Collimatore lato sorgente (pre collimatore)
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- Romina Negri
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1 SCALA DI HOUNSFIELD La ricostruzione mediante FPB (o altro algoritmo) permette di attribuire ad ogni voxel il valore del coefficiente µ che gli compete in base alla sua collocazione nel paziente. Si ottiene un immagine che potrebbe essere presentata e visualizzata con questi valori. Tuttavia, anche per permettere un più agevole confronto tra immagini provenienti da macchine diverse (con energie diverse!), è consuetudine esprimere i valori dei voxel delle immagini TAC nella scala di Hounsfield (HU units) attraverso il numero CT (CT number), misurato in HU, proporzionale al coefficiente μ e dato dalla relazione Per l aria, che ha μ = 0, si ha HU = , per l acqua si ha HU = 0 mentre per l osso, con μ osso 2 μ H2O, si ha HU I programmi di visualizzazione presentano il valore come nero ed il valore come bianco. Questi sono gli estremi della corrispondente scala di grigi che risulta ben accetta dalla comunità dei radiologi. La figura sottostante mostra alcune operazioni sulla scala di grigi [spostamento (L) del grigio centrale e/o restrizione (W) della scala di grigi attorno all acqua/tessuto] aventi lo scopo di evidenziare meglio il contrasto nell immagine in determinati compartimenti. Si tratta di operazioni digitali di impossibile realizzazione in una radiografia su lastra fotografica. 1
2 Nella figura sono riportate le apparecchiature che compongono uno scanner TAC di prima generazione: sorgente di X, pre-collimatore, post-collimatore, detector, elettronica di acquisizione, elaboratore, monitor. Collimatore lato sorgente (pre collimatore) Ha essenzialmente la funzione di schermare dalla radiazione i tessuti non interessati all indagine. Il tubo a raggi X si comporta come una sorgente di fotoni puntiforme che emette su un angolo solido molto esteso (dell ordine di π). In una macchina di prima generazione il pre collimatore, posto sul percorso degli X generati dal tubo, è costituito da una lastra di piombo nella quale è praticato un foro di diametro piccolo rispetto alla lunghezza (spessore della lastra). Tutti i fotoni che non intercettano il foro con la direzione parallela all asse sorgente-detector vengono assorbiti impedendo alla radiazione di raggiungere tessuti diversi da quelli della fetta interessata all indagine (schermatura). Il piombo è un materiale idoneo per la sua elevata attenuazione ai raggi X dovuta all alto valore di Z e di densità ρ. Per il coefficiente di attenuazione lineare per il piombo per X con E fotone = 50 kev si ha circa µ = 5.65 mm -1. Per uno spessore z = 1 mm si ha µz = 5.65 mm mm = 5.65 (adimensionale!) e la legge di Beer prevede il seguente rapporto di attenuazione I(z)/I 0 = e -µz = e = [e per z = 2 mm si ha I(z)/I 0 = (e ) 2 = ] Collimatore lato detector (post collimatore) Il detector (rivelatore) è preceduto da un secondo collimatore (post collimatore). Anche questo collimatore è costituito da una lastra di piombo avente un piccolo foro di raggio piccolo rispetto alla lunghezza (spessore della lastra). Lo scopo di questo secondo collimatore è quello di impedire che possano raggiungere il contatore i 2
3 fotoni che emergono da strisce diverse da quella considerata (selezionando quindi solo quelli emergenti dall ultimo voxel dell asse sorgente-detector) o che provengano da direzione diverse per aver subito effetto Compton. Detector Elettronica di acquisizione I fotoni che attraversano i fori del post collimatore incidono sul detector che provvede alla loro rivelazione. Il rivelatore impiegato nelle macchine di prima generazione era costituito da una lastra di scintillatore su cui si affaccia un fototubo (PMT). I fotoni X collimati, incidendo sullo scintillatore, interagiscono con gli atomi dello stesso per effetto fotoelettrico o per effetto Compton, facendo espellere da essi elettroni. Questi elettroni muovendosi nel cristallo ne eccitano altri atomi che diseccitandosi emettono in maniera isotropa fotoni di luce visibile (scintillazione). Per ogni fotone X assorbito dallo scintillatore viene emesso con questo meccanismo un cospicuo numero [sciame di migliaia di fotoni di bassa energia (nel visibile)]. Tali fotoni attraversano lo spessore dello scintillatore (trasparente) e incidono sul sottostante PMT (fotomoltiplicatore). Il PMT trasforma l impulso di luce (sciame di fotoni) generato da ogni X incidente in un impulso elettrico che viene inviato all elettronica di acquisizione. La funzione principale dell elettronica di acquisizione è quella di effettuare il conteggio del numero N di impulsi elettrici provenienti dal PMT in ogni posizione e per ogni angolo durante la scansione della slice. Elaboratore La funzione dell elaboratore è quella di elaborare i segnali (conteggi per ogni posizione e vista angolare) provenienti dai vari strati (slices) dell oggetto indagato. Da detti segnali si ricava il sinogramma (trasformata di Radon) della distribuzione 2D µ(x,y) del coefficiente di attenuazione lineare in ogni slice. Appositi algoritmi (Filtered Back-Projection o l iterativo OSEM) eseguono l inversione della trasformata di Radon e ricostruscono una mappa discretizzata della funzione incognita µ(x,y). La distribuzione volumetrica 3D si ottiene impilando le singole mappe 2D (slice stacking). Viene infine eseguita la conversione in unità di Hounsfield (HU). 3
4 Monitor Video Il risultato finale viene presentato su uno schermo da computer nei livelli di grigio della scala HU, dopo eventuali operazioni digitali (dilatazioni, saturazioni, thresholding) che si rendano necessarie per evidenziare meglio le strutture che si vogliono analizzare. Condizioni di lavoro del tubo a raggi X nella TAC Si può considerare come indicativo un valore di 120 kv per la tensione U a di alimentazione del tubo (U a = 120 kv). Lo spettro delle energie E fotone dei raggi X prodotti arriverà fino a 120 kev, partendo da 20 kev se si utilizza il filtro costituito da uno spessore di 2.5 mm di Al per eliminare la parte a bassa energia (beam hardening). La rimozione dei fotoni a bassa energia è importante in quanto essi verrebbero completamente assorbiti dal paziente, aumentando la dose senza dare alcun contributo al segnale. In queste condizioni operative l energia media dei fotoni del fascio filtrato è di circa 50 kev ed il valore del rateo di flusso numerico J 0 ad una distanza di 75 cm dalla sorgente vale J 0 3*10 9 fotoni/(mm 2 sec) con una corrente anodica I a = 1 ma. Poiché nelle normali scansioni TAC sono richiesti valori di J fotoni/(mm 2 sec), è facile calcolare che per la corrente anodica possono essere richiesti valori anche di I a = 330 ma. I valori per U a e I a determinano le condizioni di lavoro del tubo a raggi X. La tensione di alimentazione U a determina l energia E fotone degli X emessi. Viceversa il valore di I a determina il rateo di flusso J 0 di fotoni emessi in quanto J 0 è proporzionale a I a. Si incrementa I a aumentando la corrente che riscalda il filamento catodico, con conseguente intensificazione dell effetto termoionico. La potenza W diss dissipata sull anodo del tubo a seguito dell impatto degli elettroni è data da W diss = U a I a. Con U a = 120 kv e I a = 330 ma si ha W diss = 39.6 kw, un valore molto grande (massimo contrattuale di 12 utenze ENEL domestiche). Questo problema è reso ancora più serio dal fatto che questa grande potenza (di natura quasi totalmente termica) viene sviluppata su una piccola superficie dell anodo. Il tubo deve funzionare solo per brevi periodi. Esistono pertanto, nella realizzazione dei tubi a raggi X, grossi problemi tecnici connessi con la dissipazione termica. In particolare il materiale costituente l anodo deve avere un alta temperatura di fusione per reggere l elevata temperatura che si sviluppa nel punto di incidenza della corrente elettronica 4
5 I a. Per ridurre il deterioramento dell inserto anodico si pone l anodo in rotazione in maniera che la corrente elettronica non impatti sempre sullo stesso punto, ma su posizioni in continuo avvicendamento. Inoltre è richiesto materiale con un alto numero atomico Z per garantire un elevata efficienza di conversione dell energia degli elettroni in X. Normalmente il materiale impiegato per gli anodi è il tungsteno (W), che ha una elevata temperatura di fusione (3400 C) ed uno Z abbastanza elevato (74), tale da dare un efficiente conversione in X ( 1% dell energia elettrica assorbita; efficiente se paragonata ad altre soluzioni!). QUALITÀ DELL IMMAGINE E DOSE NELL INDAGINE TAC Sensibilità e risoluzione Nelle considerazioni sin qui svolte si è fatto riferimento alla risoluzione spaziale di un immagine TAC, identificandola con la dimensione w del voxel visto in una sezione assiale (slice). L altro parametro che viene usato per caratterizzare l accuratezza di un indagine TAC è la sensibilità. La sensibilità è il valore della minima differenza µ apprezzabile tra i valori di µ in voxels diversi (soprattutto vicini). Se si indica con N il numero di conteggi di fotoni registrati su un pixel di area b. w del detector, si può dimostrare su base statistica che deve valere N > 1/ ( µ w) 2 (a) Inoltre per la legge di Beer il numero di fotoni N 0 = N inc emessi dal tubo radiogeno e dei quali solo una frazione andrà a contribuire a N è collegato a N dalla relazione N = N 0 e -<µ>l = N inc e -<µ>l = J b w t 1 = J 0 e -<µ>l b w t 1 (b) dove L è lo spessore di paziente attraversato, <µ> è il valore medio di µ valutato lungo L e t 1 è il tempo durante il quale vengono acquisiti gli N conteggi sul pixel del detector. Risulta opportuno riportare l espressione per la dose assorbita D D = 0.63 J 0 E fotone (µ/ρ) t 1 (c) espressione che in questo contesto può essere scritta, grazie alle (a) e (b), come D = 0.63 E fotone e <µ>l (µ / ρ)/ (( µ) 2 b w 3 ) (d) Le precedenti relazioni consentono di stimare per uno scanner TAC di prima generazione 1) Le condizioni di lavoro del tubo a raggi X 2) Il tempo richiesto per completare un indagine TAC 5
6 3) La dose di radiazione somministrata al paziente La relazione (d) permette di valutare il costo, in termini di dose D, di un miglioramento della risoluzione spaziale: un incremento di risoluzione di un fattore 2 (dimezzamento di w) comporta, a parità di spessore b di slice, un aumento della dose D di un fattore 8. La situazione peggiora anche nel caso di scansioni con campionamento isotropo (spessore dello strato = distanza di campionamento nel piano della slice, cioè b = w). Comunque valutazioni realistiche della dose D assorbita dal paziente in un esame TAC vengono effettuate con tecniche molto più sofisticate rispetto al semplice utilizzo della (d). I valori tipici della dose D per un esame TAC con le macchine moderne variano da 2 mgy a 20 mgy. In determinati casi la dose somministrata al paziente risulta alquanto alta e l esame va giustificato da oggettive necessità diagnostiche. In ogni caso vale il principio di ottimizzare la procedura ottenendo il miglior risultato diagnostico con la minima esposizione del paziente, vincoli di vario tipo permettendo. Pertanto, anche con gli scanner di generazioni più recenti permane un problema di carattere radioprotezionistico per il paziente (dosi D alquanto elevate), tuttavia il rapporto vantaggio diagnostico su valori di dose risulta molto più favorevole per il paziente rispetto a quanto consentito dagli scanner del passato. Inoltre importanti sviluppi di carattere algoritmico (metodi iterativi che tengono conto della statistica Poissoniana dei conteggi) rendono il vincolo imposto dalla (a) molto meno stringente e questo permette di ridurre drasticamente la dose a parità di qualità dell immagine. Sono in corso programmi di screening applicati a popolazioni a rischio di carcinoma polmonare (fumatori e determinate categorie professionali). In questi programmi vengono eseguite scansioni TAC volumetriche del torace alla ricerca di noduli polmonari potenzialmente maligni e queste scansioni comportano per i soggetti esposizione a dosi perfettamente compatibili con un programma di screening. 6
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