R. Come per le funzioni di una variabile, chiamiamo grafico di una funzione f : A R n R l insieme { (, ) } { ( G f = f() : A =,..., n, f(,..., n ) ) } : (,..., n ) A. Si tratta di un sottoinsieme dello spazio R n+. Quindi le funzioni di una variabile hanno grafico in R 2 (e nella II parte di questo corso abbiamo imparato a trovare il grafico di tali funzioni), le funzioni di due variabili hanno grafico in R 3. Non è possibile disegnare il grafico di funzioni di più di due variabili, dato che è un sottoinsieme almeno di R 4. Il grafico di una f : A R 2 R è generalmente una superficie in R 3. Ad esempio, il grafico della funzione f : R 2 R definita da f(, 2 ) = + 2 è un piano nello spazio R 3. Esempi Sono esempi di funzioni definite in opportuni sottoinsiemi di R 2 le seguenti funzioni: f (, 2 ) = f 2 (, 2 ) = f 3 (, 2 ) = f 4 (, 2 ) = ln( ) 3 2 f 5 (, 2 ) = ma(, 2 ). 2 In questi casi non è esplicitamente indicato l insieme di definizione e, come detto, si sottointende quindi che esso sia il più ampio sottoinsieme di R 2 in cui ha senso l espressione analitica che definisce la funzione. Negli esempi proposti il campo di esistenza di f, f 2, f 5 è tutto R 2. Per la f 3 occorre che il denominatore non si annulli, quindi deve essere Il 2 campo di esistenza è quindi R 2 \ {(, )}, cioè il complementare dell insieme {(, )} (tutto il piano ad eccezione dell origine). = 2 2 Per la f 4 l unica condizione è che l argomento del logaritmo sia positivo, dato che il denominatore è sempre diverso da zero. Quindi deve essere >, cioè > 2 2. Ricordando la geometria analitica della parte I del corso si ha che il campo di esistenza, cioè l insieme {(, 2 ) R 2 : > 2 2 }, è la parte di piano evidenziata in grigio qui a fianco. Vediamo altri esempi di funzioni da R n a R. È un insieme aperto. Nella III parte abbiamo studiato, tra le altre cose, particolari funzioni da R n a R m, quelle che abbiamo chiamato trasformazioni lineari. 2 Si tratta della funzione che associa al punto (, 2 ) il massimo tra e 2.

7 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 7 Funzioni lineari. Sia v R n e sia v = (v, v 2,...,v n ). La funzione f : R n R definita da f() = v, 3 = v + v v n n è lineare, come abbiamo già visto nelle lezioni della parte III. Abbiamo anche visto che ogni funzione lineare da R n a R è di questa forma, cioè si può scrivere come prodotto interno di un vettore fissato v per il vettore. Se n = 2 si ha f(, 2 ) = v + v 2 2 (quindi ad esempio f(, 2 ) = ). Il grafico di questa funzione, qualunque siano i coefficienti, è un piano per l origine in R 3. 4 Osserviamo che l insieme { } (, 2 ) R 2 : f(, 2 ) =, cioè l insieme delle soluzioni dell equazione v + v 2 2 =, è in R 2 la retta ortogonale (perpendicolare) al vettore v = (v, v 2 ). Con n = 3 le funzioni lineari sono quelle del tipo f(, 2, 3 ) = v + v v 3 3 v v 2 v + v 2 2 = e l insieme delle soluzioni dell equazione v + v v 3 3 = è questa volta il piano (in R 3 ) ortogonale (perpendicolare) al vettore v = (v, v 2, v 3 ). Forme quadratiche. Sia A una matrice n n. La funzione f : R n R definita da f() = A, 5 si chiama forma quadratica associata ad A. Ad esempio, se n = 2 e ( ) a a A = 2, si ha f( a 2 a, 2 ) = a 2 + a a a Nel caso particolare in cui A sia una matrice diagonale di elementi λ, λ 2, con λ, λ 2, si ha f(, 2 ) = λ 2 + λ Il grafico di f dipende in modo cruciale dal segno di λ e λ 2. Lasciando allo studente il compito di convincersi di quanto segue, mi limito ad elencare i tre casi possibili, accompagnandoli con un grafico. Se λ > e λ 2 >, come ad esempio in f(, 2 ) = , il grafico di f è un paraboloide. I valori della funzione sono evidentemente sempre non negativi e quindi il paraboloide sta nel semispazio delle 3 (figura sotto a sinistra). Si può anche scrivere che f(r 2 ) = [, + ). Se λ < e λ 2 < il grafico di f è ancora un paraboloide. I valori della funzione sono evidentemente sempre non positivi e quindi il paraboloide sta nel semispazio delle 3 (figura al centro). Si può anche scrivere che f(r 2 ) = (, ]. Se λ > e λ 2 < il grafico di f è un iperboloide (a una falda). La funzione può assumere sia valori positivi sia valori negativi (figura a destra). In questo caso f(r 2 ) = R. 3 Ricordo che la scrittura,, dove e sono due vettori di R n, indica il prodotto interno dei due:, = P n i= i i. 4 Le funzioni lineari in una variabile sono le funzioni del tipo f() = v, con v R. Sono quindi quelle che hanno per grafico una retta per l origine. 5 Si tratta del prodotto interno di A, che è un vettore di R n dato dal prodotto di A per, per il vettore. v 2

8 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 8 Alle forme quadratiche e in particolare allo studio del segno di queste è dedicata la prossima dispensa. Osservazione Il caso in cui uno dei due coefficienti λ, λ 2 è nullo è meno significativo. Vale comunque la pena osservare che (mettiamo sia λ > e λ 2 = ) in tal caso si ha f(, 2 ) = λ 2 e il valore di f dipende dalla sola. Si tratta di un paraboloide degenere e si intuisce facilmente che il grafico si ottiene facendo muovere la parabola 3 = λ 2 lungo l asse 2. Qui sotto riporto i grafici di alcune forme quadratiche, ottenuti con un software scientifico. Il grafico a destra è quello di una forma quadratica del tipo f(, 2 ) = λ 2 con λ >. 2,5,5,5 -,5 -,5 -,5-,5 - -,5 -,5,5 -,5,5 - -,5,4,3,2 -, -,5 -,5 -,5 Polinomi. Un monomio in R n è una funzione della forma (,..., n ) r rn n, dove r,..., r n sono interi non negativi. Si chiama grado del monomio il numero intero non negativo r +...+r n. Un polinomio è una combinazione lineare di monomi. Il grado di un polinomio è il massimo dei gradi dei monomi di cui è combinazione lineare. Ad esempio, è un monomio in tre variabili la funzione f(, 2, 3 ) = ; si tratta di un monomio di sesto grado. Un esempio di polinomio è la funzione g(, 2, 3 ) = ; è un polinomio di nono grado. Il più generale polinomio di secondo grado in R 2 è P(, 2 ) = a 2 + b2 2 + c 2 + d + e 2 + f, con a, b, c, d, e, f R e almeno uno dei coefficienti a, b, c diverso da zero (altrimenti è ancora un polinomio ma non è più di secondo grado). Il più generale polinomio di secondo grado in R 3 è P(, 2, 3 ) = a 2 + b c d 2 + e 3 + f g + h 2 + i 3 + j, con a, b,..., j R e almeno uno dei coefficienti a, b,..., f diverso da zero. In generale non si tratta ovviamente di una forma quadratica (lo è se e solo se g = h = i = j = ). Volendo lo si può vedere come la somma di una forma quadratica, di una funzione lineare e di una costante. Funzioni radiali. Una funzione f : R n R si dice radiale se esiste una funzione f : [, + ) R tale che f() = f ( ), per ogni R n. 6 La funzione f si dice il profilo di f. Più in generale la funzione profilo può essere definita in un intervallo del tipo [, r) e la funzione radiale f in un intorno dell origine di raggio r. Ad esempio, la funzione f(, 2 ) = è radiale, in quanto Il profilo è la funzione f : [, + ) R con f (t) = t = (, 2 ) 2. Osservazione Il grafico di una funzione radiale definita in R 2 si ottiene facendo ruotare il suo profilo attorno all asse 3. Ecco alcuni esempi di funzioni radiali, con i relativi grafici. 6 La definizione può risultare di difficile comprensione. Si noti che f è funzione di n variabili, mentre f e funzione di una variabile, cioè di un numero reale. Infatti l argomento di f è la norma del vettore, che è appunto un numero reale. In sostanza la definizione dice che il valore che la funzione associa ad dipende soltanto dalla norma di o, in altre parole, che a punti alla stessa distanza dall origine la funzione associa lo stesso valore.

9 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 9 f(, 2 ) = , definita in tutto R 2 ; come detto ha profilo f : [, + ) R con f (t) = t 2. g(, 2 ) = , definita in tutto R2 ; ha profilo f : [, + ) R con f (t) = t. h(, 2 ) = 2 2 2, definita nel cerchio unitario { } B(, ) = R 2 : ; ha profilo f : [, ] R con f (t) = t 2. G f G h G g Il grafico di f è il paraboloide già incontrato prima; il grafico di g è una superficie conica con vertice nell origine; Il grafico di h è una calotta sferica con centro nell origine. Esercizio 2. Si descriva il campo di esistenza delle seguenti funzioni, specificando se si tratta di insiemi aperti, chiusi o né aperti né chiusi: (a) f(, ) = ln( + ) (b) f(, ) = (c) f(, ) = (d) f(, ) = 2 2 (e) f(, ) = ln( ) (f) f(, ) = (g) f(, ) = ln( ) (h) f(, ) = 2 Esercizio 2.2 Si determini il campo di esistenza delle seguenti funzioni e lo si rappresenti graficamente. (a) f(, ) = ( + ) ( ) (c) f(, ) = log (e) f(, ) = (g) f(, ) = + + (b) f(, ) = + (d) f(, ) = ln + ln( + ) ( ) (f) f(, ) = log 2 + ( ( ) ) 4 (h) f(, ) = log 4 2 ( ) 2 Esercizio 2.3 Si scriva l espressione analitica del profilo delle seguenti funzioni radiali: (a) f(, ) = e 2 2 (b) f(, ) = (c) f(, ) = (d) f(, ) = ln(2 2 2 ) (e) f(, ) = (f) f(, ) = Simmetrie di una funzione Talvolta può essere utile sfruttare alcune caratteristiche di simmetria di una funzione di più variabili. Qui consideriamo solo le funzioni di due variabili e torno ad indicare gli elementi di R 2 con la notazione (, ).

10 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica Definizioni Sia A R 2 un insieme simmetrico rispetto alle. (i) Diciamo che una funzione f definita in A è pari rispetto alle se vale la seguente proprietà: se (, ) A allora f(, ) = f(, ). (ii) Diciamo che una funzione f definita in A è dispari rispetto alle se vale la seguente proprietà: se (, ) A allora f(, ) = f(, ). Sia A R 2 un insieme simmetrico rispetto alle. (iii) Diciamo che una funzione f definita in A è pari rispetto alle se vale la proprietà: se (, ) A allora f(, ) = f(, ). (iv) Diciamo che una funzione f definita in A è dispari rispetto alle se vale la proprietà: se (, ) A allora f(, ) = f(, ). Sia A R 2 un insieme simmetrico rispetto all origine. (v) Diciamo che una funzione f definita in A è pari rispetto all origine se vale la seguente proprietà: se (, ) A allora f(, ) = f(, ). (vi) Infine diciamo che una funzione f definita in A è dispari rispetto all origine se vale la seguente proprietà: se (, ) A allora f(, ) = f(, ). Osservazione Lo studente avrà notato le evidenti analogie con le simmetrie delle funzioni di una variabile (funzioni pari o dispari). Esempi La funzione f(, ) = è pari rispetto alle. Si noti anche che non è dispari rispetto alle. La funzione f(, ) = 2 3 è pari rispetto alle e dispari rispetto alle. La funzione f(, ) = 2 2 è pari, sia rispetto alle sia rispetto alle. Si tratta di una funzione pari rispetto all origine. La funzione f(, ) = 2 3 è dispari rispetto all origine, pari rispetto alle e dispari rispetto alle. La funzione f(, ) = 3 è pari rispetto all origine, dispari rispetto alle e dispari rispetto alle. 2.2 Insiemi di livello e curve di livello Farsi un idea del grafico di una funzione di più variabili è piuttosto difficile. Come già detto, anzi, non è nemmeno possibile rappresentare il grafico se il numero di variabili è maggiore di 2. Nel caso di due variabili il grafico è una superficie in R 3 e non ci sono tecniche generali come quelle che abbiamo studiato nella Parte II. Una valida alternativa al grafico è data dagli insiemi di livello, che nel caso di due variabili sono le curve di livello. In generale si ha Definizione Data una funzione f : A R n R, si definisce insieme di livello k di f l insieme dei punti di A in cui la funzione ha valore k, cioè formalmente L k = { A : f() = k }. Si tratta quindi di un sottoinsieme del dominio della funzione. Nel caso n = 2 tali insiemi sono solitamente curve nel piano e prendono quindi il nome di curve di livello k. Ovviamente l insieme (la curva) cambia al variare del valore k. Studiare le curve di livello significa appunto capire come variano le curve al variare del livello.

11 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica Esempio Consideriamo la funzione f(, ) = Naturalmente, se pensiamo ad un livello negativo, ad esempio, dobbiamo dire che la curva di livello non c è poiché la funzione non può avere valore negativo. Pertanto la curva di livello è l insieme vuoto. La curva di livello invece non è vuota, ma si riduce al solo punto origine (, ). 7 Se ora fissiamo un livello positivo, ad esempio, la curva corrispondente questa volta c è ed è proprio una curva in senso letterale: si tratta dell insieme delle soluzioni dell equazione = e quindi, come noto, della circonferenza di centro l origine e raggio. Al variare del livello k (positivo) abbiamo circonferenze di centro sempre l origine e raggio k. Quindi al crescere di k le curve di livello sono circonferenze di raggio crescente. Esempio Consideriamo la funzione f(, ) =. La curva di livello è l insieme delle soluzioni dell equazione = e cioè i due assi cartesiani. 8 La curva di livello k positivo è l insieme delle soluzioni dell equazione = k e cioè i punti di un iperbole centrata nell origine e rami nel primo e terzo quadrante. Anche con k negativo si hanno i punti di un iperbole centrata nell origine, ma con rami nel secondo e quarto quadrante. Osservazione Le curve di livello possono essere una valida alternativa al grafico della funzione in quanto, anche se ci mostrano solo il dominio, ci dicono però in quali punti la funzione ha valore costante, al variare di questo valore. È la tecnica usata nelle mappe geografiche per indicare la morfologia del terreno (il livello indica la quota sul livello del mare) oppure nelle mappe meteo (il livello indica la pressione al suolo o in quota). Nelle mappe geografiche la presenza di curve di livello molto ravvicinate indica una variazione molto rapida della quota, e quindi una zona di pendenza molto forte, mentre curve di livello molto lontane indicano regioni sostanzialmente piatte. Vediamo qualche altro esempio. Esempi Le curve di livello k della funzione f(, ) = si ottengono a partire dall equazione = k, cioè = 2 + k. Si tratta di parabole con asse dato dall asse e concave verso sinistra. Al crescere del valore k la parabola si sposta verso destra. Le curve di livello k della funzione f(, ) = ln( + ) si ottengono a partire dall equazione ln( + ) = k, cioè + = e k, cioè = e k. Si tratta ovviamente di rette di pendenza e ordinata all origine e k, quindi certamente positiva. 9 Al crescere di k la retta si sposta verso l alto. Le curve di livello k della funzione f(, ) = 2 2 si ottengono a partire dall equazione 2 2 = k, cioè 2 2 = k 2, cioè ancora = k 2. Se k è negativo non c è curva di livello, dato che l equazione iniziale 2 2 = k non ha certamente soluzioni. Se k = abbiamo la circonferenze di centro l origine e raggio. Se k > abbiamo circonferenze di centro l origine e raggio k 2 : la quantità sotto radice deve però essere positiva, e quindi deve anche essere k <. Infine per k = la curva si riduce alla sola origine. Si riconoscerà la morfologia della calotta sferica rappresentata un paio di pagine fa. Esercizio 2.4 Si descrivano le curve di livello delle seguenti funzioni. (a) f(, ) = ln( + ) (b) f(, ) = (c) f(, ) = (d) f(, ) = 2 2 (e) f(, ) = ln( ) (f) f(, ) = (g) f(, ) = ln( ) (h) f(, ) = Restrizione di una funzione ad una curva Esaminiamo ora un concetto che, pur essendo presente anche nella trattazione delle funzioni di una variabile, trova però il suo significato più pieno con le funzioni di più variabili. Tale concetto ci sarà utile in seguito, soprattutto quando parleremo di limiti, continuità e derivabilità. Si tratta del concetto di restrizione di una funzione. Prima però serve il concetto di curva in R n. Per non appesantire l esposizione, considero solo curve in R 2. Chiamiamo curva in R 2 una funzione continua γ definita in un intervallo I di R a valori in R 2. Pertanto abbiamo γ : I R 2, con γ(t) = ( γ (t), γ 2 (t) ), 7 Quindi si noti che la curva può non esserci oppure può essere qualcosa che solitamente non chiaeremmo curva. 8 La curva di livello è quindi l insieme dei punti che stanno in almeno uno dei due assi. 9 Questo fa sì che la retta stia nell insieme di esistenza della funzione, che non è tutto R 2.

12 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 2 dove γ, γ 2 sono funzioni continue definite nell intervallo I. 2 L immagine della curva γ, cioè il sottoinsieme di R 2 { (γ (t), γ 2 (t) ) : t I}, si chiama sostegno della curva γ. Purtroppo talvolta si identifica la curva con il suo sostegno. Nel linguaggio comune infatti dicendo curva nel piano intendiamo l insieme dei punti che formano la figura geometrica. Nella nostra definizione sarebbe meglio chiamare quest ultima il sostegno (o l immagine) della curva e chiamare curva soltanto la funzione che ha per immagine la figura geometrica. Esempi La funzione γ(t) = (, t), con t R è una curva in R 2. La sua immagine (sostegno) è l asse delle ordinate. La funzione γ(t) = ( + t, t), con t [, ] è una curva in R 2. La sua immagine è un segmento nel piano. 2 La funzione γ(t) = (t, t 2 ), con t [, ] è una curva in R 2. La sua immagine è un arco di parabola. 22 Data una funzione f : A R 2 R e data una curva γ : I R 2, con immagine contenuta in A, chiamiamo restrizione di f alla curva γ la funzione f γ, cioè la funzione (composta) che a t associa f(γ(t)). 23 Esempi Data la funzione f(, 2 ) = 2, la sua restrizione alla curva γ(t) = (t, ), con t R, è una restrizione di f all asse. 24 Si tratta della funzione g(t) = f(t, ) = t. La restrizione della stessa funzione alla curva γ(t) = (t, t), con t R, è una restrizione di f alla retta di equazione = 2. Si tratta della funzione g(t) = f(t, t) =, con t R. La restrizione della funzione f(, 2 ) = 2 alla curva γ(t) = (t, t), con t (, + ) è la funzione g(t) = f(t, t) = 2, con t (, + ). Una restrizione della stessa funzione alla parte di parabola di equazione 2 = 2 che sta nel primo quadrante si può ottenere con la funzione g(t) = f(t, t 2 ) = t +t, con t (, + ). 2 Anche se ho presentato i concetti di curva e di restrizione nel caso bidimensionale, tutto si potrebbe estendere in modo immediato al caso n-dimensionale. A titolo di esempio, una restrizione della funzione f : R 3 R, con f(, 2, 3 ) = e alla retta passante per il punto (,, ) e parallela all asse 3 si ottiene 25 considerando la restrizione di f alla curva γ : R R 3, con γ(t) = (,, t); si tratta pertanto della funzione g(t) = f(γ(t)) = f(,, t) = e 2 t2. Esercizio 2.5 Si determini una curva che parametrizza la retta di equazione + + =. 2 In pratica quindi una curva è una funzione che alla variabile reale t associa due componenti, γ (t) e γ 2 (t), e queste sono funzioni continue di t. 2 Si può vedere così: nello stesso modo in cui facevamo nella parte III, possiamo scrivere (+t, t) = (, )+t(, ), quindi al variare di t in tutto R si otterrebbe la retta che contiene il vettore (, ) traslata del vettore (, ). Con t [,] si ottiene solo una parte di questa retta e cioè un segmento. Possiamo anche precisare che gli estremi del segmento, che si ottengono con i valori estremi di t ( e ), sono i punti (, 2) e (2, ). 22 Qui si può ragionare così: se poniamo = t e = t 2, allora tra e sussiste la relazione = 2, che come sappiamo individua nel piano una parabola. Con t [,] si ottiene una parte della parabola, quella compresa tra i punti (, ) e (, ). 23 Il nome restrizione deriva da fatto che in pratica non considero la f su tutto il suo dominio, ma soltanto sui punti della curva γ. Si noti però che la restrizione, essendo la funzione composta, non è definita sul sostegno della curva, cioè in R 2, ma sull intervallo I in cui è definita la curva. I valori della restrizione sono però i valori di f sul sostegno della curva. 24 Non è unica la restrizione di f all asse : ad esempio la funzione g(t) = f(t 3,) = t 3 è un altra restrizione di f all asse. 25 I punti di questa retta si ottengono traslando l asse 3 del vettore (,,): dato che l asse 3 è individuato dal vettore (,, ), allora i punti della retta si possono esprimere con t(,, ) + (,, ), cioè con (,, t).

13 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 3 Esercizio 2.6 Si determini una curva che parametrizza la parabola di equazione =. Esercizio 2.7 Si determini una curva che parametrizza il ramo destro dell iperbole di equazione 2 2 =. Esercizio 2.8 Esercizio 2.9 Esercizio 2. t (, + ). Si scriva la restrizione della funzione f(, ) = +e 2 alla curva γ(t) = (t, ln t), con t (, + ). Si scriva la restrizione della funzione f(, ) = / alla curva γ(t) = (t, /t), con t (, + ). Si scriva la restrizione della funzione f(, ) = + ln( + ) alla curva γ(t) = (/t, t), con 3 Limite Il concetto di limite di una funzione, già visto in una variabile, si può definire anche in più variabili. Sia f : A R n R e sia R n un punto di accumulazione per A. Ricordo che, se indichiamo con B(, r) l intorno circolare di di raggio r, è punto di accumulazione per A se qualunque sia r l intorno B(, r) contiene infiniti punti di A. Indichiamo ora per comodità con B (, r) l intorno circolare del punto di raggio r, privato però del punto stesso, quello che possiamo formalmente indicare con B(, r) \ { } (taluni lo chiamano intorno bucato ). Definizioni Si dice che f tende al numero reale l per tendente ad, e si scrive lim f() = l, se per ogni intorno (l ε, l + ε) di l esiste un r > tale che se B (, r) A allora f() (l ε, l + ε). Si può dire equivalentemente che f tende ad l per che tende ad se per ogni ε > esiste r > tale che se < r, A e, allora f() l < ε. Come per i limiti in una variabile, anche qui una verifica di limite nei casi concreti può essere effettuata verificando che tra le soluzioni della disequazione f() l < ε c è un intorno bucato di. Si dice che f tende a + per tendente a, e si scrive se per ogni (a, + ) esiste un r > tale che ossia per ogni a > esiste un r > tale che lim f() = +, se B (, r) A allora f() (a, + ), se < r, A e, allora f() > a. Si dice che f tende a per tendente ad, e si scrive se per ogni (, b) esiste un r > tale che ossia per ogni b < esiste un r > tale che lim f() =, se B (, r) A allora f() (, b), se < r, A e, allora f() < b. La definizione che segue è in qualche modo una novità. Si veda poi l osservazione successiva.

14 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 4 Si dice infine che f tende a l per tendente a, e si scrive lim f() = l, se per ogni intorno (l ε, l + ε) di l esiste un r > tale che ossia per ogni ε > esiste r > tale che se ( R n \ B(, r) ) A allora f() (l ε, l + ε), se > r, A, allora f() l < ε. Osservazione Chiarisco la novità rappresentata dall ultima definizione, quella per. In R 2 non c è un + e un. Detto in parole povere questo succede perché non ci sono solo due modi di tendere all infinito, come accade in R, ma ce ne sono infiniti. Si pensi ad esempio che si può tendere all infinito lungo una qualunque direzione nel piano. Si è soliti in R 2 parlare soltanto di un, senza segno. Si tende ad se ci si allontana infinitamente dall origine, in un qualunque modo possibile. Quindi la definizione di limite in questo caso chiede che il valore di f sia arbitrariamente vicino ad l per valori di sufficientemente lontani dall origine. Ecco il motivo dell insieme R n \B(, r), che compare nell ultima inclusione: tale insieme, al crescere di r tende ad allontanarsi sempre più dall origine. Possiamo senz altro dire che tali insiemi, cioè i complementari degli intorni dell origine, sono gli intorni di in R 2. Osservazione Come già osservato a suo tempo parlando di limiti di funzioni di una variabile, una verifica di un limite lim f() = l attraverso la definizione si può effettuare, nel caso di limite finito, verificando che l insieme delle soluzioni della disequazione f() l < ε, per ogni ε >, contenga un intorno circolare del punto o, in altre parole, che l insieme di queste soluzioni contenga il punto come punto interno. Analogamente, la verifica di un limite lim f() = + si può effettuare verificando che l insieme delle soluzioni della disequazione f() > M, per ogni M >, contenga il punto come punto interno. Se il limite è la disequazione da considerare sarà ovviamente f() < M, sempre con M >. Infine, la verifica di un limite all infinito lim f() = l si può effettuare verificando che l insieme delle soluzioni della disequazione f() l < ε, per ogni ε >, contenga il complementare di un intorno circolare dell origine, cioè come detto un intorno di. Lo studente, ricordando quanto visto sui limiti delle funzioni di una variabile, provi a scrivere da solo il significato rigoroso di scritture come lim f() = ±. Esempi Consideriamo la funzione f(, 2 ) = + 2, definita in tutto R 2. Vogliamo provare che lim f(, 2 ) = 2. (, 2) (,) Preso un qualunque intorno circolare di 2, che indichiamo con (2 ε, 2 + ε), possiamo trovare le (, 2 ) la cui immagine è contenuta in tale intorno risolvendo la disequazione 2 ε < + 2 < 2 + ε cioè 2 ε < 2 < 2 + ε cioè { 2 > 2 ε 2 < 2 + ε, che porta all insieme raffigurato qui sotto. Si tratta della regione compresa tra le due rette parallele (in grigio più chiaro). Tale insieme contiene certamente un intorno circolare di (, ) (in grigio più scuro), come rappresentato. Pertanto è provato che il limite in questione è ε 2+ε 2

15 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 5 Consideriamo ora la funzione f(, 2 ) =, definita in R 2 \ {(, )}. Vogliamo provare che lim f(, 2 ) = +. (, 2) (,) Possiamo come detto prendere un M > e considerare la disequazione > M. Questa equivale a < M, che risulta soddisfatta da tutti i punti del piano la cui distanza dall origine è minore di intorno circolare dell origine. Pertanto è provato che il limite in questione è +. M, cioè appunto un Consideriamo la funzione f(, 2 ) = + 2, definita in R 2 ad eccezione dei punti che stanno sulla retta di equazione + 2 =. Vogliamo ora provare che ad esempio la scrittura lim f(, 2 ) = + (, 2) (,) è falsa. Se prendiamo M = e consideriamo la disequazione + 2 >, cioè + 2 > cioè >, si trova facilmente che le soluzioni sono costituite dai punti compresi tra le due rette di equazione + 2 = e + 2 =. Tale insieme non contiene però un intorno circolare dell origine. Lo studente verifichi che sono ugualmente false possibili scritture con limite finito o con limite, e che quindi il limite cercato non esiste. Vogliamo provare infine che lim (, 2) Preso un arbitrario ε >, consideriamo la disequazione =. < ε, che equivale alla > ε. Si tratta, per ogni valore di ε, del complementare di un cerchio di centro l origine e raggio / ε, quindi in altre parole di un intorno di in R 2. Pertanto è provato che il limite dato è zero. Osservazione Detto in modo molto impreciso ma che rende bene l idea, il limite di una funzione di più variabili è più difficile che esista rispetto al limite di una funzione di una sola variabile. A titolo di esempio, si consideri la funzione Si può verificare facilmente che f(, 2 ) = 2 2 +, con (, 2 ) (, ). () 2 2 lim f(, 2 ) (2) (, 2) (,) non esiste, sulla base di un risultato (che enuncio soltanto) che appare tuttavia molto plausibile. Lo dico prima a parole, poi formalizzo. Se il limite di una funzione esiste, per (, 2 ) che tende ad un certo punto (, 2 ), allora se tendiamo a questo punto lungo alcune particolari curve, allora dobbiamo trovare sempre lo stesso risultato, cioè lo stesso limite, indipendentemente da quale curva consideriamo. Se cioè lim f(, 2 ) esiste, finito o infinito, chiamiamolo λ (, 2) (, 2 )

16 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 6 e se γ è una curva in R 2 con γ(t ) = (, 2), allora lim (f γ)(t) 26 t t esiste ed è uguale a λ. Quindi, se il limite esiste, deve essere lo stesso lungo una qualunque restrizione. Ma allora, se troviamo che ci sono due diverse restrizioni lungo le quali i limiti sono diversi, possiamo dire che il limite non esiste. Tornando alla nostra funzione (), consideriamo la curva γ(t) = (t, ), con t R. Si tratta di una curva che ha per sostegno l asse (le ascisse). Se calcoliamo ora il limite lungo questa restrizione otteniamo lim(f γ)(t) = lim f(t, ) = lim t t t t 2 =. Anche lungo la restrizione dell asse 2 il limite è zero. Ma se consideriamo la curva γ(t) = (t, t), con t R, cioè quella che ha per sostegno la bisettrice del primo e terzo quadrante, otteniamo Il limite (2) quindi non esiste. Un altro esempio: lim t (f γ)(t) = lim t t 2 f(t, t) = lim t 2t 2 = 2. lim non esiste. ( e+2, 2) Infatti, se consideriamo la restrizione di f(, 2 ) = e +2 alla curva γ(t) = (t, ), con t (, + ), otteniamo la funzione (f γ)(t) = e t, che, per t +, tende a +. Se invece consideriamo la restrizione di f alla curva γ(t) = ( t, ), con t (, + ), otteniamo la funzione (f γ)(t) = e t, che, per t +, tende a zero. Notiamo che entrambi i sostegni delle due curve tendono all infinito per t Quindi il limite non esiste, essendo diverso su due restrizioni che tendono entrambe all infinito. Esercizio 3. Data la funzione f(, ) =, si calcolino i limiti di f nell origine lungo le seguenti restrizioni: + (a) la retta di equazione = (b) la parabola di equazione = 2 (c) la parabola di equazione = 2 Esercizio 3.2 Data la funzione f(, ) = (a) la retta di equazione = (b) la parabola di equazione = 2 (c) la parabola di equazione = 2 (d) la curva di equazione = e 2, si calcolino i limiti nell origine di f lungo le seguenti restrizioni: Si noti che la funzione f potrebbe non essere definita in (, 2 ) e quindi f γ potrebbe non essere definita in t. 27 Possiamo dire che i punti di una curva γ : (a, + ) R 2 tendono all infinito per t + se γ(t) + per t +.

17 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 7 4 Continuità Veniamo ora al concetto di continuità, già trattato nella II parte per le funzioni di una variabile. La definizione è la stessa. È richiesto ora che appartenga all insieme di definizione A della funzione f. Definizione Si dice che f è continua in A se si ha che lim f() = f( ). Se f è continua in tutti i punti di A si dice che f è continua in A. Per le funzioni continue valgono in R n tutti i teoremi già visti in R. A tale proposito ricordiamo che sono di fondamentale importanza tutti i teoremi che affermano che somme e prodotti di funzioni continue sono funzioni continue. Anche quozienti di funzioni continue, dove il quoziente esiste, sono funzioni continue. Infine funzioni composte di funzioni continue sono funzioni continue. Si potrebbe dimostrare facilmente che, se f : R R è una funzione continua (di una variabile) allora anche ogni funzione g : R n R, con g(,..., n ) = f( i ), i n è una funzione continua. Osservazione Il senso è questo: se ho una funzione di due variabili che però ne usa una sola attraverso una funzione continua, allora questa funzione di due variabili è continua. Ad esempio: f(, 2 ) = ln è continua in R 2 (dove è definita, e cioè in questo caso per > ). Da quanto appena detto segue allora facilmente che tutte le funzioni elementari in n variabili sono continue. Ad esempio sono continue, nei rispettivi campi di esistenza, le funzioni f(, 2 ) = g(, 2, 3 ) = ln( ) h(, 2,..., n ) = e (, 2,..., n) 2. Anche la funzione f(, 2,..., n ) = n i=, i dove esiste 28, è continua. Vale in R n un teorema che generalizza il fondamentale Teorema di Weierstrass, che lo studente ha visto per funzioni di una variabile. Teorema (di Weierstrass) Se f è definita e continua in un sottoinsieme chiuso e limitato di R n, allora valgono le seguenti proprietà: (i) f è limitata e la sua immagine è un insieme chiuso e limitato; 29 (ii) f assume quindi un valore massimo e un valore minimo. Se in particolare f è definita e continua in un intervallo chiuso e limitato di R n, allora (iii) l immagine di f è un intervallo chiuso e limitato. È una conseguenza del teorema di Weierstrass il Teorema (degli zeri) Se f è continua in un intervallo chiuso e limitato di R n ed assume in esso valori di segno opposto, essa in qualche punto necessariamente si annulla. Osservazione Come già in una sola variabile, per la validità della tesi è cruciale che la funzione sia definita in un intervallo Chiaramente la funzione esiste nei punti (, 2,..., n) R n in cui si ha P n i= i. 29 In generale non è detto che l immagine sia un intervallo; vedi il successivo punto (iii). 3 Per la verità basta che la funzione sia definita in un insieme che non sia fatto da due parti separate.

18 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 8 5 Funzioni definite attraverso integrali Per concludere questa sezione parliamo di funzioni che si incontrano talvolta nelle applicazioni, funzioni (di una o più variabili) espresse attraverso integrali. Abbiamo già incontrato nella II parte del corso un esempio molto importante di funzione definita attraverso un integrale. Si tratta della cosiddetta funzione integrale. Ricordo che, data una funzione g, integrabile (secondo Riemann) nell intervallo [a, b], si dice funzione integrale di g la funzione f() = a g(t) dt. Ricordo anche che per questa funzione f vale il noto teorema fondamentale del calcolo integrale: nelle ipotesi fatte (cioè che g sia integrabile) la funzione f è continua e, se la funzione g è continua, allora la funzione f è derivabile e la sua derivata coincide con g. Pertanto, se g è continua, si ha f () = g() in [a, b]. Un altro esempio importante di funzione definita attraverso un integrale è il seguente. Sia g una funzione continua (di due variabili) definita nell insieme A = I [a, b], dove I è un qualunque intervallo di R. 3 Definiamo ora la funzione f() = b a g(, t)dt, per ogni I. La scrittura non deve confondere lo studente, che conosce per ora solo integrali di funzioni di una variabile: per ogni fissato, la funzione g è funzione della sola variabile t, e quindi l integrale è dello stesso tipo di quelli già incontrati nella II parte del corso. La figura evidenzia il segmento verticale in cui, fissato, si integra nella variabile t. È chiaro però che il valore dell integrale dipenderà a questo punto dal valore di : detto in altri termini, per ogni avremo un ben determinato valore dell integrale. Questo definisce quindi in I una funzione che associa ad ogni il valore di tale integrale. La funzione è appunto la f. Esempio La scrittura e +t dt definisce una funzione in tutto R (della variabile ). Con una semplice integrazione è possibile trovare di tale funzione un espressione analitica che non faccia uso dell integrale. Si ha infatti e +t dt = e e t dt = e e t dt = e [e t] = (e )e. Osserviamo che la funzione f() = (e )e è continua in tutto R. Vale infatti in generale il seguente risultato: Teorema Se g è continua in A = I [a, b] R 2 allora è continua in I. 32 f : I R, con f() = b a g(, t)dt Osservazione Nell esempio visto poco fa possiamo dire a priori che la funzione f() = e+t dt è continua in tutto R dato che la funzione g(, t) = e +t è continua in R [, ], essendo continua in tutto R 2. 3 Si tratta quindi del prodotto cartesiano di un qualunque intervallo (anche non limitato) di R per l intervallo (chiuso e limitato) [a, b]. 32 Si noti che la continuità di g in A assicura la continuità di g per ogni valore fissato di, e quindi l integrabilità di g per ogni. b a t I A

19 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 9 Possiamo generalizzare tutto questo: dette a e b due funzioni definite in I e tali che a() b(), I, consideriamo l insieme { } A = (, t) R 2 : a() t b(), I. t A =b() Si consideri ora la funzione f() = b() a() g(, t)dt. 33 La figura come prima evidenzia il segmento verticale in cui, fissato, si integra nella variabile t. I risultati di poco fa non cambiano di molto. Ci si aspetta in particolare che valga il seguente Teorema Se a e b sono funzioni continue in I e g è continua in A, allora f è continua in I. Esempio Consideriamo, nell intervallo [, + ), la funzione f() = 2 ( + t)dt =a() I Si osservi che in [, + ) si ha 2. Possiamo anche qui trovare un espressione di f in forma elementare (espressione che non faccia uso dell integrale). Si ha infatti f() = 2 dt + 2 Vediamo qualche altro esempio. Esempi t dt = [ t ] 2 + [ t 2 ] 2 2 = (2 ) + 2 (42 2 ) = = La scrittura e t dt definisce una funzione continua in tutto R (della variabile ). È possibile trovare un espressione elementare di f. Si ha [ ] e f() = e t t dt = = e. Da notare che l espressione ottenuta con l integrazione vale per. Per = si ha f() = dt =. E e si noti ancora che la funzione ottenuta è continua in tutto R dato che, come noto, lim = (è uno dei limiti notevoli visti nella II parte). Consideriamo la scrittura ln( + t)dt. Essa non definisce una funzione in tutto R, ma definisce una funzione ad esempio in [, + ). 34 Possiamo trovare un espressione elementare di f. [ ] f() = ( + t)ln( + t) ( + t) = ( + )ln( + ) ( + ) ln + = ( + )ln( + ) ln. 33 Si osservi che questa è la forma generale che comprende come casi particolari tutti quelli visti in precedenza. Mi spiego: la funzione f() = R a g(t) dt si può vedere come caso particolare di quest ultimo con a() = a (cioè costante), b() = e g funzione solo di t. Invece la f() = R b g(, t) dt è caso particolare di quest ultimo con funzioni a e b entrambe costanti. a Si potrebbe in realtà rinunciare all ipotesi che a() b() nell intervallo I prevedendo anche la possibilità che le due funzioni a e b si intreccino. 34 Lo studente risponda al seguente quesito (difficile): quali sono gli intervalli in cui la scrittura definisce una funzione?

20 UNIVR Facoltà di Economia Sede di Vicenza Corso di Matematica 2 La scrittura e t2 dt definisce come prima una funzione continua in tutto R. Questa volta però non è possibile trovare, con una integrazione, un espressione elementare di tale funzione. Questo ovviamente perché la funzione t e t2 ( è un parametro fissato) non ha una primitiva elementare. La funzione f() = 2 ln( + t)dt, con [, + ) è una funzione continua in [, + ), dato che g(, t) = ln( + t) è continua nell insieme A = { (, t) R 2 : t 2, [, + ) }. Lo studente per esercizio determini un espressione elementare esplicita della funzione f. Osservazione Come si è visto negli esempi, non sempre è possibile dare un espressione elementare (cioè attraverso funzioni elementari) ad una funzione definita attraverso un integrale. Osservazione Le funzioni definite attraverso un integrale viste finora sono tutte funzioni di una variabile (anche se la funzione che sta sotto l integrale è di due variabili). Non c è però alcuna difficoltà nel definire funzioni di questo tipo, ma di più variabili, funzioni cioè definite da espressioni come o, più generalmente f(,..., n ) = f(,..., n ) = b a b(,..., n) a(,..., n) g(,..., n, t)dt 35 g(,..., n, t)dt. I risultati sulla continuità di queste funzioni sono analoghi a quelli visti prima. Anche qui un paio di esempi. Rientra in questa tipologia f(, 2 ) = Ovviamente si tratta della funzione f(, 2 ) = e e 2. Oppure f(, 2 ) = e t dt. + 2 ( t)dt, che è certamente un polinomio (perché?). Lo studente trovi l espressione elementare di f. Esercizio 5. Si scriva un espressione elementare delle seguenti funzioni definite attraverso un integrale: (a) f() = (c) f() = (e) f(, ) = 2 t dt (b) f() = + e t dt (d) f() = t dt (f) f(, ) = e (t 2 2 t + )dt ln( 2 + t)dt e t dt 35 In pratica succede che delle n + variabili che ci sono sotto l integrale una è la variabile di integrazione (la t) e le altre sono invece variabili effettive della funzione che viene così definita. Si può pensare che delle n + variabili una sparisca nel processo di integrazione, le altre restino.

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