STUDIO SUL COLLAGENE ETEROLOGO DI TIPO I IN FORMULAZIONE SPRAY

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1 STUDIO SUL COLLAGENE ETEROLOGO DI TIPO I IN FORMULAZIONE SPRAY PROLOGO Questo studio è stato fatto da un gruppo di operatori sanitari che svolgono la loro attività sul territorio, con il supporto dell azienda produttrice per la fornitura del materiale di medicazione. Gli operatori interessati non hanno infatti ricevuto alcuna fonte di sovvenzione. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare la performance clinica del collagene spray su lesioni cutanee croniche di varia etiologia. Questo studio è tra i primi effettuati sul collagene eterologo in formulazione spray, mai pubblicato su riviste specifiche ma esistente come abstract presentato al 13 Congresso EWMA di Pisa nel Maggio Parti di questo lavoro sono state utilizzate da altri autori successivamente senza citarne la fonte. (considerazione postuma degli autori) Lo studio viene inserito nel plico degli atti del convegno corredato di una ampia introduzione anatomico-fisiopatologica della cute, inserita a scopi didattici per i partecipanti al convegno stesso. INTRODUZIONE LA CUTE E l organo più esteso del corpo umano, essendo la sua superficie media compresa fra 1,5-2 metri quadrati. Il suo peso è equivalente al 10% del peso corporeo dell individuo e riceve 1/3 dell intero volume di sangue circolante. Lo spessore della cute varia a seconda della zona corporea: da un minimo di 0.5 mm nelle palpebre ad un massimo di 3-6 mm nelle regioni palmo-plantari. La cute è così composta : Strato corneo E costituito da cellule molto appiattite al cui interno prevale la componente cheratinica, sostanza con spiccata resistenza ad acidi, alcali ed enzimi proteolitici. Si tratta di cellule prive di nucleo. A sua volta si divide in una zona più superficiale, strato corneo disgiunto, nella quale ha luogo il fenomeno della desquamazione, ed una più profonda, strato corneo compatto, in cui le cellule contengono una maggior percentuale d acqua. Questa struttura ne conferisce le caratteristiche funzionali fondamentali: elasticità, permeabilità selettiva e compattezza. Il tempo di rinnovamento, cioè il tempo che una cellula impiega a differenziarsi e migrare dallo strato basale alla superficie cutanea, è mediamente di giorni (nell anziano 40-48). La riproduzione cellulare nello strato basale e la desquamazione cutanea sono, in un epitelio normale, in costante equilibrio. 1

2 Epidermide proliferante In esso si attuano i processi di differenziazione e proliferazione cellulare. La differenziazione cheratinocitaria è un processo quanto mai complicato che prevede numerosi passaggi: da una cellula staminale, situata più in profondità, ad una cellula pronta ad occupare lo strato corneo superficiale. Si viene quindi a formare un processo dinamico in continua evoluzione. Il derma Rappresenta la parte più voluminosa dell organo cutaneo. Si distinguono, anche se non nettamente separabili, tre zone. Possiamo descrivere tre componenti: FIBROSA: fibre collagene, elastiche e reticolari CELLULARE: fibroblasti, mastociti, cellule ematiche ed endoteliali SOSTANZA FONDAMENTALE: gel colloidale composto da acqua, proteine plasmatiche, acido jaluronico, ioni, glucosio, Ipoderma Costituito da isole di tessuto adiposo tra cui decorrono travate di connettivo (retinacula cutis) che si uniscono in superficie con i fasci del derma ed in profondità con il connettivo delle fasce muscolari. INVECCHIAMENTO CUTANEO INTRINSECO Con l avanzare dell età, la nostra cute, come tutto il nostro corpo subisce delle alterazioni e dei rallentamenti delle sue funzioni. Con l invecchiamento la cute tende ad essere meno efficiente: anche piccole modificazioni possono influenzare notevolmente le funzioni di questo apparato Epidermide Riduzione del 50% del turn-over epidermico Appiattimento della giunzione dermo-epidermica per riduzione della percentuale dei cheratinociti basali proliferativi Diminuzione dell adesione dermo-epidermica e maggiore suscettibilità alle abrasioni anche per lievi traumi meccanici Derma Riduzione del 20% circa del suo spessore (aspetto cartaceo della cute dell anziano) Relativa acellularità ed avascolarizzazione del derma residuo (riduzione della capacità termoregolatrice) Ridotta produzione di collagene da parte dei fibroblasti Riduzione delle fibre nervose con riduzione della percezione sensoriale ed innalzamento della soglia del dolore (che contribuisce al danno cutaneo) 2

3 Annessi cutanei Riduzione delle ghiandole sudoripare Aumento delle ghiandole sebacee con netta riduzione di produzione del sebo (cute secca) Sottocutaneo Riduzione della componente adiposa (con conseguente riduzione del fattore protettivo meccanico e termico) Tutte le fasi di riparazione cellulare vanno incontro a modificazioni di tipo qualitativo: iniziano più tardivamente, procedono più lentamente e spesso non raggiungono gli stessi risultati rispetto ad un soggetto giovane. Gli anziani sono comunque in grado di riparare le ferite, come dimostra l ampio numero di ferite chirurgiche perfettamente riuscite, ma si verificano alcuni aspetti peculiari: 1. tempo di riparazione maggiore 2. formazione di cicatrici più fragili (a volte causa predisponente per le recidive) Inoltre non va dimenticato che gli anziani sono spesso portatori di polipatologie che di per sé possono compromettere la riparazione tissutale. La guarigione avviene per seconda intenzione, con formazione di cicatrice di aspetto differente a seconda della natura e dei caratteri dell ulcerazione. Ulcerazione L ulcera cutanea è una lesione caratterizzata da una perdita di sostanza dermo-ipodermica che non dimostra alcuna tendenza alla riparazione spontanea a causa dell alterazione della omeostasi vascolare sostenuta da processi endogeni o esogeni. E sempre sostenuta da una patologia sottostante che determina un arresto della cicatrizzazione. UNA LESIONE CUTANEA CHE NON PRESENTA TENDENZA ALLA RISOLUZIONE ENTRO SEI SETTIMANE DEVE ESSERE CONSIDERATA UNA LESIONE CUTANEA CRONICA. Fattori predisponenti le LCC nell anziano Insufficienza venosa: aumento della pressione idrostatica, trasudazione di fluidi ed emazie (dermatite da stasi) Arteriopatia: riduzione dell apporto di sostanze nutritizie e di ossigeno Diabete mellito: alterazioni cutanee multiple in seguito alle complicanze Malnutrizione: riduzione delle difese immunitarie e del trofismo cutaneo Sindrome da immobilizzazione: alterazione multiorganica Incontinenza urinaria: importante nei pazienti allettati (umidità) Incontinenza fecale: importante nei pazienti allettati (contaminazione) Polifarmacoterapia: sommatoria di effetti collaterali, disidratazione da eccesso di diuretici, edemi da calcio- antagonisti, fragilità cutanea da cortisonici, ecc. Da tutto ciò, nasce l esigenza di un approccio al soggetto affetto da L.c.c. di tipo multifattoriale, orientato al trattamento non solo della ferita ma della persona nel suo insieme. Questo non esclude l importanza di un corretto trattamento locale, sostenuto da una corretta diagnosi dell ulcera. 3

4 LA RIPARAZIONE La cicatrizzazione è un fenomeno biologico caratterizzato da una serie di eventi cellulari e a carico della sostanza fondamentale, che conducono al ripristino della funzione di barriera che la cute normalmente esercita. La cicatrizzazione evolve in fasi successive che risultano integrate fra loro e parzialmente sovrapposte nella loro sequenza temporale. INFIAMMATORIA (emostasi e migrazione cellulare) PROLIFERATIVA (sviluppo di tessuto di granulazione e deposito di collagene) RIMODELLAMENTO (rimodellamento del collagene) RIEPITELIZZAZIONE L intero processo è mediato da sostanze rilasciate all interno della matrice da stipiti cellulari di volta in volta coinvolti, dette citochine. Fase infiammatoria Il tutto ha inizio con la rottura dei microvasi e la fuoriuscita delle piastrine le quali, a contatto col collagene, vanno incontro ad aggregazione ed attivazione. Dall attivazione si ha il rilascio di sostanze attive, le citochine, che stimolano la migrazione dei granulociti neutrofili. Si crea una trama di fibrina in cui i neutrofili esplicano una azione di pulizia della ferita da detriti cellulari, corpi estranei ed eventuali batteri. Assolta questa funzione i neutrofili vanno incontro a lisi liberando fattori di crescita. Da qui si ha la comparsa dei macrofagi e dei monociti con attivazione di due processi distinti: 1. Neoangiogenesi, per richiamo di cellule endoteliali da parte dei macrofagi 2. Fibroplasia, in cui i macrofagi fanno da padroni. (Fig.2) Fagocitosi Richiamo di fibroblasti Neoangiogene si MACROFAGO Stimolazione delle mitosi Produzione di fattori di crescita Stimolazione dei fibroblasti alla produzione di collagene Fig.2 La fase infiammatoria è caratterizzata dal punto di vista clinico dalla tetrade: tumor, rubor, calor e functio lesa. La funzione dei macrofagi è fortemente influenzata da due fattori: l umidità ed il grado di ossigenazione. L attività macrofagica viene infatti rallentata dall ipossia o dall anossia tissutale con conseguente proliferazione batterica e rallentamento del processo di cicatrizzazione. La formazione di una lesione cutanea cronica e la sua tendenza a non guarire spontaneamente, vengono dalla maggior parte degli Autori attribuite a fenomeni ipossici locali, dipendenti dalla etiologia della lesione stessa. 4

5 Si precisa che la fase infiammatoria è indispensabile alla guarigione in quanto precursore dell intero processo. E importante però il fattore temporale: l infiammazione è utile se consumata nei primi 2 o 3 giorni, dopo diviene dannosa. Tipico esempio è quello delle vasculiti, ove la flogosi perdura a tempo indeterminato impedendo l instaurarsi della proliferazione cellulare. Fase proliferativa Lo stimolo maggiore alla formazione di neovasi è rappresentato dai fattori di crescita che hanno la capacità di stimolare la proliferazione e la motilità delle cellule endoteliali. Si garantisce così l apporto sanguigno nell area di lesione: si ripristinano gli scambi metabolici e soprattutto l apporto di ossigeno. La cellula che governa tale fase è il fibroblasto. a Questo compare in 2-3 a giornata, diviene la cellula prevalente dopo 10 giorni e rimane attivo per 4-6 settimane. In questo periodo i fibroblasti iniziano il processo di detersione della matrice provvisoria (rete di fibrina in cui sono imprigionate le cellule ematiche) e di deposizione di una nuova matrice costituita prevalentemente da collagene. Fattore determinante l attività proliferativa è la temperatura. L attività ottimale di mitosi viene raggiunta solo in presenza di temperature simili a quella corporea. La proliferazione cellulare raggiunge la massima velocità di replicazione ad una temperatura compresa tra gradi. Fase di rimodellamento Inizia giorni dopo la lesione e si protrae per mesi. Coinvolge essenzialmente il collagene: si assiste ad una variazione della sua disposizione, complessità ed organizzazione. Inizialmente le fibrille di collagene sono disposte disordinatamente, quindi si fondono formando masserelle indistinte. Accanto alla ricostruzione della matrice si assiste al fenomeno della riepitelizzazione, cioè la ricostruzione dello strato superficiale. Riepitelizzazione E conseguente alla migrazione dei cheratinociti a partire dai bordi di ferita. Essi si muovono scivolando sulle cellule vicine, rispondendo a due stimoli: 1. Fattori di crescita che si trovano nel letto di ferita 2. Mancanza dell inibizione da contatto L ambiente umido Il processo di riparazione varia in modo molto evidente a seconda di come si protegge la ferita dagli agenti esterni quali microtraumi meccanici ed alterazioni della temperatura al di fuori del range fisiologico che provocano un rallentamento dei processi di ricostruzione della matrice fondamentale e di riepitelizzazione favorendo un processo di necrosi per essiccamento. (WINTER,1963. Effect of air drying and dressing on the surface of a wound. Nature 4862:91-92.) Fibroblasti, macrofagi e riparatori tissutali sono adattati a vivere in acqua. Perchè la ferita deve essere asciutta? (E. Ricci) 5

6 La copertura della lesione diviene, quindi, il momento culminante della riparazione in quanto corrisponde ad un condizione molto più vicina a quella fisiologica. Attualmente esiste tutto un ventaglio di possibilità per assicurare l ambiente umido alle cellule coinvolte nella riparazione tissutale: le medicazioni avanzate ed alcuni accorgimenti di intervento. Il ritardo della riparazione Fattori sistemici Stato nutrizionale Alterazioni del metabolismo Stato immunitario Anemizzazione Ipossia Farmaci Radiazioni Fattori locali Infezione Corpi estranei Presenza di tessuto necrotico Esposizione Cure inadeguate Invecchiamento: alterazione del collagene, ridotta perfusione periferica Ipossia: edema, ridotto apporto vascolare, depositi di fibrina perivascolare per infiammazioni croniche, anemia Ipossia locale: determinata dalle pressioni Corpi estranei: calcificazioni eterotopiche, scarsa igiene Tessuto necrotico: impedimento alla granulazione, proliferazione batterica, predisposizione ad ascessi saccati profondi Infezione: rilascio di endotossine e proteasi, in particolare di metalloproteasi, che demoliscono la sostanza fondamentale creando un ambiente sfavorevole all angiogenesi con conseguente necrosi tissutale. L infezione locale amplifica oltre misura il fatto infiammatorio con ulteriore distruzione di tessuto. Cure inadeguate: scelta di materiali di medicazione che non rispettino il fisiologico andamento della riparazione. Attenzione particolare va posta a fattori quale l umidità, la temperatura e l ossigenazione. WOUND BED PREPARATION La preparazione del letto di ferita è un concetto di per sé alquanto semplice e nemmeno particolarmente innovativo, ma ha rivoluzionato in modo significativo l inquadramento e la gestione delle lesioni cutanee croniche. Per WBP si intende: la gestione globale e coordinata della lesione, volta ad accelerare i processi endogeni di guarigione ma anche a promuovere l efficacia di altre misure terapeutiche. (V. Falanga) E opportuno pensare al WBP in termini strategici. Ciò consente di scomporre quello che di per se è un processo terapeutico complesso nei singoli componenti e di analizzarli, senza mai perdere di vista la gestione globale del problema e delle finalità terapeutiche. 6

7 WBP si compone pertanto di: 1. Debridement (rimozione tessuto necrotico) 2. Gestione dell essudato 3. Trattamento dell infezione 4. Correzione del microambiente biologico (eliminazione di cellule fenotipicamente alterate e di elementi corrotti della matrice). Perchè oggi si parla di WBP? Risponde il Prof. Falanga: Per maggior consapevolezza della cura appropriata della ferita Sviluppo di un approccio più organizzato per la cura della ferita incluso l impiego di linee guida per il trattamento Migliori prodotti terapeutici avanzati; infatti gli sviluppi tecnologici stanno conducendo verso un miglior trattamento. Questi prodotti non funzionano se non si presta la giusta attenzione al fondo di ferita. I processi di riparazione tissutale che oggi conosciamo, sono il frutto degli studi effettuati su ferite acute, e le lesioni croniche sono da sempre state considerate, in modo riduttivo, una degenerazione del normale processo di riparazione cutanea. La preparazione del letto di ferita diviene in quest ottica uno strumento per dare finalmente alle ferite croniche una dignità scientifica propria. WBP e Debridement: Uno degli errori più comuni è quello di identificare la fase di preparazione del letto di ferita con il debridement. Nelle ferite acute lo sbrigliamento è sicuramente indicato per la rimozione di tessuto necrotico e batteri, ottenendo una lesione pulita e predisposta alla guarigione. Nelle lesioni croniche è necessario molto di più del debridement, non essendo così semplice definire in cosa consista il materiale necrotico. Nella lesione cutanea cronica si dovrebbe parlare di carica necrotica, intendendo con questo termine la contemporanea presenza di tessuto necrotico e di essudato in sede di lesione. Le lesioni croniche quali ad esempio le ulcere ad etiologia venosa, sono di norma caratterizzate da uno stato infiammatorio e di conseguenza producono elevate quantità di essudato (condizione aggravata dalla stasi), che interferisce sia con il processo di guarigione sia con l efficacia di misure terapeutiche innovative, quali fattori di crescita o cute prodotta da bioingegneria. La preparazione del letto di un ulcera venosa deve quindi prevedere in modo predominante il controllo dell essudato. Il debridement di mantenimento: Nella ferita cronica cresce l esigenza di una fase di sbrigliamento prolungata (infatti il processo infiammatorio non si risolve in ore come nel caso delle acute..). Il debridement è sempre stato considerato una procedura terapeutica da limitare nel tempo. Concetto valido nella lesione acuta, non trova risvolti nella cronica, dove esiste una patologia sottostante che automantiene ed alimenta la carica necrotica. Spesso dopo una prima procedura di sbrigliamento si assiste ad una temporanea risoluzione della lesione, seguita da un arresto del processo di riparazione con netto peggioramento del fondo di lesione. Una delle possibili spiegazioni di tale arresto è il continuo accumularsi di necrosi e di essudato. Lo sbrigliamento va quindi continuato fino alla fase di guarigione. 7

8 La gestione dell essudato: La composizione dell essudato delle ferite croniche, a differenza di quello delle acute, è tale da rallentare e bloccare la proliferazione di cellule chiave quali i cheratinociti, i fibroblasti e le cellule endoteliali. In particolare si assiste ad una iperproduzione di Metalloproteinasi che determinano una alterazione della matrice essenziale, con degenerazione dei componenti, quali proteine e fattori di crescita, indispensabili sia per la migrazione delle cellule infiammatorie che per la riepitelizzazione. Inoltre le macromolecole di provenienza vasale (fibrinogeno) presenti nell essudato, bloccano i fattori di crescita, rendendoli inutilizzabili ai fini dell angiogenesi e quindi della cicatrizzazione. La correzione del microambiente: Altro elemento importante che determina ostacolo alla riparazione è costituito da alterazioni fenotipiche delle cellule. E stato infatti dimostrato che i fibroblasti presenti nelle lesioni croniche, invecchiano e non rispondono ai fattori di crescita. (Falanga) La presenza di tali cellule alterate in sede di lesione può essere definita con il termine di carica cellulare. La correzione del microambiente avviene quindi eliminando macromolecole e cellule alterate. Conclusioni: Il concetto di WBP non è solo teorico e di pertinenza esclusivamente medica. Prevede l acquisizione di alcuni dati di base per affrontare la lesione in modo consapevole. 1. Le ulcere sono croniche in quanto il sistema di riparazione si è bloccato ad uno stadio intermedio caratterizzato da infiammazione inefficace. 2. I fibroblasti depongono matrice abnorme ed incongrua. 3. I batteri creano all interno del letto di ferita un equilibrio con il tessuto dell ospite, tale da determinare come unico effetto clinicamente evidente il blocco della riparazione. 4. I fattori di crescita vengono disattivati da proteasi di origine batterica. IL COLLAGENE I progressi della ricerca scientifica sui meccanismi della riparazione tissutale hanno consentito, nell'ultimo mezzo secolo, di chiarire la sequenza di eventi che si innesca al momento del "vulnus" e che porta sino alla riepitelizzazione, cioè alla chiusura della lesione; quali siano le popolazioni cellulari coinvolte ed i meccanismi biochimici attraverso cui viene ricostruito un tessuto di sostituzione; quali siano le cause che possono rallentare il processo fisiologico di riparazione tissutale e come intervenire per riportarlo alla normalità. Tra i vari tipi di trattamenti topici, alcuni studi hanno osservato l efficacia del collagene bovino eterologo di tipo I nelle ulcere cutanee. Il collagene è una delle proteine strutturali più importanti del tessuto connettivo e studi sperimentali hanno dimostrato come tale estratto fosse in grado di stimolare la migrazione dei fibroblasti e l attività metabolica del tessuto di granulazione. Da tempo si fa largo uso di questa proteina in ambito cosmetico e di chirurgia estetica, per lo steso motivo citato prima. 8

9 In medicina il collagene, esistente finora solo in formulazione liofilizzata sotto forma di tavolette, è stato utilizzato con successo negli interventi di chirurgia addominale come emostatico, oppure in associazione a bendaggi o medicazioni compressive per ridurre i tempi di sanguinamento. Le ultime scoperte in campo scientifico hanno dimostrato che il collagene di tipo I induce adesione ma non aggregazione piastrinica. Di anno in anno abbiamo assistito all evolvere di una concezione sempre più biologicoestrattiva delle specialità farmaceutiche, come approccio e logico sviluppo delle conoscenze di fisiopatologia dei regolatori biologici espressi dai tessuti e di modulazione della risposta cellulare. Le evoluzioni del prossimo futuro ci porteranno a fare considerazioni sempre più attente sulle MEDICAZIONI BIOLOGICHE ma una è la certezza che deve guidare l agire degli operatori: non esiste una singola medicazione adatta a tutti i tipi di ferita né tanto meno a tutte le fasi di una ferita stessa. ( T.D. Turner 1984). Tutto ciò riporta in auge il collagene eterologo come biomateriale in grado di preservare la vitalità cellulare e la relativa funzione espressiva e produttiva dei mediatori umorali della risposta flogistica, cicatriziale e del bilancio coagulativo. Le tecniche sempre più sofisticate hanno inoltre permesso l estrazione e la purificazione del collagene (equino e non più bovino) con procedimenti non denaturanti e non antigenizzanti, rendendolo in questo modo il più naturale possibile. Per 12 anni è stato prodotto collagene estratto dal tendine d achille di bovini argentini. Per ragioni di mercato, in seguito al fenomeno BSE, da tre anni circa il collagene viene estratto da carni equine, pur conservando biocompatibilità identica al bovino. Esiste ora sul mercato, collagene in formulazione spray, che permette un più maneggevole utilizzo, mantenendo le caratteristiche originali. Trova indicazione nel trattamento di ferite e ulcere superficiali, escoriazioni e abrasioni, eritemi, ustioni minori. Trattandosi di un prodotto anallergico, in letteratura non sono riportati fenomeni di sensibilizzazioni o di effetti collaterali. La sua azione sembrerebbe legata alla modulazione, da parte del collagene, sull attività leucocitaria e macrofagica che, con la produzione di citochine e fattori di crescita, favorirebbe la neovascolarizzazione e con essa un miglior trasporto dell ossigeno tessutale. Questa azione si aggiungerebbe a quella già nota sulla migrazione dei fibroblasti e dei cheratinociti. Viene soddisfatta in questo modo la problematica più spinosa in ambito del trattamento delle lesioni cutanee croniche: l ipossia. Studi sostenuti dall azienda produttrice evidenziano che il trattamento con collagene accorcia in maniera significativa il tempo di cicatrizzazione di ulcere vascolari, di piaghe da decubito, di ulcere diabetiche e di ustioni. I meccanismi di riparazione tessutale conseguenti all applicazione di collagene: Azione emostatica attivazione di piastrine e di fattori della coagulazione Azione di supporto supporto alla proliferazione di fibroblasti e del tesuto di granulazione Azione di stimolo biologico attivazione di fibronectina, fibroblasti, monociti Azione angiogenetica stimolazione della neoformazione di capillari Sono stati fatti studi comparati utilizzando più materiali sulla stessa ferita e studi su ulcere diverse ma di stessa origine, confrontando in entrambe i casi la velocità di riparazione 9

10 tessutale; le conclusioni sono state a favore del collagene poichè le ferite sarebbero guarite in entrambe le situazioni ma con tempi rallentati con l utilizzo di altre medicazioni. Dalla letteratura internazionale si ricava chiaramente il ruolo svolto dal collagene nel processo cicatriziale in quanto questa proteina non rappresenta soltanto il materiale sostitutivo necessario a colmare la perdita di sostanza, ma rappresenta un vero e proprio modulatore dell evento riparativo, grazie alle sue interazioni con cellule e fattori di crescita. OBIETTIVI DELLO STUDIO L efficacia largamente provata da studi scientifici sull utilizzo del collagene, ha portato la nostra attenzione a sperimentare il collagene spray nella stimolazione dei processi riparativi su ulcere con un arresto delle normali fasi di riepitelizzazione. È stato utilizzato su lesioni croniche di varia etiologia, con estensione e profondità variabile delle stesse. Gli obiettivi del lavoro sono dunque: 1. Stimolare la riattivazione dei processi riparativi in ulcere piantate nonostante l utilizzo di svariati medicamenti 2. Ridurre i tempi di guarigione 3. Semplificare la gestione della medicazione per il paziente 4. Ridurre i tempi di intervento infermieristico 5. Contenere la spesa finale Lo studio, dato il numero ristretto di casi, non ha alcuna pretesa statistica, ma solo l intenzione di evidenziare se fosse possibile un miglioramento del quadro clinico di una ferita in situazioni di stasi prolungata nel tempo, con l utilizzo di collagene eterologo in formulazione spray. MATERIALI E METODI Ricerca di materiale scientifico inerente l argomento Creazione di una scheda di raccolta dati specifica (allegato A) Creazione di un modulo di consenso informato da sottoporre ai pazienti Reclutamento di pazienti affetti da ulcere cutanee croniche con caratteristiche specifiche Collaborazione dei pazienti e loro familiari (per un utilizzo ottimale del prodotto) Raccolta di materiale fotografico durante tutto lo studio Misurazione periodica delle lesioni Valutazione costo-beneficio, tenendo in considerazione la durata di una singola confezione. Criteri di inclusione: 1. Pazienti affetti da lesioni cutanee croniche (aperte da più di 6 settimane) con scarsa o nulla tendenza alla riparazione (lesioni non healing); 2. Pazienti affetti da lesioni acute traumatiche superficiali; 3. Lesioni da macerazione (pannolino); 4. Assenza di trattamento antibiotico in atto; 10

11 Caratteristiche della lesione: 1. Assenza di chiari segni di contaminazione batterica o tanto meno cellulite; 2. Assenza di aree necrotiche; 3. Fondo granuleggiante o con fibrina (estensione della componente fibrinica inferiore al 70%); 4. Essudato in quantità scarsa o media, non abbondante e soprattutto non purulento; Modalità di impiego del prodotto di medicazione: 1. La prima medicazione deve essere preceduta da debridement il più completo possibile quindi detersione per irrigazione con acqua minerale naturale; 2. Le medicazioni successive avvengono previa irrigazione con acqua minerale naturale a cascata e tamponamento con garze, evitando qualsiasi traumatismo per il fondo di ferita e i bordi; 3. Cospargere il letto di ferita con spray di collagene in quantità sufficiente da coprirne l intera superficie, evitando di estendere l erogazione oltre i margini di lesione; 4. Coprire il film di Biospray con garza grassa (vaselinata) e quindi con garza sterile; 5. Nelle lesioni agli arti inferiori, se presente componente edematosa, apporre bendaggio con maglia tubulare elastica tipo Prontogrip (P.M.A.); 6. Effettuare il cambio della medicazione a dì alterni nelle lesioni degli arti inferiori, se la componente essudativa lo consente, e ogni giorno nelle LdD ove la componente di frizione e stiramento causi movimento della medicazione con impossibilità per il prodotto di rimanere in sede in modo stabile; Tempo di studio: 1. Sei mesi (dal Gennaio 2003 al Giugno 2003) 2. Osservazione su almeno 30 pazienti CONCLUSIONI I risultati di questo studio osservazionale clinico sono stati assai promettenti in quanto hanno soddisfatto in pratica tutti gli obiettivi posti all inizio del lavoro. 1) Il collagene spray rappresenta un ottimo presidio finalizzato alla riattivazione dei processi di riparazione tissutale allorquando questi risultino rallentati o completamente bloccati configurando il quadro di lesione non healing. Di fondamentale importanza l osservazione clinica della lesione per definire la fase della WBP su cui occorre intervenire in prima istanza: escludere le lesioni cronicamente colonizzate rappresenta il primo step per la scelta dei materiali di medicazione. Ipotizzando dunque che uno dei meccanismi di rallentamento-arresto della riparazione sia da ascrivere ad una alterata attività fibroblastica e considerando il collagene eterologo come fattore di stimolo a feed back positivo nei confronti di una produzione collagenica competente, i risultati ottenuti potrebbero costituire un punto di partenza per ulteriori studi sui complicati meccanismi di interazione cellulare nelle ferite croniche. L 80% dei casi esaminati è andato incontro a guarigione. Il 20% ha ridotto la superficie della ferita dell 75%-80%. 11

12 2) Il tempo medio di guarigione è stato di 8 settimane (range: 3-12) Non è stato fatto uno studio di confronto fra Collagene spray ed altri prodotti per stabilire l effettiva riduzione dei tempi di guarigione. Le lesioni sono state trattate con Biospray partendo da una fase di arresto di riparazione della durata media di 4 settimane, periodo in cui erano stati tentati approcci diversi comprendenti correzione della carica batterica mediante antisettici a lento rilascio e gestione dell essudato mediante idrogeli per lesioni asciutte e schiume di poliuretano per le iperessudanti. Tutti i pazienti erano già in trattamento con maglia tubolare elastica in quanto inseriti in un altro protocollo di osservazione sui presidi di contenzione elastica. Su queste basi è pertanto ipotizzabile che l introduzione del collagene spray abbia contribuito indipendentemente alla riattivazione delle lesioni garantendo una velocità di riepitelizzazione ottimale. 3) L utilizzo di una bomboletta spray è stato accolto con gran curiosità dai pazienti e dai care giver che hanno da subito acquisito una buona confidenza con il prodotto. E stato loro insegnato il corretto utilizzo focalizzando la metodica su tre punti nodali: a) la necessità di agitare molto la bomboletta onde amalgamare uniformemente il principio attivo ed il propellente evitando la fuoriuscita di quest ultimo solamente con la conseguente perdita inesorabile del prodotto sul fondo della bomboletta (evenienza che si verificava soprattutto nelle prime fasi di approccio al prodotto per scarsa praticità e conoscenza dello stesso e che conduceva ad affrettate conclusioni di alcuni operatori quali le bombolette sono mezze vuote ). b) l importanza di una erogazione a 90 gradi rispetto al piano della ferita ed a distanze non inferiori a 15 cm. Infatti le erogazioni non ortogonali determinavano sprechi di prodotto per dispersione del getto e soprattutto non garantivano omogenea distribuzione del prodotto con il propellente causando in questi casi una minor durata della bomboletta; la distanza in qualche modo poteva contribuire a ridurre la sensazione di bruciore riferita da qualche paziente ed attribuibile al propellente. Da una osservazione più attenta è risultato che il paziente che riferiva sensazione spiacevole all erogazione del prodotto, era affetto da lesioni più recenti e con componente infiammatoria maggiore (rilevazione clinica di eritema marginale e/o perilesionale non ascrivibile a colonizzazione); c) medicare fino ad un massimo di tre volte alla settimana le lesioni garantendo una gestione ottimale dell essudato aumentando progressivamente gli strati di garza vaselinata di copertura. Infatti il Collagene spray ha una naturale tendenza all essiccamento del fondo di ferita per cui con il progredire delle medicazioni si assiste ad un miglioramento del bilancio dei fluidi di ferita, richiedendo nelle ultime fasi fino a 4 strati di garza (una garza vaselinata 10x10 ripiegata in 4) 4) L ottimizzazione della medicazione garantita dalla sua semplicità di esecuzione, ha permesso una grande autonomia dei care givers e dei pazienti stessi per cui il personale infermieristico, dopo un primo periodo di educazione durato in media 3 passaggi, è riuscito a gestire i casi mediante unico passaggio settimanale; 5) In considerazione dei quattro punti precedenti, il contenimento della spesa finale si è avuto sommando: - raggiungimento dell obiettivo guarigione mediante un unico prodotto che rispondesse ad un bisogno ben identificato della lesione, evitando il passaggio da un presidio all altro rincorrendo la guarigione attraverso tentativi irrazionali. I risultati ottimali sono probabilmente da attribuirsi anche ad una maggior attenzione al paziente ed alla ferita così come ad una maggior precisione diagnostica in termini etiopatigenetici. In quest ottica l ottimizzazione delle risorse assume un significato nodale se inserita all interno di un programma formativo continuo e di alto livello 12

13 - una medicazione semplice viene eseguita con meno errori da parte del care giver e del paziente producendo meno sprechi dovuti essenzialmente ai tentativi errati, maggior quantità di prodotto di medicazione erogata, gestione incongrua dell essudato mediante aumento del numero di garze in cotone medicazione secondaria in luogo della maglia elastica che risulta un ottimo presidio nella gestione dell edema di gamba nei pazienti domiciliari - se la medicazione è tecnicamente semplice, l operatore può dedicare più tempo all educazione generale del paziente (significato della contenzione elastica per aumentarne la compliance, importanza di allungare i tempi di cambio per ridurre i traumi da medicazione, importanza della mobilizzazione ed alimentazione così come suggerimenti sull igiene della cute e del letto ); il passaggio settimanale, terminata la fase di addestramento serve come supervisione dell andamento della ferita e richiede sicuramente un tempo tanto più limitato quanto più la comunicazione fra operatore e paziente /care giver si è affinata e questo è uno degli scopi fondamentali dell educazione continua che l infermiere compie per tutta la durata del trattamento. Abbiamo infatti dimostrato in un altro lavoro che maggiore è la compliance dell unità paziente/care giver, maggiori sono le chance di guarigione. In ultima analisi, se l infermiere dedica meno tempo ad un paziente, ne avrà in più da dedicare alla gestione dei casi più complessi o per aumentare il numero totale di pazienti presi in carico, riducendo la mobilità passiva, altro non trascurabile fattore che aumenta i costi inerenti il wound care in una ASL che non dispone di unità operativa dedicata al problema. 13

14 ALLEGATO A SCHEDA RACCOLTA DATI Biospray Euroresearch DATI ANAGRAFICI Data: COGNOME NOME RESIDENTE VIA NATO IL Tel Cod Reg Medico Tel ANAMNESI PATOLOGICA Diabete Ipertensione CAD BPCO Arteriopatia Insufficienza Venosa Patologia immunitaria Distimia Dolore Altro TERAPIA DATI PRELIMINARI PESO: PAO: HGT: FC: (R / AR) CONDIZIONI GENERALI IDRATAZIONE S M B ALIMENTAZIONE S M B MOBILITA D C A PRESIDI S N ( ) ALLERGIE FARMACI MEDICAZIONI DESCRIZIONE DELLA LESIONE Durata Ipotesi diagnostica In trattamento con: Sede Dimensioni Fondo Essudato Bordi O granuleggiante O fibrinoso O necrotico O scarso O medio O abbondante O attivi O piantati O infiammati O 14

15 Cute perilesionale O integra O flegmasica O macerata O secca DIARIO CLINICO N Medicazione DATA Foto: SI NO SEDE DESCRIZIONE DELLA LESIONE FONDO BORDO ESSUDATO DIMENSIONI CUTE PERILESIONALE OBIETTIVO PRODOTTO PROSSIMO CAMBIO TERAPIA SISTEMICA OSSERVAZIONI Compilazione della scheda raccolta dati: Segnare con X la presenza di patologie concomitanti ed apporre in modo chiaro la terapia effettuata dal paziente; HGT = glicemia capillare; può essere utile come dato di partenza se valutata a digiuno, alla prima visita in pazienti diabetici. Dato utile anche in non diabetici per identificare alterazioni glicemiche eventualmente correlate a terapia o non note e quindi possibile causa del ritardo di riparazione; PAO = pressione arteriosa omerale; FC = frequenza cardiaca; R/AR = ritmico/aritmico; identifica alla prima visita un dato di partenza per valutare concause di ritardo di riparazione o alterazioni del ritmo misconosciute degne di approfondimento diagnostico-terapeutico; IDRATAZIONE = S(carsa), M(edia), B(uona); ALIMENTAZIONE = S(carsa), M(edia), B(uona); MOBILITA = D(eambulante), C(arrozzina), A(llettato); importante per le LdD e per le lesioni agli arti inferiori con grande componente edematosa da stasi; Le voci possono essere compresenti (un paziente allettato può essere mobilizzato su carrozzina ed un paziente deambulante con fatica può passare ore in carrozzina ); PRESIDI = Si, No; indicare il tipo; ALLERGIE = indicare il prodotto ed il tipo di reazione; DURATA = indicare da quanto tempo è presente la lesione in oggetto; IN TRATTAMENTO CON = indicare l ultima medicazione che il paziente stava adottando prima di passare a Biospray; Descrizione della lesione nel Diario Clinico: Alla presa in carico, chiaramente il diario non va compilato in quanto la descrizione della lesione è già stata fatta nella pagina precedente e rappresenta il tempo zero, il momento iniziale della terapia con Biospray; Indicare il numero progressivo delle medicazioni (facilita l ordine dei fogli!!); Usare solo terminologia predefinita (vedi tabella 1); L obiettivo chiaramente risulta quello di convertire la lesione da non healing ad attiva in senso riparativo (usare terminologia tabella 2); Indicare l eventuale terapia sistemica di supporto (emoreologici, FANS, eparina ); Nella casella Osservazioni vi è spazio per le eventualità di volta in volta riscontrate; La casella vuota può essere utilizzata per inserire una voce particolarmente presente ed utile per quello specifico paziente (ad es. il dolore). 15

16 FONDO BORDI Granuleggiante (granulazione > 50%) Fibrinoso (fibrina > 50%) Attivi (lesione in riparazione) Piantati Infiammati Introflessi Sottominati (lesioni cavitarie) Callosi ESSUDATO CUTE PERILESIONALE Assente (garza adesa) > - Scarso (garza asciutta) > + Medio (garza umida) > ++ Abbondante (garza impregnata) --> +++ Integra Flegmasica (infiammata) Macerata Secca Tab. 1 OBIETTIVO Riattivare i bordi Accelerare la riparazione Favorire la riepitelizzazione (acute) Emostasi (se sanguinamento) Tab. 2 16

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